lunedì 30 marzo 2020

La crisi coronavirus passerà, ma il mondo non sarà più lo stesso




Nell’era del Coronavirus ogni aspetto della nostra vita sembra essere sottoposto a una profonda rivisitazione.
Il Covid-19 sarà il detonatore di un grandissimo cambiamento evolutivo, e quando sarà passato non saremo più gli stessi; il mondo non sarà più lo stesso…

La spiazzante velocità con cui sono cambiate le nostre vite compromette la nostra capacità di accettare che l’uscita da questa crisi non sarà rapida quanto è stato il suo ingresso” F. Costa

Non ha senso dunque illuderci che lo stop a cui siamo sottoposti sia di breve termine.
Qualunque programma importante abbiamo nel cassetto in questo lasso di tempo (matrimonio, figli, viaggi, cambio di lavoro, etc.) dovrà tenerne conto.
Uno sconvolgimento inaspettato. La società abituata alla lotta darwiniana del mercato,che assicura la sopravvivenza e il dominio al più forte, spogliata da protezione, brutalmente esposta a choc spesso benvoluti dalle classi dirigenti per disciplinare la cittadinanza, ora salta definitivamente all’aria a causa di un’epidemia che mostra la debolezza del sistema.

La crisi passerà, ma il mondo non sarà più lo stesso, così come l’11 di settembre, l’umanità sarà cambiata. Coronavirus - cambierà il nostro modo di pensare”, cambierà le nostre abitudini di lavoro e di vita.
Dobbiamo, tuttavia, metterci nell’ottica di un nuovo stile di vita e nuovi modi di consumo che coinvolgeranno innumerevoli settori: probabilmente ci dovremo abituare nei prossimi anni a diffidare di metro e bar troppo affollati, delle discoteche e degli hotel non standardizzati.
I cinema, le sale da thé, i centri commerciali potrebbero installare a tempo indeterminato poltrone distanziate almeno un metro l’una dall’altra, panchine dove ci si può sedere soltanto uno alla volta e via dicendo.

L’ Economia del confinamento
Gordon Lichfield, direttore di Technology Review, fa riferimento all’emergere di una “economia rinchiusa”, di un’economia “del confinamento”, vale a dire legata a tutto ciò che è on demand, ordinabile da casa, chiesto e usufruito online. Già in ascesa prima del coronavirus, questa shut-in economy sarà avvantaggiata dall’inevitabile cambiamento dei nostri modi di abitare le città, dall’onda lunghissima del panico post-corona, ed è destinata a restare.

Il coronavirus sarà, sotto certi aspetti, come le piene del Nilo, che al tempo degli antichi egizi distruggevano tutto per poi lasciare il terreno più fertile”, spiega Matteo Bertini, Direttore Mediashopping (Mediaset). “L’epidemia sta costringendo la società ad adottare strumenti nuovi”, che ci ritroveremo tutti in eredità una volta passata l’emergenza”.

C’è voluta un’emergenza così all’improvviso come quella del Coronavirus per riportare sul tavolo delle aziende e dei manager delle Risorse Umane un tema sempre più centrale nell’organizzazione del lavoro del futuro, uno strumento che – di fronte a queste crisi - si è presentato subito come il grande strumento per risolvere la potenziale paralisi che il tradizionale modo e organizzazione del lavoro poteva provocare sulle aziende

A cominciare dallo smart working, una modalità di lavoro che in queste settimane stanno adottando centinaia di migliaia di lavoratori, rendendo concreto ciò che fino a qualche tempo fa sembrava impossibile. “L’emergenza ha costretto le aziende a dotarsi in fretta degli strumenti necessari e le persone stanno cominciando a capire”.

Un catalizzatore per l’Economia
L’effetto finale potrà essere positivo, osserva Bertini. “Si prenderà coscienza del fatto che non c’è un modo solo di lavorare: le aziende avranno capito, le strutture informatiche si saranno adeguate e eCommerce - le persone saranno in grado di utilizzare questo acceleratore, che è uno strumento di sviluppo per l’economia”.

“Questa attività conoscerà uno sviluppo ulteriore anche dopo l’epidemia, perché è entrata nella testa della gente: il coronavirus ci lascerà strumenti digitali e fisici, ma soprattutto cambierà il nostro modo di pensare”.

Il modo in cui lavoriamo, ci spostiamo, acquistiamo cibo o manteniamo le relazioni sembra aver subito un brusco cambiamento di rotta. Svuotate dalla normalità dei gesti quotidiani e dalla naturale fisicità dell’incontro, ogni abitudine e ogni azione sembrano dover attendere un battito digitale per rimanere in vita.
La riunione che non può essere più tra le pareti dell’ufficio e che diventa distribuita, mediata, a distanza. “Ci si vede su Skype”. E’ l’imperativo. O la visita del medico che viene sostituita da una telefonata o, se si è più fortunati, da una seduta di telemedicina.

