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martedì 4 luglio 2023

L’esistenza di una scienza perduta, capace di produrre il potere di dirigere gli avvenimenti.

 


Per Gregg Braden – scrittore, geologo informatico, considerato un’autorità nel collegare le conoscenze del passato con la scienza - è una scienza “che ci permette di accedere alle future conseguenze delle scelte che facciamo nel presente“. Braden arriva a questa conclusione esaminando un antico manoscritto scoperto nel 1946, il Grande Codice Isaia (e altri testi esseni), nelle grotte di Qumran, sul Mar Morto, vecchio di più di 2000 anni, attribuito al profeta Isaia, dove è descritto tutto quello che la scienza dei quanti ha cominciato a comprendere solo da pochi anni.

Si tratta di una scienza perduta, la tecnologia della preghiera, “che ci consente di scegliere quale profezia futura vivremo”.

Quando corpo, mente e spirito rispondono in risonanza, si ristabilisce una integrità olistica.

Viviamo in un universo di vibrazioni e i nostri corpi sono costituiti da vibrazioni di energia che emaniamo costantemente.

La scienza ha dimostrato, attraverso la fisica quantistica, che siamo tutti connessi attraverso la nostra vibrazione. Esperimenti scientifici hanno dimostrato che il nostro DNA cambia con le frequenze prodotte dai nostri sentimenti ed emozioni, o sia, le vibrazioni. Questo illustra una nuova forma di energia che connetta tutta la creazione. Questa potente energia, sembra essere una Rete strettamente intessuta che connetta tutta la materia e, allo stesso tempo, siamo in grado di influenzare sostanzialmente questa rete della creazione, attraverso la nostra vibrazione.

Il futuro non è deterministicamente stabilito, ma può essere cambiato

Scienziati come Wolf e Feynman hanno ipotizzato l’esistenza di molteplici risultati possibili per ogni singolo evento. Questa ipotesi implica che “ogni possibilità sia già stata creata ed è presente nel nostro mondo“. Hugh Everett III, fisico dell’università di Princeton, studiò l’ipotesi di universi paralleli e chiamò “punto di scelta” il momento in cui si poteva sovrapporre un effetto all’altro nel corso di un evento. Il Punto di Scelta sarebbe la possibilità d’apertura di un varco, un qualcosa che ci permette di effettuare un salto quantico da una sequenza di effetti già sperimentata ad una nuova sequenza dall’esito differente. È come se la stessa storia fosse stata scritta prevedendo finali diversi: ad un certo punto ci troviamo nella biforcazione multipla che ci permette di imboccare un risultato piuttosto che un altro.

Braden sospetta che queste possibilità siano collegate al concetto di multidimensionalità: il nostro mondo è fatto della stessa sostanza, cioè di pacchetti di luce che vibrano a velocità differenti e che sul nostro piano tridimensionale si muovono lentamente dando forma, secondo vibrazioni diverse, ma sempre tendenzialmente lente, alla vita minerale, vegetale, animale, umana. Il resto dell’universo, che vibra a velocità sempre più elevate, sfugge alla nostra percezione e dà forma a piani dimensionali diversi, in cui forse, per Braden, potrebbero esistere le possibilità multiple,

ossia, l'esistenza di molti futuri possibili per ciascun momento della nostra vita e di come noi scegliamo quale futuro sperimentare, ma, il più delle volte, lo scegliamo inconsapevolmente.

Ognuno di questi futuri è in stato di riposo, in attesa di essere svegliato dalle nostre scelte fatte nel presente. Il Codice Isaia descrive accuratamente queste possibilità, in un linguaggio che solo ora cominciamo a capire. Gregg Braden, prendendo il via, appunto, dalla dichiarazione del manoscritto, con esempi semplici e chiari ci fa comprendere com’è possibile, attraverso una semplice tecnologia conosciuta in tutto il mondo con il nome di “Preghiera”, ottenere cose straordinarie oltre ogni umana immaginazione, quando applicata correttamente.

Un modello "perduto" di preghiera, che è quantico!

