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venerdì 20 marzo 2020

La guerra tra uomini e microbi




La diffusione dell’infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) e il verificarsi dei primi decessi associati alla malattia respiratoria COVID-19, stanno evocando nella popolazione globale situazioni e scenari che la gran parte di noi non ha mai vissuto e pensava appartenesse a tempi passati. Nella realtà, si tratta di una nuova tappa e di certo non ultima, dello scontro tra uomo, batteri e virus.

Le epidemie hanno un impatto sulle vicende dei popoli comparabile a quello di rivoluzioni, guerre e crisi economiche. Il loro decorso è influenzato dalle leggi scritte e non scritte su cui si basano le relazioni tra gli uomini, e a loro volta lasciano il segno nella politica, nella società, nella cultura.

In un mondo con uno stile di vita basato sulle interdipendenze, abbiamo davanti agli occhi la dimostrazione dei principi chiave della complessità delle nostre relazioni a livello planetario. Viviamo in città pieno di vita e di risorse tecnologiche ma, all’improvviso, le scopriamo imperfette, incomplete e fragili.

Gli specialisti sono unanime: la “distanza sociale” è l’arma per rallentare la diffusione di questo virus. Per la prima volta nella storia moderna, condividiamo l’approccio unico messo in atto, ovvero quello di prendere le distanze come elemento chiave nel contenimento di una malattia virale, presente contemporaneamente in tutti e cinque i continenti, anche se in misura diversa. Tutti gli altri virus in passato hanno mantenuto una posizione specifica, presentandosi ai nostri occhi come una minaccia lontana come Ebola, Zika e persino H5N1

L’illusione di poter vincere la guerra ai microbi
«Gli storici del futuro forse concluderanno che l’errore più grave commesso nel XX secolo è
stato credere che le malattie infettive stavano per essere eliminate», scrive Frank Snowden.
Si è pensato che l’era delle pestilenze fosse conclusa e che, dopo l’era delle pandemie in ritirata,
saremmo entrati in un’epoca post infettiva, dominata da malattie non contagiose come quelle
legate all’invecchiamento. Possiamo considerarla un’amnesia storica, un peccato di
eurocentrismo o un errore di estrapolazione all’infinito delle tendenze positive del momento. Il
Ddt prometteva di sconfiggere la malaria, che ancora uccide un bambino ogni due minuti.

La paura e il negazionismo possono velocizzare la trasmissione
La sottovalutazione sarebbe un grave errore, ma anche il panico può fare il gioco della Covid-19.
Nel XIV secolo fu la paura a spingere i genovesi a lasciare precipitosamente Caffa, nel tentativo di sfuggire alla peste che in realtà portarono con sé, come è accaduto altre volte nella storia delle epidemie. La paura ha condannato per millenni all’isolamento i malati di lebbra, distruggendone la vita più del batterio stesso, e lo stesso sentimento induce tanti a nascondere le proprie infezioni,
trasmettendole ad altri. Sempre la paura ha spinto le autorità di molti Paesi a sminuire gli
effetti della spagnola, per evitare reazioni incontrollabili da parte di popolazioni già messe alla
prova dalla prima guerra mondiale.

Il timore di congiure ha indotto per anni il governo del Sudafrica a sposare tesi negazioniste
sull’Aids, causando un numero gigantesco di vittime. Sono innumerevoli i casi in cui la paura
degli untori si è sommata a quella del morbo, come nella peste manzoniana, e la ricerca di capri
espiatori ha fatto altre vittime.

Convivenza difficile fra sospetto e odio
Spesso a essere accusati di diffondere un male sono coloro che appaiono socialmente diversi. Nella peste del Medioevo furono gli ebrei, oggi i sospetti aleggiano sul capo di chiunque abbia origini asiatiche. La guerra tra uomini e microbi va avanti dalla notte dei tempi, eppure a partire dalla metà del secolo scorso c’è stato un periodo in cui l’umanità si è illusa di avere la vittoria in pugno.

I sentimenti anti-cinesi e anti-italiani diffusi a causa del coronavirus avranno reso più difficile la convivenza tra le persone. E chissà quali dinamiche carsiche si saranno innescate nel gigante asiatico a seguito dell’enorme cordone sanitario attorno alla provincia in cui sorge Wuhan, imposto da Pechino con misure coercitive.
«I risultati delle misure di isolamento prese dal XV al XXI secolo sono scoraggianti. I cordoni sanitari attuati contro peste bubbonica, colera ed Ebola hanno sempre fallito: il loro dispiegamento peggiora la diffusione della malattia, amplificando paura, tensioni sociali e contraccolpi economici», sostiene Snowden.