Così, la tecnologia oggi è diventata di colpo una improrogabile necessità.
Le regole di comunicazione, le esigenze, la gestione del tempo e persino l’ordine delle priorità vengono così ridisegnate da nuove architetture tecnologiche, sociali e soprattutto mentali. E in questo contesto una particolare area di attenzione viene coinvolta o forse, travolta più delle altre: la Scuola. Una scuola che da luogo fisico da raggiungere, diventa nell’era della distanza imposta, un insieme di tecnologie dell’apprendere da ricreare nel soggiorno o nella cucina di casa. Uno spazio intimo, individuale, non più collettivo come per sua natura, che deve essere costruito da zero: un compito arduo per docenti, genitori, nonni e studenti, impreparati all’idea che quella che ieri era una lontana opportunità spesso anche tenuta a debita distanza – l’uso della tecnologia – oggi sia diventata di colpo una improrogabile necessità.
Ed è così che centinaia di istituti scolastici del Paese si stanno organizzando per rispondere a questa nuova esigenza e migliaia di docenti si stanno attivando per formarsi e per trasformare – volenti o nolenti – l’idea di scuola che conoscono in qualcosa di profondamente diverso.

La verità è che come ogni tecnologia – che sia la ruota, la scrittura o la bussola – anche quella di un computer o di un tablet applicata stabilmente per la didattica a distanza nelle scuole potrebbe cambiare radicalmente il modo di gestire il tempo, le relazioni docenti-studenti, le distanze, i percorsi di apprendimento e le metodologie di insegnamento.

La responsabilità oggi di come evolverà questo percorso sarà di ognuno di noi – studenti, docenti, genitori o istituzioni – nel decidere, quando questo momento di difficoltà sarà concluso, se inserire una retromarcia o se approfittare della marcia ingranata per mettere a frutto le competenze e le risorse con maggiore efficacia ed innovazione rispetto al passato.

Qualunque sarà la scelta, in fondo, lo sappiamo tutti: la rivoluzione mentale è avviata.

Il nuovo patto formativo che docenti e studenti stanno scrivendo in questi giorni cambierà radicalmente le future regole del gioco. È solo questione di tempo.

Che questa crisi possa costringere, finalmente, i Paesi occidentali, e in particolare gli Stati Uniti, a mettere mano alle ingiustizie che rendono un’ampia parte della loro popolazione particolarmente esposta a catastrofi come quella del Covid-19.

La sfida futura sarà definire regole e sistemi di controllo che bilancino protezione delle vite umane e rispetto per la loro dignità. Questa è la sfida che dovremo affrontare tutti noi, nel frattempo che proviamo ad adattarci al mondo nuovo.



Fonte:
https://forbes.it/2020/03/20/come-sara-vita-lavoro-economia-dopo-il-coronavirus/

giovedì 26 marzo 2020

Il Mondo in Lockdown ci fa riflettere e fa respirare il Pianeta




Da quando è iniziata l'emergenza coronavirus i livelli di smog si sono ridotti e le immagini satellitari mostrano un calo significativo dell'inquinamento atmosferico nelle grandi città del pianeta.
La crudeltà della malattia che colpisce la nostra specie sembra avere un sano effetto collaterale per il pianeta. L’ironia della natura ha creato un virus che ci toglie il respiro ma fa respirare il Pianeta. Sembra quasi un ammonimento per forzare l’umanità a riflettere sulle sue azioni distruttive verso la casa che la ospita.
Le diverse catastrofi ambientali e il repentino e perenne cambiamento climatico ci avvertivano della necessità di rallentare, di modificare le nostre vite. Sempre state freneticamente orientate al progresso e al guadagno, inneggiando alla decrescita felice.
Nemmeno la slowbalisation, - gli squilibri economici globali e la decrescita della globalizzazione, definita dall’Economist nel 2019, è stata sufficiente a rallentare i nostri tempi vitali e produttivi.

Il Respiro del Pianeta
Più il nuovo coronavirus si espande più diminuiscono i livelli di inquinamento atmosferico e di CO2 in decine di città e regioni del pianeta, in primis Cina e Italia del Nord.
Le immagini satellitari della Nasa e dell'Esa, l'Agenzia spaziale europea, mostrano una drastica riduzione delle emissioni di biossido di azoto. Rispetto allo stesso periodo del 2019, il monossido di carbonio, emesso per lo più dalle macchine, è diminuito del 50% come conseguenza della riduzione del traffico, in media del 35% su scala globale, quindi, l’impatto di questo tipo di calo è enorme.

Un'analisi pubblicata sul sito Carbon Brief evidenzia un calo del 25% nell'utilizzo delle fonti di energia e delle emissioni in Cina nelle ultime settimane, l'equivalente del circa l'1% delle sue emissioni annuali.
Si stima che equivalga a 200 milioni di tonnellate di anidride carbonica, più della metà dell’intera produzione annua di emissioni del Regno Unito.
Per gli attivisti ambientalisti è un’opportunità che darebbe alla Cina - e non solo - una finestra di tempo per consentire di realizzare riforme che proteggano l’ambiente e trasformino la sua economia.

Il Mondo in Loockdown ci fa riflettere
Le misure urgenti prese dal governo al fine di contenere e gestire quest’emergenza epidemiologica da COVID-19 hanno toccato le vite di tutti noi, chi più chi meno.
L’ansia del “non aver tempo per niente” improvvisamente argina la nostra paura nei confronti di un tempo vuoto, obbligato alla stasi.

L’umanità si ferma dando spazio agli altri esseri viventi. Molti animali, infatti, si sono riaffacciati alle città deserte, avvicinandosi, esplorando, e reagendo al cambio radicale dell'essere umano. Sono infatti diverse le segnalazioni particolari legate all'interruzione dell'attività umana.