I manoscritti trovati nel Mar Morto, sono di notevole importanza per l'umanità dormiente, che ancora oggi, molti vivono ancora in balia di forze casuali spirituali, consegnando il potere del suo destino nelle mani di qualsiasi altro essere, tranne se stessa.

Questa tecnologia in uso in tempi remoti, poi dispersa nel IV secolo a causa della sparizione e distruzione di testi rari e relegati in scuole misteriche, sta oggi ricomparendo dopo il ritrovamento dei rotoli del Mar Morto. I testi Esseni ci fanno comprendere come nelle mani dell'umanità sia racchiuso un enorme potere, che aspetta di essere utilizzato.

Spiega come scegliere quale futuro vogliamo sperimentare, in buona coscienza, rivelando le chiavi sul nostro ruolo di creatori della nostra realtà. Tra queste chiavi ci sono le istruzioni che la moderna scienza quantistica suggerisce come il potere di guarire i nostri corpi, creare la pace duratura nel mondo e persino prevenire le tragedie climatiche che l'umanità potrebbe affrontare.

In che cosa consiste questa tecnologia della preghiera e su quali basi poggia per essere efficace?

Gregg Braden afferma che esiste la possibilità che ci sia un nuovo campo di energia accessibile e che il nostro DNA è in comunicazione con i fotoni, attraverso questo campo. La chiave per ottenere un risultato, tra i tanti possibili già esistenti, risiede nella nostra capacità di sentire che la nostra scelta è già stata creata e sta già accadendo. Vedendo la preghiera in questo modo, come sentimento, ci porta a trovare la qualità di pensiero e di emozione che producono questa sensazione: vivere come se il frutto della nostra preghiera sia già sulla strada.

Da questo punto di vista, la nostra preghiera, sulla base di sentimenti, non è più di "ottenere qualcosa" ma diventa "l’accesso", il risultato desiderato, che è già stato creato. Con le parole del suo tempo, gli Esseni - i primi sospettati di essere i responsabili per la conservazione della conoscenza originaria - ci ricordano che ogni preghiera è stata già esaudita. Qualsiasi risultato che possiamo immaginare e ogni possibilità che siamo in grado di concepire, è un aspetto della creazione che è stato già creato ed esiste nel presente in uno stato "dormiente" di possibilità. Così, il futuro non è deterministicamente stabilito, ma può anche essere modificato.

Gli Esseni avevano una visione olistica della vita e, appunto per questo motivo, consideravano gli squilibri della terra come specchio degli squilibri del corpo fisico dell'uomo. Anche le catastrofi naturali, i cambiamenti meteorologici, sono specchi di grandi cambiamenti che stanno avvenendo nella coscienza umana.

Il fatto che la nostra concentrazione possa focalizzare un avvenimento piuttosto che un altro, è pure consono alle scoperte della nuova fisica, che ammette che l'esperimento, o anche la sola osservazione dello scienziato, modifichi la realtà.

Tutto ciò, in fondo, porta alla conclusione che esiste un nesso profondo tra i nostri pensieri collettivi, i nostri sentimenti e le nostre aspettative e la realtà esterna. Questo modo di pensare era connaturato alla visione della vita degli Esseni, come si rileva dai Vangeli esseni di 2.500 anni fa, i quali riflettono l'idea che gli eventi esteriori sono il riflesso delle nostre più profonde credenze interiori. Ciò che vogliamo deve realizzarsi contemporaneamente nel pensiero, nel sentimento e nel corpo.

Le tre Chiavi importanti che fanno funzionare:

Il PENSIERO deve essere il sistema di guida che indirizza le nostre emozioni. Il pensiero, anche sotto forma d’immaginazione, determina dove dirigere l'attenzione e l'emozione.

L'EMOZIONE è l'energia che ci fa percorrere la direzione voluta, è "la fonte di potere." Per Braden, all'estremo esistono solo due emozioni: l'amore e la sua mancanza, spesso identificata con la paura. Quindi, se non siete in amore, siete nella paura. E la paura attira sempre quello che si teme.

