Nell’era del Coronavirus ogni aspetto della nostra vita sembra
essere sottoposto a una profonda rivisitazione.
Il Covid-19 sarà il detonatore di un grandissimo cambiamento
evolutivo, e quando sarà passato non saremo più gli stessi; il
mondo non sarà più lo stesso…
“La spiazzante velocità con cui sono cambiate le nostre vite
compromette la nostra capacità di accettare che l’uscita da questa
crisi non sarà rapida quanto è stato il suo ingresso” F.
Costa
Non ha senso dunque illuderci che lo stop a cui siamo sottoposti sia
di breve termine.
Qualunque programma importante abbiamo nel cassetto in questo lasso
di tempo (matrimonio, figli, viaggi, cambio di lavoro, etc.) dovrà
tenerne conto.
Uno sconvolgimento inaspettato. La società abituata alla lotta
darwiniana del mercato,che assicura la sopravvivenza e il dominio al
più forte, spogliata da protezione, brutalmente esposta a choc
spesso benvoluti dalle classi dirigenti per disciplinare la
cittadinanza, ora salta definitivamente all’aria a causa di
un’epidemia che mostra la debolezza del sistema.
La crisi passerà, ma il mondo non sarà più lo stesso, così come
l’11 di settembre, l’umanità sarà cambiata. Coronavirus -
cambierà il nostro modo di pensare”,
cambierà le nostre abitudini di lavoro e di vita.
Dobbiamo, tuttavia, metterci nell’ottica di un nuovo stile di vita
e nuovi modi di consumo che coinvolgeranno innumerevoli settori:
probabilmente ci dovremo abituare nei prossimi anni a diffidare di
metro e bar troppo affollati, delle discoteche e degli hotel non
standardizzati.
I
cinema, le sale da thé, i centri commerciali potrebbero installare a
tempo indeterminato poltrone distanziate almeno un metro l’una
dall’altra, panchine dove ci si può sedere soltanto uno alla volta
e via dicendo.
L’
Economia del confinamento
Gordon
Lichfield, direttore di
Technology Review,
fa riferimento all’emergere di una “economia rinchiusa”, di
un’economia “del confinamento”, vale a dire legata a tutto ciò
che è on demand,
ordinabile da casa, chiesto e usufruito online. Già in ascesa prima
del coronavirus, questa shut-in
economy
sarà avvantaggiata dall’inevitabile cambiamento dei nostri modi di
abitare le città, dall’onda lunghissima del panico post-corona, ed
è destinata a restare.
“Il coronavirus
sarà, sotto certi aspetti, come le piene del Nilo, che al tempo
degli antichi egizi distruggevano tutto per poi lasciare il terreno
più fertile”, spiega Matteo Bertini, Direttore Mediashopping
(Mediaset). “L’epidemia sta costringendo la società ad
adottare strumenti nuovi”, che ci ritroveremo tutti in eredità una
volta passata l’emergenza”.
C’è voluta
un’emergenza così all’improvviso come quella del Coronavirus per
riportare sul tavolo delle aziende e dei manager delle Risorse Umane
un tema sempre più centrale nell’organizzazione del lavoro del
futuro, uno strumento che – di fronte a queste crisi - si è
presentato subito come il grande strumento per risolvere la
potenziale paralisi che il tradizionale modo e organizzazione del
lavoro poteva provocare sulle aziende
A cominciare dallo
smart working, una modalità di lavoro che in queste
settimane stanno adottando centinaia di migliaia di lavoratori,
rendendo concreto ciò che fino a qualche tempo fa sembrava
impossibile. “L’emergenza ha costretto le aziende a dotarsi in
fretta degli strumenti necessari e le persone stanno cominciando a
capire”.
Un
catalizzatore per l’Economia
L’effetto finale
potrà essere positivo, osserva Bertini. “Si prenderà coscienza
del fatto che non c’è un modo solo di lavorare: le aziende avranno
capito, le strutture informatiche si saranno adeguate e eCommerce
- le persone saranno in grado di utilizzare questo
acceleratore, che è uno strumento di sviluppo per l’economia”.