I microbi che credevamo battuti possono riemergere
Per sgominare i batteri sono arrivati gli antibiotici, la cui efficacia oggi è messa a rischio dal
fenomeno della resistenza. I vaccini hanno salvato milioni di vite, ma il vaiolo è l’unica malattia
che sia stata eradicata. I microbi che credevamo battuti possono riemergere, in assenza di
politiche sanitare efficienti anche nelle aree meno fortunate del mondo. E nuove malattie
possono evolvere, emergendo da ospiti animali, proprio come, se suppone, hanno fatto il nuovo coronavirus ed Ebola.

Il commercio di fauna selvatica o la deforestazione possono facilitare il salto di specie
dall’animale all’uomo e la globalizzazione fa fare a vecchi e nuovi germi il giro del mondo.
Il sogno dell’eradicazione totale è inciampato non solo su Darwin ma anche sulle complessità
della storia, quando i finanziamenti per studiare le malattie infettive e contenerle hanno iniziato
a calare per effetto di un disarmo “unilaterale e prematuro”.

Dagli anni 70 a oggi. un nuovo nemico è sempre all’angolo, tra cui Hiv, hantavirus, febbre di Lassa, Marburg, legionella, epatite C, Lyme, Rift Valley fever, Ebola, Nipah, West Nile virus, Sars, Bse, aviaria, Chikungunya, norovirus, Zika.
I patogeni che possono infettarci sono centinaia di migliaia e chissà quante bombe a orologeria stanno ticchettando al ritmo dell’evoluzione. Non solo ci sovrastano numericamente, ma mutano furiosamente e si riproducono molto più velocemente di noi.

Il caso dell’epidemia di Ebola in Congo
Che non vivremo mai in un Eden privo di germi è apparso chiaro dalla fine degli anni 80, con lo
choc generato dalla scoperta dell’Hiv. Poi a ruota una serie di epidemie generate da vecchie
conoscenze come colera e peste, rispettivamente in America Latina e India, ha ribadito il
messaggio. Il colpo finale all’illusione germ-free è stata l’epidemia di Ebola in Congo.

Il coronavirus non è, probabilmente, il nostro peggiore nemico e non sarà certamente l’ultimo. Il
Nobel Joshua Lederberg, lo stesso che ha coniato l’espressione «malattie emergenti e
riemergenti», ha osservato che l’arma migliore contro l’esuberanza microbica è il nostro
ingegno. Ma sarebbe un errore pensare che il potere dell’intelligenza equivalga soltanto alle
scoperte scientifiche, anche le politiche devono essere smart e basate sulle evidenze. Questo
significa collaborazione internazionale, perché il villaggio globale dei microbi non conosce
frontiere. E significa anche uno sforzo strategico per garantire migliori standard di vita a chi
abita lontano da noi: la salute degli altri è anche la nostra salute.

Siamo tutti diligenti cittadini e patrioti, ci affidiamo alla scienza, malgrado anche gli epidemiologi navighino a vista, e restiamo a casa. Ma ci illudiamo che quando il Covid-19 sarà sconfitto, si tornerà alla vita normale. Non sarà così

Due settimane di lockdown sono faticose ma anche poche, ammesso che saranno soltanto due, e tra l’altro in alcune parti del paese sarebbero comunque quattro. Le faremo passare, consapevoli dei danni strutturali che causeranno. Ma ho come l’idea che il virus corona ci cambierà per sempre, economicamente e socialmente, come non è riuscito al terrorismo politico, allo shock petrolifero, all’islamismo radicale, alla crisi finanziaria. Credo che il corona segnerà il nostro tempo come la spagnola o la poliomielite o la guerra hanno temprato le generazioni precedenti.

Difficilmente torneremo nei centri commerciali, in piazza, in aereo senza le precauzioni di questi giorni. Cambieremo le abitudini, i consumi e la produzione. La vita dopo il Covid, quando rinascerà, non sarà la solita vita di prima senza il virus. Sarà un’altra epoca. L’inizio di una nuova era.



Fonte:
www-corriere-it.cdn.ampproject.org/v/s
https://www.beppegrillo.it/cambiare-il-nostro-stile-di-vita-per-uscire-dalla-crisi-del-coronavirus/