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domenica 19 gennaio 2020

La profezia auto-realizzante




Siamo tutti interconnessi a livello energetico, è la legge della fisica, è la legge della natura che governa l’Universo.

Se gli uomini definiscono come reali certe situazioni, esse sono reali nelle loro conseguenze.
William H. Thomas

La profezia che si autoavvera o self-fulfilling prophecy, spiega l'influenza che una visione del futuro ha sugli eventi che quel futuro porterà. Cioè, quando immaginiamo - desideriamo o temiamo - un evento futuro, spesso ci organizziamo inconsciamente, in modo che diventi realtà. Nel bene o nel male.
La profezia che si autoavvera è, all'inizio, una falsa definizione della situazione, che suscita un nuovo comportamento e questo fa sì che la falsa concezione originaria diventi una realtà.
Questo accade perché, se crediamo fermamente che qualcosa sia reale, finiamo per agire come se lo fosse e così facendo (seppure inizialmente la situazione non fosse reale) diviene reale come conseguenza delle nostre azioni, cioè la mente ha influenzato la realtà.

Tutti noi, sulla base delle precedenti esperienze e di ciò che ci è stato insegnato, ci portiamo dietro un bagaglio di convinzioni così ben radicato, tanto da influire su tutti i nostri successivi comportamenti.
Ne siamo convinti, ci crediamo davvero, e questo accade perché tale bagaglio è stato l’unico riferimento che abbiamo avuto per anni, e a volte per una vita intera. Quindi naturalmente non percepiamo e non sappiamo fare altro. E finiamo per ripetere ad oltranza ciò che conosciamo, causandoci spesso grandi difficoltà.

Si tratta di una sorta di credito non riscosso di cui cerchiamo di rientrare, ma in modo disfunzionale purtroppo, continuando a perpetuare il dolore e non arrivando mai alla soluzione del dilemma.
A volte ce le hanno ripetute più volte e così abbiamo finito col farle nostre. Le abbiamo incamerate come parte della nostra identità. Un vestito cucito addosso da altri, che indossiamo e continuiamo a portare con noi per tutta la vita.
E lo facciamo perpetuando atteggiamenti, e comportamenti che finiscono col portare inevitabilmente alla medesima e conosciuta conclusione.

Spesso lo facciamo senza rendercene conto, ma siamo proprio noi con il nostro modo di leggere il mondo, con la nostra cecità autoindotta, e con le nostre azioni, a far si che esiti dolorosi possano ripresentarsi.
Una persona convinta di valere poco molto probabilmente continuerà a scegliere relazioni poco sane, che le confermano il suo scarso valore. Persone ben poco disponibili e ben poco disposte a entrare davvero in una relazione amicale o amorosa.
Anche in questo caso è la persona stessa a contribuire a tale conclusione, accontentandosi e non dandosi il giusto valore.

Una persona convinta del fatto che per lei non ci sarà mai nulla di buono, purtroppo molto probabilmente finirà per fare scelte o assumere comportamenti disfunzionali, che la porteranno realmente ad avere poco.
Una persona che ha ricevuto poche cure ed è cresciuta quindi sentendosi quasi invisibile, molto probabilmente tenderà a sua volta ad avere poca cura di sé. E a scegliere partner poco disponibili che potranno solo confermare la sua percezione di invisibilità e il cerchio si chiuderà in modo disfunzionale.

La strada per migliorare
L’aspetto fondamentale è riconoscere che noi abbiamo la nostra buona dose di responsabilità. E comprendere questo è un punto davvero focale per poter trovare qualsiasi soluzione.

Non possiamo infatti utilizzare schemi appresi come alibi, allo scopo di continuare a stazionare nella medesima situazione, ma occorre piuttosto che ci assumiamo la responsabilità della nostra felicità e del nostro cambiamento.

Noi con le nostre scelte o non scelte, con le nostre azioni o non azioni, contribuiamo molto al mantenimento di determinati circuiti disfunzionali. E comprendere l’entità della nostra responsabilità è davvero necessario.

