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domenica 31 luglio 2022

Il mondo che sembra così reale, potrebbe essere un sogno?

 


“Hai mai fatto un sogno tanto realistico da sembrarti vero? E se da un sogno così non ti dovessi più svegliare? Come potresti distinguere il mondo dei sogni da quello della realtà?". (Morfeo, Matrix)

Generalmente, tutto ciò che non è sotto la nostra percezione diretta semplicemente non esiste. Pertanto, di conseguenza, ha bisogno di materializzarsi, quando necessario, nel momento esatto in cui lo percepiamo.

Il filosofo svedese Nick Bostrom, dell'Università di Oxford, ha firmato un documento dal titolo “Are you living in a Computer Simulation?” (Stai vivendo in una simulazione al computer??), pubblicato su “Philosphical Quarterly” in cui recupera l’antica idea che la realtà in cui viviamo possa essere una specie di illusione o di un sogno collettivo.

Oltre a Platone - e di molti altri antichi riferimenti - in una conferenza del 2016 Elon Musk è tornato sull'argomento affermando che la probabilità che siamo in una simulazione è di una su un miliardo. Tuttavia, questa possibilità minima esiste.

Consideriamo questa piccola eventualità di vivere all'interno di un sogno. Se di notte sogni di essere su un'isola, quando ti sveglierai non continuerai a crederci, che quella bellissima isola esista ancora da qualche parte. Essa, semplicemente scompare. Era solo un'immagine nella tua mente che, apparentemente, hai ricreato mentre lo ritenevi necessario. Allo stesso modo possiamo considerare che, questo mondo che ci sembra così reale, può anche essere solo un'immagine nella nostra mente. Non potrebbe il sogno, forse, essere più reale di quella che chiamiamo la realtà della vita?

Freud riteneva che la funzione dei sogni fosse quella di soddisfare i nostri desideri, e forse non si sbagliava. Uno degli esempi più noti di sogni che si sono manifestati nella realtà è stato quello di Elias Howe che, mentre lavorava al progetto della macchina da cucire nel 1845, ebbe un incubo in cui alcuni cannibali lo trafissero con le loro lance: notò che queste avevano un foro vicino alla punta acuminata e applicò questa idea al suo invento.

Si dice che anche il chimico Friedrich Kekulé sognò un serpente che si mordeva la coda e, svegliandosi, si rese conto che la molecola del benzene era esagonale. Paul McCartney dei Beatles, invece, è stato ispirato da un sogno per la sua hit "Yesterday".

Larry Page, co-fondatore di Alphabet, ha affermato che l'idea di un motore di ricerca e le sue risorse sono nate da un sogno vivido. Ne ha parlato con il suo migliore amico, Sergey Brin, e insieme hanno creato Backrub, il precursore di Google.

Durante un incubo, l'autrice Mary Wollstonecraft Shelley ha visto la scena in cui lo scienziato pazzo ha creato uno zombi. La mattina dopo si mise al lavoro, scrivendo un capolavoro della letteratura horror, “Frankenstein”.

Tuttavia, queste sono solo alcune delle tante risposte alla domanda: Perché sogniamo? Qual è il ruolo dei sogni?

La verità è che il sogno è ancora un grande mistero e né le centinaia di pagine de “L'interpretazione dei sogni”, (Freud), né i numerosi studi che sono stati completati sui sogni, sono stati in grado di rispondere in modo soddisfacente alle domande su di essi. Ogni notte facciamo in media dai 6 ai 10 sogni. Pochi secondi o minuti dopo il risveglio, questi sogni vengono spesso dimenticati. Considerando l'enorme quantità di tempo che trascorriamo in uno stato onirico, il fatto che questa funzione non sia stata ancora compresa è sconcertante. Ma è quasi certo che quel terzo della nostra vita che trascorriamo dormendo non può essere tempo perso.