Il SENTIMENTO è l'unione di pensiero ed emozione; infatti, per provare un sentimento dobbiamo avere un'idea e un'emozione. Ora, il sentimento, è la chiave della preghiera, perché la creazione risponde al mondo del sentire umano - afferma Braden.

Per prima cosa, quindi, diventa importante capire ed essere coscienti dei pensieri e delle emozioni rappresentati dai nostri sentimenti, perché, talvolta, si esprimono pensieri che sottendono emozioni diverse da quello che affermiamo, e finiamo così per realizzare effetti indesiderati, o facciamo in modo che la nostra preghiera non funzioni. I pensieri, in se stessi, possono veicolare delle aspettative, ma rimangono desideri potenziali e quindi inerti se non sono accompagnati dal potere dell'emozione. Spesso, però, l'emozione che accompagna un desiderio, cammina in direzione inversa al nostro desiderio, ma noi non ne siamo coscienti.

Se, per esempio, desidero una salute migliore, sotto il pensiero del miglioramento c'è la paura della malattia, della poca salute che ho, e quest'emozione dà potere proprio a ciò che temo: la malattia. Anche a livello di pensiero, dicendo "migliore", implicitamente mi focalizzo sul "non abbastanza"; e se pensiamo di non avere abbastanza, inconsciamente ci sentiamo miseri, angosciati.

Ricordiamo la frase del Vangelo "Chiunque cerchi di proteggere la propria vita la perderà".

Ciò potrebbe appunto significare che, chiunque cerca di difendersi da tutto ciò che può influire negativamente sulla propria vita, finisce col focalizzare l'attenzione su ciò che vuol evitare, attirandolo.

Braden dice che "noi immergiamo, nelle possibilità della creazione, un sentimento in forma d’immagine, quel tanto di energia che basta affinché si sviluppi una nuova possibilità. La chiave di questo sistema, però, è che la creazione restituisce precisamente ciò che la nostra immagine aveva mostrato”.

L'immagine indica la zuppa della creazione dove abbiamo posto la nostra attenzione. L'emozione che colleghiamo all'immagine, attrae la possibilità di quest'immagine.

Quando non vogliamo qualcosa - un'emozione basata sulla paura - la nostra paura in realtà alimenta ciò che diciamo di non volere. E lo otteniamo.

Non devo avere paura. La paura uccide la mente. La paura è la piccola morte che porta con sé l’annullamento totale. Guarderò in faccia la mia paura. Permetterò che mi calpesti e mi attraversi. E quando sarà passata, aprirò il mio occhio interiore e ne scruterò il percorso. Là dove andrà la paura non ci sarà più nulla. Soltanto io ci sarò. (Dal film Dune)

Il Potere Perduto -Capitolo IX

Un campo dove abitano i pensieri – Capitolo 9


Fonte: Gregg Bradden - Effetto Isaia

domenica 10 gennaio 2021

Os sonhos são projetos, não desejos!

 


Se seus sonhos forem desejos e não projetos de vida, certamente você levará para a sepultura seus

conflitos. Sonhos sem projetos produzem pessoas frustradas, servas do sistema.

Vivemos numa sociedade consumista, numa sociedade de desejos, e não de projetos existenciais. Ninguém planeja ter amigos, ninguém planeja ser tolerante, superar fobias, ter um grande amor. Tantos estão à procura do grande amor e encontrá-lo é possível. Só não se deve esquecer, jamais, que você poderá ter o melhor parceiro ao seu lado, mas será infeliz se não tiver um romance com a própria vida. Contudo, para alcançá-lo, terá de deixar de ser escravo dos padrões de beleza do sistema, se amar intensamente aceitando-se como se é.

Muitos dançam sobre o solo,

Mas não na pista do autoconhecimento.

São deuses que não reconhecem seus limites.

Como poderão se achar se nunca se perderam?

Como serão humanos se não se aproximam de si?

Quem são vocês? Sim, digam-me, quem são?