L’Atmosfera in un’altro Pianeta
L'atmosfera di un pianeta senza vita, infatti, è vicina all’equilibrio chimico: se se ne prende un campione e lo si riscalda, si ottiene una miscela di composti non diversa da quella di partenza. Cosa dire invece di un pianeta che ospita la vita?

"La parte vivente e quella inorganica del nostro pianeta interagiscono così che Gaia, la "madre Terra", mantenga un equilibrio e preservi la vita. L’atmosfera terrestre oggi è lontana dall’equilibrio chimico, è composta da gas che dovrebbero reagire prontamente, facilmente e velocemente tra loro per dare origine a composti stabili.
Sembra però che questi gas rimangano separati, in apparente inosservanza delle leggi che regolano l’equilibrio chimico standard.” J. Lovelock
James Lovelock - chimico britannico, scienziato indipendente, scrittore e ricercatore ambientalista - trovò la chimica dell’atmosfera terrestre così persistentemente bizzarra da poterla attribuire soltanto alle proprietà collettive degli organismi.

Il Pianeta Terra – Un super-organismo vivo
La Natura, quindi, è una rete interconnessa di modelli in relazione, lo stesso Pianeta Terra è un sistema vivente, intelligente ed autoregolante.
L'omeostasi è la capacità di un organismo di mantenere costanti le condizioni chimico-fisiche interne anche al variare delle condizioni ambientali esterne attraverso meccanismi autoregolanti a cui partecipano tutti gli apparati del corpo.
Dato che l’omeostasi è una delle caratteristiche peculiari degli organismi viventi, allora in un certo senso, la Teoria di Gaia implica che anche la terra possa essere vista come un organismo, anzi, un superorganismo vivo, i cui sottosistemi (quelli che negli organismi chiameremmo organi), concorrono tutti alla stabilità e al benessere del sistema di cui fanno parte.

Non si deve pensare ad una visione animista, non c’è intenzionalità ne consapevolezza nei sistemi di regolazione delle caratteristiche chimico-fisiche della terra, la regolazione è una proprietà emergente di sistemi con determinati tipi di retroazione, esattamente come il mantenimento della temperatura dell’acqua di uno scaldabagno elettrico è il risultato non intenzionale della retroazione compiuta dal termostato interno.

Esistono molte definizioni possibili del concetto di vita e tutte dipendono dal tipo di formazione scientifica o filosofica di chi si accinge a darla.
Una definizione di vita secondo la quale si potrebbe definire viva la terra può essere la seguente:

“La vita è la proprietà di un sistema circoscritto, aperto a un flusso di energia e materia, in grado di mantenere costanti le proprie condizioni interne malgrado il mutare delle condizioni esterne”.
Un esempio concreto di omeostasi della terra è dato dal fatto che la temperatura media del pianeta è rimasta pressoché costante nonostante il sole abbia, nel corso del tempo, aumentato del 25% il suo calore.
Tutti noi possiamo cavarcela con un solo rene, ma sarebbe imprudente toglierne uno e venderlo se si deve attraversare il deserto a piedi, affrontando lo stress della disidratazione.
La foresta tropicale mantiene fresca e umida la propria regione; facendo evaporare immense quantità di acqua mantiene una copertura bianca di nubi che riflettono la luce solare e portano la pioggia, contribuendo così al raffreddamento dell’intero pianeta.

In realtà, nessuna delle agonie ambientali a cui stiamo assistendo avrebbe assunto dimensioni percepibili se al mondo ci fossero solo 50 milioni di esseri umani e anche se ce ne fossero un miliardo, questi problemi sarebbero contenibili. La popolazione mondiale, però, si stabilizzerà su un numero vicino ai 10 miliardi e non c’è più molto tempo per rendersi conto che l’umanità sta andando incontro a rischi molto grossi se non capirà che la natura non è solamente una fonte di risorse e materia di esclusivo valore economico.

L'umanità è parte integrante della natura
L’essere umano, come l’Universo, è un Olos, un unico sistema vivo e cognitivo con
un’inscindibile connessione fra mente e corpo. Questa concezione della vita (ben presente nelle filosofie orientali) implica un modo di pensare diverso, in termini di relazione e interconnessioni.
Significa non limitarsi all’evento che osserviamo, vedere che dall’interazione delle parti emerge uno schema di comportamento che persiste nel tempo; attraverso il comportamento possiamo intravedere la struttura sottostante che lo manifesta; e intuire che la struttura rappresenta i «modelli mentali» impiegati.
Pensare in questo modo equivale a pensare per sistemi, una visione che comprenda e integri le dimensioni della vita cognitiva, sociale ed ecologica, verso una concezione unificata che sappia che l’intero è superiore alla somma delle parti.

In questo secolo il mondo ci è crollato addosso: l'uomo non è il figlio di un dio, non è il fine ultimo dell'evoluzione e non è il padrone né il "timoniere" del mondo. L'uomo è solo una delle moltissime specie che popolano il pianeta. Non è la più importante, non sarà l'ultima. L'umanità non è "circondata" dalla natura, ma è parte integrante di essa. Adesso il nostro riferimento deve essere l'intero sistema. Non possiamo più chiederci cos'è utile per gli uomini, la domanda deve essere: cosa è utile per il sistema. Se il sistema funziona, i vantaggi saranno anche nostri.