Deirdre Barret, psicologa dell'Università di Harvard, afferma che "tutte le funzioni degli esseri viventi si evolvono con un unico scopo: generare qualcosa di utile". L'obiettivo della ricercatrice è dimostrare che i sogni non sono un semplice sottoprodotto dello stato REM, tipico del sonno profondo, ma il risultato di una lunga storia evolutiva, che ha dotato gli esseri viventi di questa facoltà per uno scopo preciso.

Nei sogni, possiamo migrare verso universi paralleli – Capitolo 19

sabato 11 luglio 2020

Non c’è realtà su cui non si possa intervenire




Secondo la fisica quantistica tutti noi siamo parte di una realtà che creiamo man mano che la osserviamo. Per questo è possibile anche modificarla.

A partire dal lavoro del neurochirurgo Karl Pribran, si è fatta l’ipotesi che il nostro cervello processi la realtà come se fosse un ologramma: come la luce laser attiva una memoria statica che prende forma, così noi, che siamo un insieme di cellule che emette energia, osservando e pensando attiviamo l’ologramma del reale, ovvero le memorie presenti non solo nel nostro campo morfogenetico personale, bensì anche quelle registrate nel più ampio campo elettromagnetico di cui siamo parte. In ogni istante, in quanto osservatore, proiettiamo all’esterno le nostre intenzioni emotive e di pensiero.

Dal fatto che quello che vedo lo sto costruendo nel mio cervello consegue che non c’è realtà su cui non si possa intervenire: attraverso il mio pensiero, che è il laser che fa emergere l’ologramma, io posso cambiare la realtà. Un’esperienza comune è quella di pensare intensamente a qualcosa che poi accade: visualizzare un parcheggio e focalizzarci su dei posti liberi che poi troveremo o immaginare nel dettaglio una serata con un certo tipo di ambiente e persone e trovare poi una situazione molto simile nella realtà. Chi la prova, sperimenta il potere dell’immaginazione capace di creare un pezzo di realtà che poi si ripresenta fuori.

Perché allora la realtà non corrisponde sempre a come vorremmo che fosse?
Perché il cervello, attraverso i suoi diversi campi elettrici detti “stati mentali”, elabora i dati e crea ciò che percepiamo come realtà. Noi creiamo la realtà in riflesso al sentimento profondo che abbiamo di noi stessi. Ciò significa che il mondo che osserviamo esterno a noi è il riflesso di ciò che, inconsapevolmente, processiamo a livello del subconscio e dell’inconscio collettivo.
Non corrisponde a ciò che desideriamo a livello del conscio poiché influisce in minima parte. Per questo, crearci una realtà come il trovare un parcheggio e passare una serata gratificante è più facile che cambiare realtà più complesse come il lavoro e il rapporto con il partner. Le prime situazioni sono gestite a livello completamente conscio ma se io, pur desiderando guadagnare tanti soldi, ho radicata in me la convinzione che i ricchi sono persone corrotte, o se desidero una promozione ma ho instillato in me l’idea di non potercela fare mai, nulla potrà accadere perché lo “stato mentali” del mio cervello sta elaborando i dati che si stanno muovendo in direzione contraria. In quello che credo nel profondo dell’inconscio. Sciogliere il velo di separazione tra questi diversi aspetti dell’elaborazione di noi stessi e del mondo, rappresenta l’unica via per creare volontariamente e consapevolmente il mondo, la vita e il noi che vorremmo essere.

Siamo noi a determinare ciò che si verificherà e sperimenteremo nella nostra vita
Secondo la fisica quantistica, potenzialmente coesistono infinite possibilità. Tutto può accadere. La probabilità che qualcosa avvenga (in termini tecnici quando avviene il collasso della funzione d’onda) è strettamente legata all’atto di osservazione che diventa coerente con ciò che prevediamo di vedere. Quando osserviamo e “scegliamo” uno specifico risultato, tutte le altre possibilità diventano incoerenti rispetto a ciò che vediamo e si auto-escludono. Siamo noi a determinare ciò che si verificherà e sperimenteremo nella nostra vita sulla base del nostro punto di osservazione. Quando iniziamo a guardare il mondo da molti più punti di visti che vanno oltre le credenze limitanti, iniziano a manifestarsi nuovi eventi, situazioni e sincronismi.