Quem é você? Qual é o seu GRANDE sonho? (O Vendedor de sonhos)

Muitos ficam constrangidos, não sabem responder quem são nem qual é o seu grande sonho. Vários homens bem-trajados, em especial aqueles que não dançam no solo mas se colocam na posição de críticos, ficam atordoados, diante de perguntas tão simples, mas tão penetrantes.

Diariamente vivem vidrados na cotação do dólar, nas cotações da bolsa de valores, em técnicas de liderança empresariais, em carros, hotéis, mas muitos jamais dançaram na pista do autoconhecimento, jamais caminharam no território psíquico.

Como poderia uma pessoa sem sonhos proteger a sociedade, a não ser que fosse um robô ou uma máquina de prender? Como um professor sem sonhos pode formar cidadãos que sonham em ser livres e solidários?

Sem filosofar a vida, se vive na superfície. Não se percebe que a existência é como os raios solares que despontam solenemente na mais bela aurora e se despedem fatalmente no ocaso.

Não poucas pessoas consumam muito, mas são autômatas, robotizadas, vivem sem propósitos, sem significado, sem metas, estéril por dentro, não se engravidam de novas idéias. São como especialistas em obedecer a ordens e não em pensar, o que faz aumentar o índice de transtornos psíquicos.

Não existem trajetórias sem percalços, nem oceanos sem tormentas. Conquistas sem riscos, são sonhos sem méritos. Ninguém é digno dos sonhos se não usar suas derrotas para cultivá-los.

Se o acaso for nosso deus e os acidentes, nossos demônios, seremos infantis. Não existem vítimas do sistema mas cada um é autor da sua própria história.

Se você achar que para você, o destino é algo já pré-determinado, assim será. Nesse caso, você se entrega voluntariamente, nas mãos de outros, não importa de quem, e se torna um barco que navega com o arbitrio das ondas. Se, ao contrário, você reconhece que é criador do seu destino, aí então, você assume conscientemente a responsabilidade de tudo que lhe acontece e lutará com as ondas na tentativa de governar o próprio barco.

Mas fique atento! Você obterá sempre, aquilo que escolher.

O pensamento influencia fortemente o destino do homem, tanto quanto as ações concretas. Quando pensamos em algo, a frequência da energia dos nossos pensamentos se sintoniza em uma determinada zona da Mente Universal que permeia tudo que existe neste mundo. Passando através do corpo do homem, essa energia é modulada pelo pensamento e na saída, assume parâmetros correspondentes ao pensamento. Logo, as circunstâncias da vida se formam, não somente pelas ações concretas, mas, também, por efeito do caráter dos pensamentos de uma pessoa.

Se tiver uma postura hostil para com o mundo, esse mundo lhe responderá do mesmo modo. Se você for habituada a exprimir perenemente insatisfação, você irá encontrar, cada vez mais, motivo para se sentir insatisfeito. Ao contrário, uma postura sempre positiva, poderá mudar para melhor a sua vida, de uma forma natural.

O homem obtém sempre aquilo que escolhe, quer aceite ou não. Se existe algo na sua vida que você não deseja, você pode escolher de mudar, mas antes você deve aceitar a coisa indesejada como uma criação sua, a qual decidiu que não lhe serve mais.

Não lute contra o indesejável. Ele vai se agarrar ainda mais em você!

Jamais lutar contra aquilo que você não gosta. Não se ire, não julgue mal nem perca o controle por uma fatalidade ou algo que você julga ruim. Lutar com toda força contra algo que não se quer, equivale a investir energia e atenção naquilo, e dessa forma, a coisa indesejada se materializará, fatalmente, na sua vida. Aceite-a como escolha sua, e diga adeus.

Cada manifestação de não aceitação, é uma emissão de energia com efeito bumerangue. As pessoas, geralmente, não têm uma ideia clara quanto aquilo que quer, mas sabem muito bem daquilo que não querem. Mirando a evitar fatos, coisas ou pessoas indesejáveis, muitos agem de modo tal a obter exatamente o contrário.