“Questa attività
conoscerà uno sviluppo ulteriore anche dopo l’epidemia, perché è
entrata nella testa della gente: il coronavirus ci lascerà
strumenti digitali e fisici, ma soprattutto cambierà il nostro modo
di pensare”.
Il modo in cui
lavoriamo, ci spostiamo, acquistiamo cibo o manteniamo le relazioni
sembra aver subito un brusco cambiamento di rotta. Svuotate dalla
normalità dei gesti quotidiani e dalla naturale fisicità
dell’incontro, ogni abitudine e ogni azione sembrano dover
attendere un battito digitale per rimanere in vita.
La riunione che non
può essere più tra le pareti dell’ufficio e che diventa
distribuita, mediata, a distanza. “Ci si vede su Skype”. E’
l’imperativo. O la visita del medico che viene sostituita da una
telefonata o, se si è più fortunati, da una seduta di telemedicina.
Così,
la tecnologia oggi è diventata di colpo una improrogabile necessità.
Le regole di
comunicazione, le esigenze, la gestione del tempo e persino l’ordine
delle priorità vengono così ridisegnate da nuove architetture
tecnologiche, sociali e soprattutto mentali. E in questo contesto una
particolare area di attenzione viene coinvolta o forse, travolta più
delle altre: la Scuola. Una scuola che da luogo fisico da
raggiungere, diventa nell’era della distanza imposta, un insieme di
tecnologie dell’apprendere da ricreare nel soggiorno o nella cucina
di casa. Uno spazio intimo, individuale, non più collettivo come per
sua natura, che deve essere costruito da zero: un compito arduo per
docenti, genitori, nonni e studenti, impreparati all’idea che
quella che ieri era una lontana opportunità spesso anche tenuta a
debita distanza – l’uso della tecnologia – oggi sia diventata
di colpo una improrogabile necessità.
Ed è così che
centinaia di istituti scolastici del Paese si stanno organizzando per
rispondere a questa nuova esigenza e migliaia di docenti si stanno
attivando per formarsi e per trasformare – volenti o nolenti –
l’idea di scuola che conoscono in qualcosa di profondamente
diverso.
La verità è che
come ogni tecnologia – che sia la ruota, la scrittura o la bussola
– anche quella di un computer o di un tablet applicata stabilmente
per la didattica a distanza nelle scuole potrebbe cambiare
radicalmente il modo di gestire il tempo, le relazioni
docenti-studenti, le distanze, i percorsi di apprendimento e le
metodologie di insegnamento.
La responsabilità
oggi di come evolverà questo percorso sarà di ognuno di noi –
studenti, docenti, genitori o istituzioni – nel decidere, quando
questo momento di difficoltà sarà concluso, se inserire una
retromarcia o se approfittare della marcia ingranata per mettere a
frutto le competenze e le risorse con maggiore efficacia ed
innovazione rispetto al passato.
Qualunque sarà
la scelta, in fondo, lo sappiamo tutti: la rivoluzione mentale è
avviata.
Il nuovo patto
formativo che docenti e studenti stanno scrivendo in questi giorni
cambierà radicalmente le future regole del gioco. È solo questione
di tempo.
Che questa crisi
possa costringere, finalmente, i Paesi occidentali, e in particolare
gli Stati Uniti, a mettere mano alle ingiustizie che rendono un’ampia
parte della loro popolazione particolarmente esposta a catastrofi
come quella del Covid-19.
La sfida futura sarà
definire regole e sistemi di controllo che bilancino protezione delle
vite umane e rispetto per la loro dignità. Questa è la sfida che
dovremo affrontare tutti noi, nel frattempo che proviamo ad adattarci
al mondo nuovo.
Fonte:
https://forbes.it/2020/03/20/come-sara-vita-lavoro-economia-dopo-il-coronavirus/