Abbiamo reso manifesto il nostro universo, lo abbiamo fatto sempre, solo che non ne eravamo consapevoli.
Ma allora come è possibile farlo se non ne siamo consapevoli? Osservando, prestando attenzione. Ciò su cui una persona si focalizza è ciò che apparirà nella sua vita, nel suo mondo. Il fatto è che siamo noi coloro che lo stanno creando: noi stiamo osservando le entità subatomiche che rendono solide le onde di energia per diventare la materia del nostro mondo. Questo significa che le cose che desideriamo possono manifestarsi, ogni volta che cambiamo il nostro punto di osservazione. Per manifestare grandi cambiamenti è sufficiente iniziare ad osservare il mondo focalizzandoci su quello che desideriamo. Se poi all’osservazione segue l’azione consapevole, gli effetti diventano sempre più evidenti e visibili a tutti.

Non potremmo neanche immaginare un universo che non contenesse degli osservatori, perché i mattoni stessi dell’universo sono questi atti di osservazione partecipata”.John Wheeler
Esperimento sostiene che la realtà è la risultanza fra osservatore ed osservato. Ciò significa che l’universo esiste perché vi è un osservatore, significa che il sistema di credenze dell’osservatore determina l’esistenza della realtà nella forma in cui egli crede che sia.
Percepiamo un mondo che prende forma in pochi centimetri cubici del nostro cervello, un piccolo luogo dove facciamo esperienza della vita, un luogo dove la percezione modella un mondo personale. Ogni singolo impulso elettrico dei tuoi sensi (e sono milioni al secondo) costruisce la tua sensazione di essere umano, la tua esperienza di vita. Ma l’esperienza avviene dentro te, non fuori. Fuori non c’è nulla.
...non esiste niente, solo del fumo, niente di vero… Vasco Rossi – Dannate Nuvole

L’onda probabilistica è basata sul nostro modello di coscienza
Fondamentalmente il nostro universo è un artefatto. In sostanza la coscienza è il fattore x che viene trascurato in tutti quanti gli esperimenti, ma che spiega la maggior parte degli effetti osservabili in fisica quantistica. L’onda probabilistica è basata sul nostro modello di coscienza. Ciò significa che se espandiamo il modello della nostra realtà personale, i risultati cambiano e in modo esponenziale.
Se vogliamo a tutti i costi che qualcosa accada, ci situiamo nella realtà in rapporto all’informazione od oggetto in questione. Ma quando espandiamo la nostra consapevolezza dall’interno del nostro cuore, sfrecciando là fuori, siamo momentaneamente svincolati dai limiti della coscienza e trascendiamo la barriera della dimensione spazio temporale.
Cambiare il modo in cui percepiamo la realtà trasforma l’oggetto della nostra osservazione, che a sua volta provoca l’immediata trasformazione del risultato finale!

L’universo esiste come un infinito di possibilità sovrapposte
Nel 1927, Niels Bohr e Werner Heisenberg definirono una loro interpretazione nota come l’Interpretazione di Copenaghen che afferma che l’universo esiste in quanto numero infinito di possibilità sovrapposte. Secondo la loro teoria, esse non si collocano in ciò che definiamo né uno spazio né uno stato di esistenza, ma sono presenti tutte contemporaneamente in uno stato potenziale. L’atto di una persona che osserva quei possibili potenziali, determina l’attivazione di quello sul quale è focalizzato, cioè, quello che pensa o si aspetta di vedere.

Nel 1957, Hugh Everett III della Princeton University, propose un’ulteriore teoria che gode di maggior popolarità e sostegno, quella degli universi paralleli, specificando inoltre che tutte le infinite possibilità si realizzano e accadono simultaneamente e, poiché ognuna accade nel proprio spazio-tempo, non può essere “vista” contemporaneamente dalle altre.

