La
diffusione dell’infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) e il
verificarsi dei primi decessi associati alla malattia respiratoria
COVID-19, stanno evocando nella popolazione globale situazioni e
scenari che la gran parte di noi non ha mai vissuto e pensava
appartenesse a tempi passati. Nella realtà, si tratta di una nuova
tappa e di certo non ultima, dello scontro tra uomo, batteri e virus.
Le
epidemie hanno un impatto sulle vicende dei popoli comparabile a
quello di rivoluzioni, guerre e crisi economiche. Il loro decorso è
influenzato dalle leggi scritte e non scritte su cui si basano le
relazioni tra gli uomini, e a loro volta lasciano il segno nella
politica, nella società, nella cultura.
In
un mondo con uno stile di vita basato sulle interdipendenze, abbiamo
davanti agli occhi la dimostrazione dei principi chiave della
complessità delle nostre relazioni a livello planetario. Viviamo in
città pieno di vita e di risorse tecnologiche ma, all’improvviso,
le scopriamo imperfette, incomplete e fragili.
Gli
specialisti sono unanime: la “distanza sociale” è l’arma per
rallentare la diffusione di questo virus. Per la prima volta nella
storia moderna, condividiamo l’approccio unico messo in atto,
ovvero quello di prendere le distanze come elemento chiave nel
contenimento di una malattia virale, presente contemporaneamente in
tutti e cinque i continenti, anche se in misura diversa. Tutti gli
altri virus in passato hanno mantenuto una posizione specifica,
presentandosi ai nostri occhi come una minaccia lontana come Ebola,
Zika e persino H5N1
L’illusione
di poter vincere la guerra ai microbi
«Gli storici del
futuro forse concluderanno che l’errore più grave commesso nel XX
secolo è
stato credere che le
malattie infettive stavano per essere eliminate», scrive Frank
Snowden.
Si è pensato che
l’era delle pestilenze fosse conclusa e che, dopo l’era delle
pandemie in ritirata,
saremmo entrati in
un’epoca post infettiva, dominata da malattie non contagiose come
quelle
legate
all’invecchiamento. Possiamo considerarla un’amnesia storica, un
peccato di
eurocentrismo o un
errore di estrapolazione all’infinito delle tendenze positive del
momento. Il
Ddt
prometteva di sconfiggere la malaria, che ancora uccide un bambino
ogni due minuti.
La
paura e il negazionismo possono velocizzare la trasmissione
La sottovalutazione
sarebbe un grave errore, ma anche il panico può fare il gioco della
Covid-19.
Nel XIV secolo fu la
paura a spingere i genovesi a lasciare precipitosamente Caffa, nel
tentativo di sfuggire alla peste che in realtà portarono con sé,
come è accaduto altre volte nella storia delle epidemie. La paura ha
condannato per millenni all’isolamento i malati di lebbra,
distruggendone la vita più del batterio stesso, e lo stesso
sentimento induce tanti a nascondere le proprie infezioni,
trasmettendole ad
altri. Sempre la paura ha spinto le autorità di molti Paesi a
sminuire gli
effetti della
spagnola, per evitare reazioni incontrollabili da parte di
popolazioni già messe alla
prova dalla prima
guerra mondiale.
Il timore di
congiure ha indotto per anni il governo del Sudafrica a sposare tesi
negazioniste
sull’Aids,
causando un numero gigantesco di vittime. Sono innumerevoli i casi in
cui la paura
degli untori si è
sommata a quella del morbo, come nella peste manzoniana, e la ricerca
di capri
espiatori ha fatto
altre vittime.
Convivenza
difficile fra sospetto e odio
Spesso a essere
accusati di diffondere un male sono coloro che appaiono socialmente
diversi. Nella peste del Medioevo furono gli ebrei, oggi i sospetti
aleggiano sul capo di chiunque abbia origini asiatiche. La guerra tra
uomini e microbi va avanti dalla notte dei tempi, eppure a partire
dalla metà del secolo scorso c’è stato un periodo in cui
l’umanità si è illusa di avere la vittoria in pugno.
I sentimenti
anti-cinesi e anti-italiani diffusi a causa del coronavirus avranno
reso più difficile la convivenza tra le persone. E chissà quali
dinamiche carsiche si saranno innescate nel gigante asiatico a
seguito dell’enorme cordone sanitario attorno alla provincia in cui
sorge Wuhan, imposto da Pechino con misure coercitive.