Il Coronavirus mette a nudo la fagilità del nostro modello di sviluppo
Non cambierai mai le cose combattendo la realtà esistente. Per cambiare qualcosa costruisci un
modello nuovo che renda la realtà obsoleta”. (Richard Buckminster)

Il coronavirus sta mettendo a nudo tantissime criticità del nostro modello di sviluppo, dall’importanza della sanità pubblica, al bisogno di un coordinamento internazionale della gestione delle epidemie, e soprattutto la necessità di superare l’antinomia tra ecologia ed economia.

Solo rinunciando al ruolo che la borghesia ci ha illuso di avere nel mondo possiamo comprendere meglio la realtà, Questo ora è possibile, disponiamo di una nuova cultura, una cultura che per la prima volta possiamo definire collaborativa. Lo sviluppo di una cultura sistemica è infatti la condizione per modificare il nostro stile di vita (con conseguente diminuzione dei consumi inutili), per la diffusione di una mentalità di pace e per il rispetto delle altre forme di vita, che attualmente consideriamo solamente risorse di esclusivo valore economico... così come la classe dominante considera tutti noi.
"La natura ha semplicemente premuto il tasto reset" Sharon Stone


Fonte:

venerdì 20 marzo 2020

La guerra tra uomini e microbi




La diffusione dell’infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) e il verificarsi dei primi decessi associati alla malattia respiratoria COVID-19, stanno evocando nella popolazione globale situazioni e scenari che la gran parte di noi non ha mai vissuto e pensava appartenesse a tempi passati. Nella realtà, si tratta di una nuova tappa e di certo non ultima, dello scontro tra uomo, batteri e virus.

Le epidemie hanno un impatto sulle vicende dei popoli comparabile a quello di rivoluzioni, guerre e crisi economiche. Il loro decorso è influenzato dalle leggi scritte e non scritte su cui si basano le relazioni tra gli uomini, e a loro volta lasciano il segno nella politica, nella società, nella cultura.

In un mondo con uno stile di vita basato sulle interdipendenze, abbiamo davanti agli occhi la dimostrazione dei principi chiave della complessità delle nostre relazioni a livello planetario. Viviamo in città pieno di vita e di risorse tecnologiche ma, all’improvviso, le scopriamo imperfette, incomplete e fragili.

Gli specialisti sono unanime: la “distanza sociale” è l’arma per rallentare la diffusione di questo virus. Per la prima volta nella storia moderna, condividiamo l’approccio unico messo in atto, ovvero quello di prendere le distanze come elemento chiave nel contenimento di una malattia virale, presente contemporaneamente in tutti e cinque i continenti, anche se in misura diversa. Tutti gli altri virus in passato hanno mantenuto una posizione specifica, presentandosi ai nostri occhi come una minaccia lontana come Ebola, Zika e persino H5N1

L’illusione di poter vincere la guerra ai microbi
«Gli storici del futuro forse concluderanno che l’errore più grave commesso nel XX secolo è
stato credere che le malattie infettive stavano per essere eliminate», scrive Frank Snowden.
Si è pensato che l’era delle pestilenze fosse conclusa e che, dopo l’era delle pandemie in ritirata,
saremmo entrati in un’epoca post infettiva, dominata da malattie non contagiose come quelle
legate all’invecchiamento. Possiamo considerarla un’amnesia storica, un peccato di
eurocentrismo o un errore di estrapolazione all’infinito delle tendenze positive del momento. Il
Ddt prometteva di sconfiggere la malaria, che ancora uccide un bambino ogni due minuti.

La paura e il negazionismo possono velocizzare la trasmissione
La sottovalutazione sarebbe un grave errore, ma anche il panico può fare il gioco della Covid-19.
Nel XIV secolo fu la paura a spingere i genovesi a lasciare precipitosamente Caffa, nel tentativo di sfuggire alla peste che in realtà portarono con sé, come è accaduto altre volte nella storia delle epidemie. La paura ha condannato per millenni all’isolamento i malati di lebbra, distruggendone la vita più del batterio stesso, e lo stesso sentimento induce tanti a nascondere le proprie infezioni,
trasmettendole ad altri. Sempre la paura ha spinto le autorità di molti Paesi a sminuire gli
effetti della spagnola, per evitare reazioni incontrollabili da parte di popolazioni già messe alla
prova dalla prima guerra mondiale.

Il timore di congiure ha indotto per anni il governo del Sudafrica a sposare tesi negazioniste
sull’Aids, causando un numero gigantesco di vittime. Sono innumerevoli i casi in cui la paura
degli untori si è sommata a quella del morbo, come nella peste manzoniana, e la ricerca di capri
espiatori ha fatto altre vittime.

Convivenza difficile fra sospetto e odio
Spesso a essere accusati di diffondere un male sono coloro che appaiono socialmente diversi. Nella peste del Medioevo furono gli ebrei, oggi i sospetti aleggiano sul capo di chiunque abbia origini asiatiche. La guerra tra uomini e microbi va avanti dalla notte dei tempi, eppure a partire dalla metà del secolo scorso c’è stato un periodo in cui l’umanità si è illusa di avere la vittoria in pugno.