Roger Penrose, noto fisico e matematico britannico, aggiunge un ulteriore ingrediente alle teorie sulla realtà - la gravità. Questa teoria offre una possibile risposta al perché, essendo tutte contemporaneamente in divenire, noi ne percepiamo una soltanto: poiché ogni realtà potenziale richiede molta energia per potersi manifestare nel mondo della materia, tutte collassano a favore di una, che prendendosi tutta l’energia a disposizione diventa l’unica realtà.
Fra tutte le teorie alternative sulla realtà, la fisica quantistica è quella che fornisce maggiori possibilità di comprensione dell’esistenza.

La vibrazione è l’informazione che modella ogni cosa
Bisogna considerare, però, che un secolo è un tempo troppo piccolo rispetto alla storia complessiva dell’uomo per determinare un cambio radicale del modello di pensiero collettivo. È probabile che occorrano diverse generazioni affinché queste nuove consapevolezze divengano parte integrata del sapere collettivo e, di riflesso, del patrimonio genetico dell’umanità. È parte del processo di evoluzione complessivo.

La mente produce l’informazione, il corpo la tramuta in sensazione e la vibrazione che ne scaturisce manifesterà un riscontro preciso, osservabile e misurabile, nel mondo circostante.
Facciamo parte tutti di uno stesso organismo, e tutti noi siamo i suoi diversi punti di osservazione/proiezione. Ma questo macro organismo ci lascia liberi di agire, di vibrare alle frequenze che deliberatamente scegliamo se preferisci, e di manifestare realtà. Noi scegliamo la pellicola e lui ci fornisce il necessario per manifestarla, osservarla, e per farne esperienza.
Questa consapevolezza ti offre la tua prima vera libertà: quella di scegliere consapevolmente, in maniera autonoma e in stato di veglia celebrale la realtà che vorrai costruire da adesso in avanti.

Ogni cosa che vedi, che non vedi, che senti, che non senti, che percepisci… TUTTO, è energia vibrante. Siamo esseri vibrazionali inseriti in un universo vibrazionale. La vibrazione è l’informazione che modella ogni cosa. La legge della Vibrazione afferma quindi che tutto vibra e che noi esseri umani siamo in grado di plasmare la realtà attraverso le vibrazioni che offriamo.
L’intera umanità, ogni singolo individuo che ne fa parte, è fautore e responsabile del tempo presente che sta vivendo, della realtà che sta creando.

Il segreto della salute fisica e mentale non sta nel lamentarsi del passato, nè del preoccuparsi del futuro, ma nel vivere il momento presente con saggezza e serietà. La vita può avere luogo solo nel momento presente. Se lo perdiamo, perdiamo la vita. L’amore nel passato è solo memoria. Quello nel futuro è fantasia. Solo qui e ora possiamo amare veramente. Quando ti prendi cura di questo momento ti prendi cura di tutto il tempo. (Buddha)




sabato 28 ottobre 2017

Trovata la prova dell'esistenza di un universo parallelo




Potrebbero esserci molti universi differenti che interagiscono tra loro?
Un nuovo studio teorico sull'argomento, pubblicato sulla prestigiosa rivista Physical Review X, afferma che i mondi paralleli potrebbero non essere un prodotto esclusivo della fantascienza, ma idealmente potrebbero esistere e interagire tra loro, almeno a livello teorico. Lo studio è stato condotto dai ricercatori della Griffith University a Brisbane, in Australia, insieme a un ricercatore dell'Università della California a Davis, negli Stati Uniti.

Gli scienziati forniscono una formulazione matematica della possibilità insondabile dell'esistenza di altri mondi, cioè, un intero universo dotato della complessità strutturale che oggi conosciamo. Secondo gli scienziati, l'esistenza di questi mondi si influenzerebbero reciprocamente e potrebbe fornire una spiegazione scientifica strutturata della teoria quantistica - la teoria fisica, nata nel secolo scorso, che è in grado di descrivere il mondo invisibile degli atomi e di tutto ciò che è ancora più piccolo e imponderabile.