«I risultati
delle misure di isolamento prese dal XV al XXI secolo
sono scoraggianti. I cordoni sanitari attuati contro peste bubbonica,
colera ed Ebola hanno sempre fallito: il loro dispiegamento peggiora
la diffusione della malattia, amplificando paura, tensioni sociali e
contraccolpi economici», sostiene Snowden.
I
microbi che credevamo battuti possono riemergere
Per sgominare i
batteri sono arrivati gli antibiotici, la cui efficacia oggi è messa
a rischio dal
fenomeno della
resistenza. I vaccini hanno salvato milioni di vite, ma il vaiolo è
l’unica malattia
che sia stata
eradicata. I microbi che credevamo battuti possono riemergere, in
assenza di
politiche sanitare
efficienti anche nelle aree meno fortunate del mondo. E nuove
malattie
possono evolvere,
emergendo da ospiti animali, proprio come, se suppone, hanno fatto il
nuovo coronavirus ed Ebola.
Il commercio di
fauna selvatica o la deforestazione possono facilitare il salto di
specie
dall’animale
all’uomo e la globalizzazione fa fare a vecchi e nuovi germi il
giro del mondo.
Il sogno
dell’eradicazione totale è inciampato non solo su Darwin ma
anche sulle complessità
della storia, quando
i finanziamenti per studiare le malattie infettive e contenerle hanno
iniziato
a calare per effetto
di un disarmo “unilaterale e prematuro”.
Dagli anni 70 a
oggi. un nuovo nemico è sempre all’angolo, tra cui Hiv,
hantavirus, febbre di Lassa, Marburg, legionella, epatite C, Lyme,
Rift Valley fever, Ebola, Nipah, West Nile virus, Sars, Bse, aviaria,
Chikungunya, norovirus, Zika.
I patogeni che
possono infettarci sono centinaia di migliaia e chissà quante bombe
a orologeria stanno ticchettando al ritmo dell’evoluzione. Non solo
ci sovrastano numericamente, ma mutano furiosamente e si riproducono
molto più velocemente di noi.
Il
caso dell’epidemia di Ebola in Congo
Che non vivremo mai
in un Eden privo di germi è apparso chiaro dalla fine degli anni 80,
con lo
choc generato dalla
scoperta dell’Hiv. Poi a ruota una serie di epidemie generate da
vecchie
conoscenze come
colera e peste, rispettivamente in America Latina e India, ha
ribadito il
messaggio. Il colpo
finale all’illusione germ-free è stata l’epidemia di
Ebola in Congo.
Il coronavirus non
è, probabilmente, il nostro peggiore nemico e non sarà certamente
l’ultimo. Il
Nobel Joshua
Lederberg, lo stesso che ha coniato l’espressione «malattie
emergenti e
riemergenti», ha
osservato che l’arma migliore contro l’esuberanza microbica è il
nostro
ingegno. Ma sarebbe
un errore pensare che il potere dell’intelligenza equivalga
soltanto alle
scoperte
scientifiche, anche le politiche devono essere smart e basate sulle
evidenze. Questo
significa
collaborazione internazionale, perché il villaggio globale dei
microbi non conosce
frontiere. E
significa anche uno sforzo strategico per garantire migliori standard
di vita a chi
abita lontano da
noi: la salute degli altri è anche la nostra salute.
Siamo
tutti diligenti cittadini e patrioti, ci affidiamo alla scienza,
malgrado anche gli epidemiologi navighino a vista, e restiamo a casa.
Ma ci illudiamo che quando il Covid-19 sarà sconfitto, si tornerà
alla vita normale. Non sarà così
Due
settimane di lockdown sono faticose ma anche poche, ammesso
che saranno soltanto due, e tra l’altro in alcune parti del paese
sarebbero comunque quattro. Le faremo passare, consapevoli dei danni
strutturali che causeranno. Ma ho come l’idea che il virus
corona ci cambierà per sempre, economicamente e socialmente, come
non è riuscito al terrorismo politico, allo shock petrolifero,
all’islamismo radicale, alla crisi finanziaria. Credo che il
corona segnerà il nostro tempo come la spagnola o la poliomielite o
la guerra hanno temprato le generazioni precedenti.
Difficilmente
torneremo nei centri commerciali, in piazza, in aereo senza le
precauzioni di questi giorni. Cambieremo le abitudini, i consumi e la
produzione. La vita dopo il Covid, quando rinascerà, non sarà la
solita vita di prima senza il virus. Sarà un’altra epoca. L’inizio
di una nuova era.
Fonte:
www-corriere-it.cdn.ampproject.org/v/s
https://www.beppegrillo.it/cambiare-il-nostro-stile-di-vita-per-uscire-dalla-crisi-del-coronavirus/