I sentimenti anti-cinesi e anti-italiani diffusi a causa del coronavirus avranno reso più difficile la convivenza tra le persone. E chissà quali dinamiche carsiche si saranno innescate nel gigante asiatico a seguito dell’enorme cordone sanitario attorno alla provincia in cui sorge Wuhan, imposto da Pechino con misure coercitive.
«I risultati delle misure di isolamento prese dal XV al XXI secolo sono scoraggianti. I cordoni sanitari attuati contro peste bubbonica, colera ed Ebola hanno sempre fallito: il loro dispiegamento peggiora la diffusione della malattia, amplificando paura, tensioni sociali e contraccolpi economici», sostiene Snowden.

I microbi che credevamo battuti possono riemergere
Per sgominare i batteri sono arrivati gli antibiotici, la cui efficacia oggi è messa a rischio dal
fenomeno della resistenza. I vaccini hanno salvato milioni di vite, ma il vaiolo è l’unica malattia
che sia stata eradicata. I microbi che credevamo battuti possono riemergere, in assenza di
politiche sanitare efficienti anche nelle aree meno fortunate del mondo. E nuove malattie
possono evolvere, emergendo da ospiti animali, proprio come, se suppone, hanno fatto il nuovo coronavirus ed Ebola.

Il commercio di fauna selvatica o la deforestazione possono facilitare il salto di specie
dall’animale all’uomo e la globalizzazione fa fare a vecchi e nuovi germi il giro del mondo.
Il sogno dell’eradicazione totale è inciampato non solo su Darwin ma anche sulle complessità
della storia, quando i finanziamenti per studiare le malattie infettive e contenerle hanno iniziato
a calare per effetto di un disarmo “unilaterale e prematuro”.

Dagli anni 70 a oggi. un nuovo nemico è sempre all’angolo, tra cui Hiv, hantavirus, febbre di Lassa, Marburg, legionella, epatite C, Lyme, Rift Valley fever, Ebola, Nipah, West Nile virus, Sars, Bse, aviaria, Chikungunya, norovirus, Zika.
I patogeni che possono infettarci sono centinaia di migliaia e chissà quante bombe a orologeria stanno ticchettando al ritmo dell’evoluzione. Non solo ci sovrastano numericamente, ma mutano furiosamente e si riproducono molto più velocemente di noi.

Il caso dell’epidemia di Ebola in Congo
Che non vivremo mai in un Eden privo di germi è apparso chiaro dalla fine degli anni 80, con lo
choc generato dalla scoperta dell’Hiv. Poi a ruota una serie di epidemie generate da vecchie
conoscenze come colera e peste, rispettivamente in America Latina e India, ha ribadito il
messaggio. Il colpo finale all’illusione germ-free è stata l’epidemia di Ebola in Congo.

Il coronavirus non è, probabilmente, il nostro peggiore nemico e non sarà certamente l’ultimo. Il
Nobel Joshua Lederberg, lo stesso che ha coniato l’espressione «malattie emergenti e
riemergenti», ha osservato che l’arma migliore contro l’esuberanza microbica è il nostro
ingegno. Ma sarebbe un errore pensare che il potere dell’intelligenza equivalga soltanto alle
scoperte scientifiche, anche le politiche devono essere smart e basate sulle evidenze. Questo
significa collaborazione internazionale, perché il villaggio globale dei microbi non conosce
frontiere. E significa anche uno sforzo strategico per garantire migliori standard di vita a chi
abita lontano da noi: la salute degli altri è anche la nostra salute.

Siamo tutti diligenti cittadini e patrioti, ci affidiamo alla scienza, malgrado anche gli epidemiologi navighino a vista, e restiamo a casa. Ma ci illudiamo che quando il Covid-19 sarà sconfitto, si tornerà alla vita normale. Non sarà così

Due settimane di lockdown sono faticose ma anche poche, ammesso che saranno soltanto due, e tra l’altro in alcune parti del paese sarebbero comunque quattro. Le faremo passare, consapevoli dei danni strutturali che causeranno. Ma ho come l’idea che il virus corona ci cambierà per sempre, economicamente e socialmente, come non è riuscito al terrorismo politico, allo shock petrolifero, all’islamismo radicale, alla crisi finanziaria. Credo che il corona segnerà il nostro tempo come la spagnola o la poliomielite o la guerra hanno temprato le generazioni precedenti.

Difficilmente torneremo nei centri commerciali, in piazza, in aereo senza le precauzioni di questi giorni. Cambieremo le abitudini, i consumi e la produzione. La vita dopo il Covid, quando rinascerà, non sarà la solita vita di prima senza il virus. Sarà un’altra epoca. L’inizio di una nuova era.



Fonte:
www-corriere-it.cdn.ampproject.org/v/s
https://www.beppegrillo.it/cambiare-il-nostro-stile-di-vita-per-uscire-dalla-crisi-del-coronavirus/











lunedì 9 marzo 2020

Lo spettro di una strage di massa.