É preciso aprender a renunciar. Para renunciar, é preciso antes aceitar. Aceitando, você se sente livre de julgamentos e compreende que as ocorrências, por si mesmas, não são nem boas nem ruins. Elas são simplesmente o que são. Sem significados próprios, senão aqueles que você decide dar a elas. Dessa forma você decide, livremente de manter a ocorrência in-desejada ou deixá-la passar.

Prosperidade e Abundância - Pensar positivo melhora a qualidade da vida – Cap. XIII


Fonte: O Vendedor de Sonhos-Transurfing

sabato 11 luglio 2020

Non c’è realtà su cui non si possa intervenire




Secondo la fisica quantistica tutti noi siamo parte di una realtà che creiamo man mano che la osserviamo. Per questo è possibile anche modificarla.

A partire dal lavoro del neurochirurgo Karl Pribran, si è fatta l’ipotesi che il nostro cervello processi la realtà come se fosse un ologramma: come la luce laser attiva una memoria statica che prende forma, così noi, che siamo un insieme di cellule che emette energia, osservando e pensando attiviamo l’ologramma del reale, ovvero le memorie presenti non solo nel nostro campo morfogenetico personale, bensì anche quelle registrate nel più ampio campo elettromagnetico di cui siamo parte. In ogni istante, in quanto osservatore, proiettiamo all’esterno le nostre intenzioni emotive e di pensiero.

Dal fatto che quello che vedo lo sto costruendo nel mio cervello consegue che non c’è realtà su cui non si possa intervenire: attraverso il mio pensiero, che è il laser che fa emergere l’ologramma, io posso cambiare la realtà. Un’esperienza comune è quella di pensare intensamente a qualcosa che poi accade: visualizzare un parcheggio e focalizzarci su dei posti liberi che poi troveremo o immaginare nel dettaglio una serata con un certo tipo di ambiente e persone e trovare poi una situazione molto simile nella realtà. Chi la prova, sperimenta il potere dell’immaginazione capace di creare un pezzo di realtà che poi si ripresenta fuori.

Perché allora la realtà non corrisponde sempre a come vorremmo che fosse?
Perché il cervello, attraverso i suoi diversi campi elettrici detti “stati mentali”, elabora i dati e crea ciò che percepiamo come realtà. Noi creiamo la realtà in riflesso al sentimento profondo che abbiamo di noi stessi. Ciò significa che il mondo che osserviamo esterno a noi è il riflesso di ciò che, inconsapevolmente, processiamo a livello del subconscio e dell’inconscio collettivo.
Non corrisponde a ciò che desideriamo a livello del conscio poiché influisce in minima parte. Per questo, crearci una realtà come il trovare un parcheggio e passare una serata gratificante è più facile che cambiare realtà più complesse come il lavoro e il rapporto con il partner. Le prime situazioni sono gestite a livello completamente conscio ma se io, pur desiderando guadagnare tanti soldi, ho radicata in me la convinzione che i ricchi sono persone corrotte, o se desidero una promozione ma ho instillato in me l’idea di non potercela fare mai, nulla potrà accadere perché lo “stato mentali” del mio cervello sta elaborando i dati che si stanno muovendo in direzione contraria. In quello che credo nel profondo dell’inconscio. Sciogliere il velo di separazione tra questi diversi aspetti dell’elaborazione di noi stessi e del mondo, rappresenta l’unica via per creare volontariamente e consapevolmente il mondo, la vita e il noi che vorremmo essere.

Siamo noi a determinare ciò che si verificherà e sperimenteremo nella nostra vita
Secondo la fisica quantistica, potenzialmente coesistono infinite possibilità. Tutto può accadere. La probabilità che qualcosa avvenga (in termini tecnici quando avviene il collasso della funzione d’onda) è strettamente legata all’atto di osservazione che diventa coerente con ciò che prevediamo di vedere. Quando osserviamo e “scegliamo” uno specifico risultato, tutte le altre possibilità diventano incoerenti rispetto a ciò che vediamo e si auto-escludono. Siamo noi a determinare ciò che si verificherà e sperimenteremo nella nostra vita sulla base del nostro punto di osservazione. Quando iniziamo a guardare il mondo da molti più punti di visti che vanno oltre le credenze limitanti, iniziano a manifestarsi nuovi eventi, situazioni e sincronismi.