Niente arriva per puro caso, e non è sempre colpa degli altri, noi scegliamo e agiamo anche in modo che tutto ciò possa reiterarsi. E fintanto che saremo convinti del contrario potremo risolvere ben poco.
Le convinzioni che certamente oggi non risultano essere più molto utili, vanno riviste e affrontate, compresi e messi in discussione se vogliamo ottenere risultati differenti. Anche se all’inizio non sarà facile.
È possibile e questa è la strada per migliorare. L’altra è continuare a ripetere e confermare ciò che è stato con tutto il dolore che inevitabilmente ne conseguirà.
Non siamo solo un foglio già scritto, e possiamo provare a riscriverlo, in qualsiasi momento. E se davvero lo vogliamo, possiamo cambiare molte cose.

Legge della Risonanza
Chi è in armonia con te, a livello energetico ha la percezione in parte conscia e in parte inconscia di ciò che senti, di ciò che provi, di ciò che pensi. Più la sua percezione nei tuoi confronti è inconscia, quindi non consapevole e più reagisce automaticamente nel suo rapporto con te.
Questo fenomeno viene chiamato Legge della Risonanza e agisce indipendentemente dalla distanza.
Per esempio pensa a quando vogliamo chiamare qualcuno al cellulare e questa persona anticipa la nostra chiamata di qualche istante. Ci ricordiamo di una persona e qualcuno ci parla proprio di lei
Una donna che soffre per la paura dell’abbandono viene abbandonata e attrae nella sua vita proprio ciò che non vuole eppure l’uomo che la abbandona non è certamente vicino a lei. Avviene come se anche a distanza a livello inconsapevole l’uomo avesse percepito la sua ansia e le sue paure.

La scienza e la fisica quantistica hanno dimostrato che alcune componenti delle nostre cellule corporee entrano in comunicazione anche interspaziale con le cellule di altre persone specie se coinvolte in una relazione interpersonale con noi, come se fossero trasmettitori e ricevitori di onde.
Se le tue parole o le tue azioni non corrispondono ai tuoi pensieri o ai tuoi sentimenti le altre persone lo percepiscono come sconcertante o dissonante.
Se i tuoi pensieri, sentimenti, parole ed azioni sono in sintonia, le altre persone ti percepiscono come una persona autentica, sincera, che ispira stima e fiducia.

Non è importante ciò che dici o ciò che credi di pensare, sono i tuoi reali sentimenti, i tuoi pensieri profondi e inconsci, le tue vibrazioni a richiamare ciò che si presenta nella tua vita.
Se ti dici da tempo di desiderare una relazione affettiva soddisfacente e appagante, però nella vita reale non è cosi, o forse non hai ancora trovato la persona giusta per te, è perché nel profondo di te nella tua parte inconscia non lo vuoi veramente e quindi i tuoi sentimenti sono diversi ed emanano una vibrazione diversa da ciò che dici e che pensi di volere.
Forse sei frenato dalle paure dovute a esperienze passate o forse sei cresciuto in un clima non esattamente amorevole e quindi hai imparato che bisogna difendersi dall’amore o che è pericoloso lasciarsi andare.
Se dentro di te ci sono questi pensieri inconsci questa sarà la vibrazione che mandi all’Universo, indipendentemente da ciò che dici o credi di volere.

Profezia auto-realizzante nell’area affettiva.
La forza dei nostri pensieri non si limita ad attrarre a noi ciò di cui pensiamo, o attrarre ciò che temiamo o che non vogliamo.
Quando il focus è particolarmente forte e carico di emozioni questa energia attrae l’esperienza e può anche condizionare il comportamento delle persone intorno a noi che si comportano esattamente come noi ci aspettiamo e magari lo fanno anche inconsapevolmente.

I nostri pensieri quando sono forti possono condizionare i comportamenti delle altre persone poiché tutti noi attraiamo alla nostra vita ciò che ci aspettiamo a livello profondo.
Impariamo a trattare l’altro come vorremmo che fosse e non come pensiamo che sia.

Pensare che una persona sia in un determinato modo e si comporti come tale è solo una nostra credenza, e anche le prove che pensiamo di avere sono solo le nostre credenze filtrate e selezionate da noi inconsapevolmente per confermare la nostra credenza.
Il tuo compagno o la tua compagna o comunque una persona a te cara e vicina si comporta nei tuoi confronti come tu temi o pensi che si comporti, e tu scambi tutto questo per realtà, ma è la fetta di realtà personale e che hai attratto e manifestato tu stesso alla tua vita.