Nonostante che accordi internazionali proibiscano la guerra chimica, batteriologica e biologica, sta di fatto che nei laboratori continua la ricerca per lo sviluppo di nuove armi offensive, capaci di alterare gli equilibri naturali” Papa Francesco

I nemici invisibili
“Progettato per essere invisibile, prosegue indisturbato nella missione assassina per cui è stato generato. Uccidono senza esplodere. Non dilaniano, non spargono sangue e soprattutto non si vedono.
La nuova frontiera della guerra è provocare stragi in modo silenzioso. La popolazione colpita non sa da dove arrivi il flagello. Se venga diffuso in modo naturale oppure sia il frutto di una precisa strategia assassina.
Per tanti anni, soprattutto quelli che hanno seguito l’11 settembre 2001, si è parlato del rischio rappresentato dalle armi batteriologiche. Malattie diffuse dolosamente per provocare devastazioni senza mostrare la mano del killer. Peggio della stessa bomba atomica che magari avrà effetti di maggiore durata ma almeno comporta una presa di responsabilità politica a livello internazionale da parte di chi la usa. Provocare vaste epidemie sarebbe un crimine subdolo, meschino e letale.”

La minaccia del rilascio di organismi trattati geneticamente
Gli agenti patogeni vengono gestiti tranquillamente nei laboratori di mezzo mondo.
Qualunque laboratorio attrezzato al trattamento e alla coltura di microorganismi può diventare un luogo dove sviluppare un'arma biologica. Del resto, a differenza delle armi chimiche, sono sufficienti piccole quantità di patogeni per ottenere effetti devastanti.
Tutte queste caratteristiche rendono le armi biologiche un pericolo per l'intera umanità ed è per questo che esiste una convenzione internazionale che ne bandisce sviluppo, produzione e immagazzinamento. Nonostante ciò, non si esclude che la ricerca – in particolar modo di microorganismi geneticamente modificati – stia procedendo di nascosto in laboratori delle superpotenze mondiali e non solo.

La minaccia rivolta all'ambiente del rilascio di organismi trattati geneticamente sembra essere accentrata, in modo forse drammatico, dall'uso delle nuove tecniche genetiche nella progettazione di agenti di una guerra batteriologica. Le conquiste ottenute nelle tecnologie di ingegneria genetica hanno rinnovato l'interesse militare per le armi biologiche e hanno generato una grande preoccupazione riguardo l'accidentale o volontaria liberazione di pericolosi virus, batteri e funghi manipolati geneticamente che potrebbero diffondere un inquinamento genetico in tutto il mondo, creando una mortale pandemia che potrebbe distruggere su vasta scala le piante, gli animali e la vita umana.

La banca dati che si e' sviluppata per l'ingegneria genetica commerciale nel campo dell'agricoltura, dell'allevamento degli animali e della medicina è potenzialmente convertibile nelle sviluppo di una vasta serie di nuovi agenti patogeni che possono attaccare le piante, gli animali e le popolazioni umane. La guerra biologica implica l'uso di organismi viventi per scopi militari. Le armi biologiche possono essere virali, batteriche, basate sui funghi, e sui protozoi.

Uno schiaffo alla sicurezza globale. Siamo preparato per un eventuale attacco chimico?
Virus letali come Ebola; batteri potenti come l'antrace; gas come il Sarin o anche componenti radioattivi come il Polonio. Dopo il ritrovamento dell'arsenale a Bruxelles che comprendeva anche agenti chimici l'allarme per un possibile attacco di natura chimica, batteriologica o radioattiva si è fatto meno evanescente. Siamo preparati anche a gestire situazioni di questo genere?
Lo scorso anno uno scoop firmato da due giornalisti di “Foreign policy”, testata di proprietà del Washington Post, svelò i piani del Califfato di costruire armi biologiche. Diversi file contenuti in un PC strappato agli jihadisti contenevano istruzioni dettagliate su come realizzarle.
Il batterio scelto per scatenare l’Apocalisse era quello della peste bubbonica, da coltivare e sperimentare su cavie da laboratorio (“i primi sintomi si manifestano dopo 24 ore” spiegava il vademecum) e inserire in piccole granate da lanciare “in ambienti chiusi. Come metropolitane, stadi e discoteche”. Si consigliava poi di sfruttare prese “d’aria condizionata” perché “il batterio si espande in pochi minuti e colpisce migliaia di persone”.
Un po’ come quando, nel medioevo, gli eserciti catapultavano i cadaveri degli infetti oltre le mura rivali per fiaccarli con le malattie, a testimonianza di quanto l’efferata crudeltà abbia sempre fatto parte del genere umano.

E se fino ad ora questi mezzi sembrano essere rimasti circoscritti solo nei laboratori della morte col passare del tempo è sempre maggiore il rischio che possano essere usati. Questo consentirà ai ricercatori di mettere mano su agenti innocui facendogli produrre tossine oppure di rendere ancora più potenti, e resistenti agli antibiotici, i bacilli già esistenti.

"Il coronavirus è un'arma da guerra biologica creata in un laboratorio di Wuhan e l'Organizzazione mondiale della Sanità ne è già a conoscenza".
Il laboratorio BSL-4 di Wuhan è anche un centro di ricerca dell'Organizzazione mondiale della Sanità e per questo motivo, secondo Francis Boyle, professore di diritto presso l'Università dell'Illinois., la stessa Oms "non poteva non sapere". E' quanto afferma, in un'intervista video rilasciata al sito Geopolitics and Empire.