I paradossi della Fisica Quantistica
Fino a oggi, la funzione d’onda era considerata una mera funzione matematica, capace di dirci la probabilità di trovare un elettrone in quel punto specifico. Un escamotage statistico e niente di più. Ora, una ricerca che sta scuotendo il mondo della fisica ha dimostrato che la funzione d’onda è qualcosa di reale e tangibile: l’elettrone esiste davvero in un’infinità di punti lungo la sua orbita, come tante infinite realtà diverse, che vengono ridotte a un’unica realtà solo quando l’osservatore porta l’elettrone a collassare in quel punto esatto (scienze.fanpage).

Quando fu introdotta per la prima volta negli Anni ’50, dal geniale matematico americano Hugh Everett III, la teoria dei molti mondi venne derisa. Everett riuscì a fatica a pubblicarla, e alla fine abbandonò disgustato la carriera accademica. Negli anni, però, le sue raffinate spiegazioni di alcuni strani fenomeni del mondo subatomico, come la capacità delle particelle di coesistere in luoghi diversi, hanno fatto sempre più breccia tra i fisici.
Nonostante le sue tante bizzarrie, la fisica quantistica è una teoria accettata e comprovata dalle sperimentazioni, tanto quanto quella della relatività ed è applicata quotidianamente in tanti ambiti scientifici e tecnologici producendo un gran numero di ritrovati importanti per l’industria.
Eppure, le sue fondamenta filosofiche restano fonte di profonda perplessità e ha abituato gli scienziati a questi paradossi e queste stranezze, tanto che hanno spinto il premio Nobel Richard Feynman ad affermare che “chiunque crede di aver capito la meccanica quantistica, non l’ha compresa abbastanza” e il fisico, matematico e premio Nobel danese Niels Bohr ad affermare: Chi non è rimasto scioccato dalla meccanica quantistica, vuol dire che non l’ha capita.

Secondo la teoria di Everett, ogni universo si divide in una serie di nuovi
universi, quando viene effettuata una misurazione quantistica. Partendo dalle sue intuizioni, abbiamo dimostrato che è proprio dall’interazione tra questi mondi, soprattutto repulsiva, che nascerebbero i fenomeni quantistici”.
Nel multiverso – aggiunge David Deutsch, fisico della Oxford University – ogni volta che facciamo una scelta, si realizzano anche le altre, perché i nostri doppi negli universi paralleli le compiono tutte”. Un’idea sfuggente, difficile da accettare ma, a pensarci bene, non del tutto negativa. Il pensiero che, di fronte alle scelte più difficili di tutti i giorni, ogni possibile alternativa abbia l’opportunità di realizzarsi, potrebbe essere in fondo rassicurante.

L’idea dell’esistenza di mondi paralleli al nostro, è sempre stata molto popolare nella letteratura fantascientifica. Tuttavia, nel corso dei secoli, sono stati numerosi gli intellettuali che hanno appoggiato la veridicità di questa ipotesi. Tra questi il filosofo italiano Giordano Bruno, il quale propose che l’universo fosse infinito e perciò popolato da un’infinità di mondi abitati.
Il primo modello che si propose di strutturare l’organizzazione di questi numerosi universi fu elaborato dal fisico irlandese Edmund Fournier d’Albe, che suggeriva che tali mondi fossero nidificati l’uno dentro l’altro, con scale di grandezza decrescenti. Una matrioska di universi: un’immagine fantasiosa e allo stesso tempo affascinante, che col tempo venne però scartata dagli scienziati, per essere rimpiazzata da nuove teorie.