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domenica 7 luglio 2019

Sapere gestire le proprie emozioni fa dimagrire







“Ciò che pensiamo genera emozioni, ma lo fa anche ciò che mangiamo.”
-Montse Bradford

Un aspetto importante del cibo è che ha il potere di modificare il nostro stato, sia da un punto di vista elettrochimico, sia da un punto di vista emotivo. Il cibo ci accompagna in tantissime situazioni emotive della nostra vita e contiene dei significati importanti su cui noi costruiamo parte della nostra storia.

Il legame tra emozioni e cibo è molto più importante di quanto possiamo pensare. È un fatto reale.
È stato osservato che a una maggiore emotività nell’assunzione dei cibi corrisponde una maggiore mancanza di controllo del numero di pasti, con la costante dell’eliminazione della prima colazione dalla propria routine alimentare.

La regolazione emotiva è un concetto che si riferisce alla gestione delle emozioni provate da una persona a seconda delle circostanze e dello stato emotivo altrui. Così, è stato osservato che la vergogna e il senso di colpa sono le emozioni che possono avere una maggiore incidenza negativa sulla dieta.

Quando si impara a modulare le emozioni attraverso l’assunzione di cibo, è perché in un certo momento della vita questa soluzione si è mostrata efficace, utile e decisiva per rispondere a un bisogno fondamentale, quello di non essere soli, di non soffrire, di stare meglio.
Il cibo, fonte di conforto, diventa anche fonte di colpa devastante, di inadeguatezza, di disgusto e si caratterizza di quegli aspetti negativi che si tenta di rifuggire, creando così un circolo vizioso che imprigiona nei suoi meccanismi di ricompensa- insoddisfazione- emozioni negative-ricerca di nuova ricompensa.

Le emozioni esercitano una potente influenza sulla scelta degli alimenti e sulle abitudini alimentari. Ad esempio, è stato scoperto che il legame tra emozioni e cibo è più forte nelle persone che soffrono di obesità rispetto a chi non ne soffre e in chi segue una dieta (Sánchez e Pontes).

Desiderio, piacere, soddisfazione… ma anche cautela, timore, diffidenza, rifiuto, sono le componenti in gioco nell’alimentazione, che spesso si alternano nella stessa persona.
Il rapporto con il cibo, quindi, è l’espressione di un appetito che non si limita a soddisfare la fame, ma coinvolge gli impulsi più istintivi e vitali della vita affettiva.

Disturbo da alimentazione incontrollata
Mangiare per ragioni emotive o in relazione a stati emotivi (emotional eating) è una delle principali cause di una relazione conflittuale con il cibo, che può sfociare, nei casi più gravi, nel binge eating disorder o disturbo da alimentazione incontrollata. È stimato che circa il 75% del mangiare in modo eccessivo sia dovuto alle emozioni. Anziché esprimere le emozioni in modo fluido e funzionale, spesso si tende a soffocare l’emozione attraverso cibi “confortevoli”, che nell’immediato portano ad avvertire una sensazione piacevole, di appagamento, ma che poi genererà un senso di colpa capace di minare l’autostima e di peggiorare lo stato di salute e qualità di vita della persona.

Le persone sviluppano diversi comportamenti in risposta alle emozioni provate a seconda di vari fattori, come il contesto in cui si trovano, il livello di istruzione e la capacità di identificare e gestire i propri sentimenti. Il tutto risulta in una migliore o peggiore capacità di controllare il proprio peso.


Si è affermato anche che le emozioni non sono di per sé causa di sovrappeso, ma lo sarebbe piuttosto il modo in cui vengono gestite e affrontate.

Il desiderio irrefrenabile per un cibo (craving) è segno che qualcosa dentro di noi non è in equilibrio e che dobbiamo fermarci e osservare la nostra vita. A livello simbolico possiamo comprendere molto di noi dal tipo di alimento che andiamo a ricercare.