Il nuovo coronavirus è stato creato in un laboratorio cinese combinando il coronavirus scoperto in una particolare specie di pipistrello cinese con un altro che causa la SARS nei topi.
È quanto emerge da un inquietante studio datato novembre 2015 pubblicato dall’US National Library of Medicine. Nel documento si descrive la creazione di un virus chimerico, composto con il Dna misto di CoV-SARS, trucco che consente agli scienziati di manipolare il virus senza timore di contagio, con lo scopo di esaminare la potenziale minaccia dei coronavirus circolanti e aiutare a prevedere future emergenze sanitarie.

Stando a quanto riferito alla testata americana Washington Times, da un esperto di guerra biologica ed ex medico dell’intelligence militare israeliano, l’epidemia di coronavirus che si sta diffondendo in tutto il mondo ha avuto origine in un laboratorio alle porte di Wuhan collegato al programma di armi biologiche segreto condotto dalla Cina.
Sotto accusa l’Istituto di Virologia di Wuhan, il più avanzato laboratorio di ricerca sui virus mortali in Cina. Alcuni laboratori dell’Istituto sarebbero stati utilizzati probabilmente, in termini di ricerca e sviluppo, in armi biologiche cinesi con doppio scopo civile e militare, ha detto la fonte.
La fonte del Washington Times sostiene la probabilità che i coronavirus studiati all’interno dell’Istituto di virologia di Wuhan siano inclusi nel programma cinese top secret di “bio-warfare” (“guerra biologica”).

Non bisogna escludere a priori la possibilità che il virus sia nato in laboratorio per scopi militari, ma la circolazione delle informazioni potrebbe essere fortemente condizionata dai rapporti conflittuali tra Cina e Stati Uniti.

Quando è scoppiato il virus, infatti, sui siti internet cinesi hanno iniziato a circolare delle voci secondo cui il coronavirus faceva parte di una cospirazione degli USA per diffondere armi biologiche e contaminare i nemici cinesi. Ricordiamo che gli agenti biologici rientrano a tutti gli effetti nella categoria di armi di distruzione di massa.

La Mano (Nascosta) dos EUA
E’ anche noto che il Pentagono gestisce laboratori biologici in tutto il mondo che si trovano ai confini di Russia, Cina e Iran.
Pertanto, almeno non si può escludere che gli Stati Uniti abbiano rilasciato il virus sull’arcinemia cinese al fine di testare il loro virus mortale sugli umani o addirittura semplicemente per voler uccidere un gran numero di persone.

Una tale presunzione di diffusione di virus mortali in Cina e in tutto il mondo è inizialmente una “teoria della cospirazione astrusa” per la stampa occidentale di proprietà degli Stati Uniti, ma non è inverosimile.

Nel 2018, è stato rivelato che gli Stati Uniti gestiscono un programma di armi biologiche in Georgia che è ermeticamente protetto dal mondo esterno e non sotto il controllo di organizzazioni internazionali. Ci sono anche un’altra dozzina di tali laboratori in Ucraina, dove armi biologiche come virus mortali vengono testate sull’uomo come se fossero topi da laboratorio.

In un rapporto classificato del 1948, da parte del Committee on Biological Warfare del Pentagono, il principale punto di forza era che:

Un’arma o una bomba non lascia dubbi sul fatto che si sia verificato un attacco deliberato. Ma se … un’epidemia si abbatte su una città affollata, non c’è modo di sapere se qualcuno ha attaccato, tanto meno chi”, aggiungendo fiduciosamente che “Una parte significativa della popolazione umana all’interno di aree bersaglio selezionate potrebbe essere uccisa o inabilitata” solo con piccole quantità di un agente patogeno.




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lunedì 2 marzo 2020

La Mente Universale - Esiste un'unica grande mente collettiva




Il mondo materiale, che è stato considerato come un cieco meccanismo, in realtà, è un mondo spirituale veduto imperfettamente e parzialmente. L’unico mondo reale è quello spirituale. La verità è che né la materia, né la forza, né alcun altro fattore fisico, ma soltanto la Mente conosce il fattore centrale dell’universo…” (J. B. S. Haldane)

Jung riteneva che: “Siamo parte di una ‘memoria collettiva’ alla quale tutti noi ricorriamo; inconsciamente siamo tutti collegati con ogni altra cosa ed ogni altro essere…”

Nella fisica moderna vi sono concetti che si applicano a molte entità non materiali, denominate campi, che, pur non essendo di natura tangibile, sono tuttavia strettamente correlati alla materia.
Si ipotizza quindi che la vera mente potrebbe essere un campo non materiale in grado di produrre mutamenti fisici nella propria realtà. Sulla base di questa visione è più corretto considerare il cervello come il substrato organico di un'entità energetica più sottile, chiamata appunto mente.
Come possono cose non materiali agire su cose materiali?

Anche se apparentemente questa possibilità appare irragionevole e metafisica, in realtà con i nuovi sviluppi della fisica quantistica l'irrazionale ha finito per essere ammesso e le interazioni tra il non materiale e il materiale sono ormai date per scontate. Ciò che viene chiamata mente potrebbe coincidere con un potenziale quantistico situato a un livello energetico più sottile del cervello biologico, e per questo da esso stesso filtrato e limitato.