Una teoria, a dir poco affascinante, è stata elaborata da Tom Shanks professore dell’università di Durham, in Inghilterra, secondo cui un punto freddo individuato nello spazio potrebbe spiegare per la prima volta la teoria degli universi paralleli.
Lo studio guidato da Tom Shanks ha coinvolto oltre 7mila galassie, ma sino a oggi non era mai stato trovato nulla di simile. In particolare, le radiazioni e il fatto che il punto sia molto freddo fanno ipotizzare l’esistenza di una sorta di “vuoto”. “Non possiamo escludere certo che sia una variazione del modello standard – ha spiegato Shanks-, ma se così non fosse, si può pensare che si tratti realmente di un mondo parallelo”.

Ma come provare queste teorie e legarle a fenomeni fisici osservabili?
Secondo Lisa Randall, prima donna a ottenere la cattedra di Fisica teorica alla Harvard University, una possibile strada è il legame con le ricerche sulla natura della forza di gravità. In base ai suoi studi, tra i più citati degli ultimi anni, gli altri universi, vicinissimi al nostro, anche se invisibili, sarebbero immersi in uno spazio a più dimensioni, come un arcipelago di isole sparse nell’oceano. Su uno di questi isolotti sarebbero concentrate le particelle che trasportano, come fanno i fotoni con la luce, la forza di gravità.
Si chiamano gravitoni e sarebbero gli unici in grado di saltare da un universo all’altro. Ma solo alcuni riuscirebbero a “visitare” il nostro universo. Ecco perché la forza di gravità ci appare così debole, poiché diluita su più universi, che la assorbono come una spugna. “Uno degli scopi dei miei studi è spiegare perché la forza di gravità è così debole in confronto alle altre forze fondamentali della natura – spiega la studiosa nel suo libro “Passaggi curvi” -. Un piccolo magnete, infatti, può attirare una graffetta, nonostante la Terra nella sua interezza eserciti su di essa la propria attrazione gravitazionale”.
Il multiverso mi ha reso una persona più felice. Mi ha dato, infatti, il coraggio di correre più rischi”. Commenta su New Scientist, Max Tegmark, fisico del Mit.

Esistono nell’universo molte regioni ancora inesplorate
Il battesimo sperimentale a queste ricerche teoriche potrebbe arrivare a partire dal prossimo anno, al Cern di Ginevra, con la riaccensione alla sua massima energia di Lhc, l’acceleratore di
particelle più potente del mondo. Questa macchina, una pista magnetica di 27 chilometri capace di sondare la struttura più intima della materia, potrebbe essere in grado di vedere i gravitoni, fino ad ora mai osservati direttamente. “Con Lhc potremmo trovare particelle che non esistono più dai tempi del Big Bang, circa 14 miliardi di anni fa – sottolinea Randall -. Tra loro potrebbero essercene alcune che vivono solo su altre dimensioni, o persino su altri universi. La loro osservazione, quindi, sarebbe una prova importante dell’esistenza di altri mondi”. Queste particelle, infatti, lascerebbero una sorta d’impronta gravitazionale sul nostro universo. Come un’ombra che si allunga su un muro in un giorno assolato.

Come spesso accade nella scienza, gli studiosi vivono e si muovono ai bordi della conoscenza. “Non sappiamo come questi studi cambieranno la nostra percezione del mondo – afferma Randall -. Lo stesso Einstein non poteva prevedere che la sua teoria della Relatività avrebbe un giorno trovato applicazioni nel Gps. Esistono nell’universo molte regioni ancora inesplorate – aggiunge la studiosa -. Sapere cosa cercare è spesso difficile, ma questo non deve scoraggiare. Ciò che ancora non si conosce deve servire da stimolo per porsi nuovi interrogativi. È questo – conclude la scienziata di Harvard – che rende la scienza accattivante”.



Fonte: Lo studio su Physical Review X
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/12/03/universi-paralleli-esistono-potrebbero-interarigire/1243794/
http://www.repubblica.it/scienze/2014/11/30/news/i_mondi_paralleli_potrebbero_esistere_davvero_la_fisica_spiega_il_perch-100639051/#gallery-slider=100688509