Quella tra emozioni e cibo è una relazioni bilaterale: quello che mangiamo influisce sul nostro stato d’animo e le emozioni che proviamo influiscono sul nostro modo di mangiare. Cooper ci dice che non riuscire a gestire gli stati d’animo negativi influisce notevolmente nella comparsa e nel perdurare dei disturbi del comportamento alimentare.

La crononutrizione
Così come il ciclo sonno-veglia viene gestito dall’orologio biologico “centrale” (situato in una zona dell’encefalo denominata ipotalamo), anche altri stimoli, tra cui la fame, vengono stabiliti da un ritmo interno, controllati da orologi biologici che potremmo chiamare “periferici”. Per mantenere uno stato complessivo di salute è bene che tutti gli orologi periferici lavorino in stretta connessione tra loro, coordinati dall’orologio centrale.

Per fare questo, il segreto è affidarsi alle regole della crononutrizione: non l’ennesima nuova dieta, ma un regime alimentare, le cui basi scientifiche sono state avvalorate dall’assegnazione del Premio Nobel 2017 per la Fisiologia e la Medicina ai tre scienziati statunitensi Jeffrey C. Hall, Michael Rosbash e Michael W. Young, per la scoperta dei meccanismi molecolari che controllano i ritmi circadiani.

La crononutrizione tiene conto dell’importanza di sincronizzare il momento in cui assumiamo i pasti e la loro composizione in nutrienti col nostro orologio interno principale, che scandito da cicli luce-buio, regola il nostro ritmo circadiano di sonno-veglia. Recenti studi hanno infatti dimostrato che gli orari di assunzione del cibo possono svolgere un ruolo importante nella regolazione del peso.

Rispetta il tuo orologio biologico, e facilita il tuo metabolismo mangiando a orari regolari e costanti. La regolarità dei pasti e degli orari aiuterà anche il metabolismo e il ritmo tra il digiuno e la digestione. Gli orari non devono per forza essere uguali per tutti, ma devono essere costanti, e ritagliati sulla tua giornata, in base ai tuoi impegni. La crononutrizione è solo una buona regola di comportamento a tavola.

Seguire la crononutrizione quindi non significa necessariamente mangiare in maniera sana e intelligente, ma scegliere i momenti giusti per farlo durante la giornata. E soprattutto prestare attenzione al sonno, secondo aspetto fondamentale. Poiché la luce è uno dei principali stimoli esterni che condizionano il ritmo sonno – veglia, l’organismo tende a riposare la notte e a essere attivo di giorno, grazie soprattutto alla secrezione ciclica giornaliera della melatonina.

Non mangiare di fretta
Prenditi il tuo tempo, non mangiare di fretta perché come è risaputo rende più difficoltosa e turbolenta la digestione. Tra l'altro, è un trucco vecchio come il mondo: la sensazione di sazietà viene trasmessa al cervello con un ritardo di circa 20 minuti, per cui se ti abbuffi di fretta rischi di mangiare troppo prima di sapere di essere sazia. Mangiare lentamente aiuta la digestione ed è anche un ottimo modo per non esagerare nelle quantità.

Controlla le emozioni
Il cibo e l'atto di mangiare sono spesso anche atti emotivi: c'è chi mangia quando è stressato o ha ansie particolari, quando si annoia, o quando si sente solo. Se le tue emozioni si riversano sulla tavola in modo disordinato, un buon modo per sviluppare un rapporto sano con il cibo è allora controllare e capire le tue sensazioni. Impara a essere zen, ad analizzare con distacco quello che succede intorno a te. Se vedrai la tua serenità come una risorsa preziosa per la tua salute, allora non permetterai facilmente anche alle piccole cose di turbarti. In una parola: rispettati e prenditi cura di te stessa.



https://www.alfemminile.com/dieta-dimagrante/dimagrire-senza-dieta-s1891579.html
https://lamenteemeravigliosa.it/emozioni-e-cibo-relazione/
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1563-la-fame-d-emozioni-quando-il-cibo-compensa-bisogni-emotivi.html
https://www.vanityfair.it/benessere/dieta-e-alimentazione/2018/12/22/crononutrizione-quando-mangiare-rimanere-forma