Il fisico Henry Margenau ipotizza la Mente Universale come l'esistenza di un'unica grande mente collettiva che si manifesta individualmente tramite ogni essere umano, comprendendo una buona parte di caratteristiche comuni e alcune peculiarità individuali.

La sua conoscenza comprende non solo l'intero presente ma anche tutti gli eventi passati. Più o meno come il nostro pensiero può esplorare l'intero spazio e giungere a conoscerlo, così la Mente Universale può viaggiare avanti e indietro attraverso il tempo a volontà”.

L’ipotesi morfogenetica
Sulla base delle ricerche di Douglas Mac Dougall, dell’università di Harvard, Sheldrake ha sostenuto l’ipotesi di forze immateriali le quali sarebbero generatrici della forma in seno alla materia. L’ipotesi morfogenetica, provata scientificamente nel 1998, presuppone l’esistenza di una ‘memoria collettiva’ diffusa in tutto l’universo, indipendente dal supporto cerebrale e tale, quindi, da sopravvivere alla morte.

Per questa loro natura, i campi di risonanza morfica, portatori di memoria, sono retti da leggi che si sottraggono allo spazio-tempo, richiamando piuttosto quelle dell’affinità e delle corrispondenze: “tra organismi esiste un misterioso collegamento di tipo telepatico, oltre la dimensione spazio-temporale”. I campi possiedono una memoria intrinseca (individuale + collettiva), si basano su ciò che è accaduto in precedenza e sono portatori di abitudini e caratteri ereditari.

La Coscienza è presente, a diversi livelli, in tutta la sostanza dell’universo
Sheldrake ritiene anche che i campi morfici di ciascun individuo sono in collegamento con quelli di tutti gli altri individui. Ogni pensiero è energia e come tale viene ancorato in questi campi elettromagnetici di memorizzazione. Così avviene anche per qualsiasi “azione” o “avvenimento”. Ciò significa che in essi si trova ancorato e memorizzato tutto il sapere dell’umanità fin dalle origini e che caratterizzano ed influenzano tutte le forme fisiche e persino il nostro comportamento. Le cose che impariamo, pensiamo e diciamo, influenzano anche gli altri per mezzo della risonanza morfica.

Le più recenti scoperte della biologia, sembrano convalidare l’ipotesi di un meccanismo per cui energie “ordinatrici” ancora sconosciute operano sulla materia organica, organizzandola e promuovendo gradualmente in essa la coscienza.

Siamo tutti Uno - Essere consapevoli che tutto è uno e che anche noi siamo uno con il tutto, non è in effetti un concetto facile da digerire.
Ogni cellula vibra di una luce propria, ognuno ha un destino da compiere, ma questo non potrà mai essere separato completamente dal resto del creato. Perché tutti facciamo parte della stessa e unica Energia e Vibrazione.

Limitazioni fisiche del nostro corpo fisico
Qual è quindi il motivo per cui ogni essere umano si sente così individuale e localizzato nel proprio corpo, avvertendo un profondo senso di limitazione allo spazio e al tempo presente? Henry Margenau afferma che il senso della nostra universalità è indebolito dalle limitazioni fisiche del corpo, dalle costrizioni organiche del cervello.

Una delle limitazioni più angosciose è il nostro modo rigido di percepire il tempo. Margenau usa la metafora di «fessura di tempo» per enfatizzare la nostra capacità di vedere solo una fetta piccolissima dell'intero panorama del tempo. Così come possiamo vedere soltanto una banda ristretta dell'intero spettro elettromagnetico che chiamiamo «luce», analogamente possiamo percepire solo un esiguo frammento del tempo, che chiamiamo «l'adesso».

Questa limitazione nella coscienza della totalità del tempo contribuisce al nostro senso di essere intrappolati e alla deriva nel tempo. di essere limitati a un solo arco di vita e di sentirci disperatamente mortali, destinati alla morte.
Un'altra grave limitazione che c'impedisce di usare le nostre menti in senso universale e non localistico è ciò che Margenau chiama il «muro personale».
Il muro personale «produce il senso prevalente d'isolamento individuale e ci dà un'identità oltre che un ego». Il peggiore dei suoi possibili effetti è quello di creare un senso d'isolamento e di solitudine, che può essere totalmente oppressivo e morboso, perfino mortale.
Eppure queste limitazioni non sembrerebbero assolute, ed è probabile che molte persone nell'intero corso della storia, come i mistici, siano riuscite a superarle.

L'abbattimento totale dei muro personale e l'allargamento all'infinito della fessura di tempo possono permettere a una persona di fondersi con l'Uno. Margenau descrive le sensazioni che tale fusione potrebbe suscitare: "Ciò che... intendo dire è che il sé conscio tornerà alla sua origine presunta, cioè la Mente Universale, e da ciò sembra derivare che, come parte di Dio, il sé conscio ha la facoltà di rivisitare tutti gli aspetti della sua esperienza terrena, e forse anche la possibilità di dimenticarli e di consegnarsi all'oblio (o addirittura all'estinzione). Ma il pensiero cruciale, l'attesa di una riunione con Dio, contiene già una qualche consolazione, e la speranza, anzi, la promessa della morte come esperienza unica".



Fonte: 
https://www.fisicaquantistica.it/
https://www.scienzaeconoscenza.it/
https://www.performancetrading.it