lunedì 30 marzo 2020

La crisi coronavirus passerà, ma il mondo non sarà più lo stesso




Nell’era del Coronavirus ogni aspetto della nostra vita sembra essere sottoposto a una profonda rivisitazione.
Il Covid-19 sarà il detonatore di un grandissimo cambiamento evolutivo, e quando sarà passato non saremo più gli stessi; il mondo non sarà più lo stesso…

La spiazzante velocità con cui sono cambiate le nostre vite compromette la nostra capacità di accettare che l’uscita da questa crisi non sarà rapida quanto è stato il suo ingresso” F. Costa

Non ha senso dunque illuderci che lo stop a cui siamo sottoposti sia di breve termine.
Qualunque programma importante abbiamo nel cassetto in questo lasso di tempo (matrimonio, figli, viaggi, cambio di lavoro, etc.) dovrà tenerne conto.
Uno sconvolgimento inaspettato. La società abituata alla lotta darwiniana del mercato,che assicura la sopravvivenza e il dominio al più forte, spogliata da protezione, brutalmente esposta a choc spesso benvoluti dalle classi dirigenti per disciplinare la cittadinanza, ora salta definitivamente all’aria a causa di un’epidemia che mostra la debolezza del sistema.

La crisi passerà, ma il mondo non sarà più lo stesso, così come l’11 di settembre, l’umanità sarà cambiata. Coronavirus - cambierà il nostro modo di pensare”, cambierà le nostre abitudini di lavoro e di vita.
Dobbiamo, tuttavia, metterci nell’ottica di un nuovo stile di vita e nuovi modi di consumo che coinvolgeranno innumerevoli settori: probabilmente ci dovremo abituare nei prossimi anni a diffidare di metro e bar troppo affollati, delle discoteche e degli hotel non standardizzati.
I cinema, le sale da thé, i centri commerciali potrebbero installare a tempo indeterminato poltrone distanziate almeno un metro l’una dall’altra, panchine dove ci si può sedere soltanto uno alla volta e via dicendo.

L’ Economia del confinamento
Gordon Lichfield, direttore di Technology Review, fa riferimento all’emergere di una “economia rinchiusa”, di un’economia “del confinamento”, vale a dire legata a tutto ciò che è on demand, ordinabile da casa, chiesto e usufruito online. Già in ascesa prima del coronavirus, questa shut-in economy sarà avvantaggiata dall’inevitabile cambiamento dei nostri modi di abitare le città, dall’onda lunghissima del panico post-corona, ed è destinata a restare.

Il coronavirus sarà, sotto certi aspetti, come le piene del Nilo, che al tempo degli antichi egizi distruggevano tutto per poi lasciare il terreno più fertile”, spiega Matteo Bertini, Direttore Mediashopping (Mediaset). “L’epidemia sta costringendo la società ad adottare strumenti nuovi”, che ci ritroveremo tutti in eredità una volta passata l’emergenza”.

C’è voluta un’emergenza così all’improvviso come quella del Coronavirus per riportare sul tavolo delle aziende e dei manager delle Risorse Umane un tema sempre più centrale nell’organizzazione del lavoro del futuro, uno strumento che – di fronte a queste crisi - si è presentato subito come il grande strumento per risolvere la potenziale paralisi che il tradizionale modo e organizzazione del lavoro poteva provocare sulle aziende

A cominciare dallo smart working, una modalità di lavoro che in queste settimane stanno adottando centinaia di migliaia di lavoratori, rendendo concreto ciò che fino a qualche tempo fa sembrava impossibile. “L’emergenza ha costretto le aziende a dotarsi in fretta degli strumenti necessari e le persone stanno cominciando a capire”.

Un catalizzatore per l’Economia
L’effetto finale potrà essere positivo, osserva Bertini. “Si prenderà coscienza del fatto che non c’è un modo solo di lavorare: le aziende avranno capito, le strutture informatiche si saranno adeguate e eCommerce - le persone saranno in grado di utilizzare questo acceleratore, che è uno strumento di sviluppo per l’economia”.

“Questa attività conoscerà uno sviluppo ulteriore anche dopo l’epidemia, perché è entrata nella testa della gente: il coronavirus ci lascerà strumenti digitali e fisici, ma soprattutto cambierà il nostro modo di pensare”.

Il modo in cui lavoriamo, ci spostiamo, acquistiamo cibo o manteniamo le relazioni sembra aver subito un brusco cambiamento di rotta. Svuotate dalla normalità dei gesti quotidiani e dalla naturale fisicità dell’incontro, ogni abitudine e ogni azione sembrano dover attendere un battito digitale per rimanere in vita.
La riunione che non può essere più tra le pareti dell’ufficio e che diventa distribuita, mediata, a distanza. “Ci si vede su Skype”. E’ l’imperativo. O la visita del medico che viene sostituita da una telefonata o, se si è più fortunati, da una seduta di telemedicina.

Così, la tecnologia oggi è diventata di colpo una improrogabile necessità.
Le regole di comunicazione, le esigenze, la gestione del tempo e persino l’ordine delle priorità vengono così ridisegnate da nuove architetture tecnologiche, sociali e soprattutto mentali. E in questo contesto una particolare area di attenzione viene coinvolta o forse, travolta più delle altre: la Scuola. Una scuola che da luogo fisico da raggiungere, diventa nell’era della distanza imposta, un insieme di tecnologie dell’apprendere da ricreare nel soggiorno o nella cucina di casa. Uno spazio intimo, individuale, non più collettivo come per sua natura, che deve essere costruito da zero: un compito arduo per docenti, genitori, nonni e studenti, impreparati all’idea che quella che ieri era una lontana opportunità spesso anche tenuta a debita distanza – l’uso della tecnologia – oggi sia diventata di colpo una improrogabile necessità.
Ed è così che centinaia di istituti scolastici del Paese si stanno organizzando per rispondere a questa nuova esigenza e migliaia di docenti si stanno attivando per formarsi e per trasformare – volenti o nolenti – l’idea di scuola che conoscono in qualcosa di profondamente diverso.

La verità è che come ogni tecnologia – che sia la ruota, la scrittura o la bussola – anche quella di un computer o di un tablet applicata stabilmente per la didattica a distanza nelle scuole potrebbe cambiare radicalmente il modo di gestire il tempo, le relazioni docenti-studenti, le distanze, i percorsi di apprendimento e le metodologie di insegnamento.

La responsabilità oggi di come evolverà questo percorso sarà di ognuno di noi – studenti, docenti, genitori o istituzioni – nel decidere, quando questo momento di difficoltà sarà concluso, se inserire una retromarcia o se approfittare della marcia ingranata per mettere a frutto le competenze e le risorse con maggiore efficacia ed innovazione rispetto al passato.

Qualunque sarà la scelta, in fondo, lo sappiamo tutti: la rivoluzione mentale è avviata.

Il nuovo patto formativo che docenti e studenti stanno scrivendo in questi giorni cambierà radicalmente le future regole del gioco. È solo questione di tempo.

Che questa crisi possa costringere, finalmente, i Paesi occidentali, e in particolare gli Stati Uniti, a mettere mano alle ingiustizie che rendono un’ampia parte della loro popolazione particolarmente esposta a catastrofi come quella del Covid-19.

La sfida futura sarà definire regole e sistemi di controllo che bilancino protezione delle vite umane e rispetto per la loro dignità. Questa è la sfida che dovremo affrontare tutti noi, nel frattempo che proviamo ad adattarci al mondo nuovo.



Fonte:
https://forbes.it/2020/03/20/come-sara-vita-lavoro-economia-dopo-il-coronavirus/

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