Abbiamo reso manifesto il nostro universo, lo abbiamo fatto sempre, solo che non ne eravamo consapevoli.
Ma allora come è possibile farlo se non ne siamo consapevoli? Osservando, prestando attenzione. Ciò su cui una persona si focalizza è ciò che apparirà nella sua vita, nel suo mondo. Il fatto è che siamo noi coloro che lo stanno creando: noi stiamo osservando le entità subatomiche che rendono solide le onde di energia per diventare la materia del nostro mondo. Questo significa che le cose che desideriamo possono manifestarsi, ogni volta che cambiamo il nostro punto di osservazione. Per manifestare grandi cambiamenti è sufficiente iniziare ad osservare il mondo focalizzandoci su quello che desideriamo. Se poi all’osservazione segue l’azione consapevole, gli effetti diventano sempre più evidenti e visibili a tutti.

Non potremmo neanche immaginare un universo che non contenesse degli osservatori, perché i mattoni stessi dell’universo sono questi atti di osservazione partecipata”.John Wheeler
Esperimento sostiene che la realtà è la risultanza fra osservatore ed osservato. Ciò significa che l’universo esiste perché vi è un osservatore, significa che il sistema di credenze dell’osservatore determina l’esistenza della realtà nella forma in cui egli crede che sia.
Percepiamo un mondo che prende forma in pochi centimetri cubici del nostro cervello, un piccolo luogo dove facciamo esperienza della vita, un luogo dove la percezione modella un mondo personale. Ogni singolo impulso elettrico dei tuoi sensi (e sono milioni al secondo) costruisce la tua sensazione di essere umano, la tua esperienza di vita. Ma l’esperienza avviene dentro te, non fuori. Fuori non c’è nulla.
...non esiste niente, solo del fumo, niente di vero… Vasco Rossi – Dannate Nuvole

L’onda probabilistica è basata sul nostro modello di coscienza
Fondamentalmente il nostro universo è un artefatto. In sostanza la coscienza è il fattore x che viene trascurato in tutti quanti gli esperimenti, ma che spiega la maggior parte degli effetti osservabili in fisica quantistica. L’onda probabilistica è basata sul nostro modello di coscienza. Ciò significa che se espandiamo il modello della nostra realtà personale, i risultati cambiano e in modo esponenziale.
Se vogliamo a tutti i costi che qualcosa accada, ci situiamo nella realtà in rapporto all’informazione od oggetto in questione. Ma quando espandiamo la nostra consapevolezza dall’interno del nostro cuore, sfrecciando là fuori, siamo momentaneamente svincolati dai limiti della coscienza e trascendiamo la barriera della dimensione spazio temporale.
Cambiare il modo in cui percepiamo la realtà trasforma l’oggetto della nostra osservazione, che a sua volta provoca l’immediata trasformazione del risultato finale!

L’universo esiste come un infinito di possibilità sovrapposte
Nel 1927, Niels Bohr e Werner Heisenberg definirono una loro interpretazione nota come l’Interpretazione di Copenaghen che afferma che l’universo esiste in quanto numero infinito di possibilità sovrapposte. Secondo la loro teoria, esse non si collocano in ciò che definiamo né uno spazio né uno stato di esistenza, ma sono presenti tutte contemporaneamente in uno stato potenziale. L’atto di una persona che osserva quei possibili potenziali, determina l’attivazione di quello sul quale è focalizzato, cioè, quello che pensa o si aspetta di vedere.

Nel 1957, Hugh Everett III della Princeton University, propose un’ulteriore teoria che gode di maggior popolarità e sostegno, quella degli universi paralleli, specificando inoltre che tutte le infinite possibilità si realizzano e accadono simultaneamente e, poiché ognuna accade nel proprio spazio-tempo, non può essere “vista” contemporaneamente dalle altre.

Roger Penrose, noto fisico e matematico britannico, aggiunge un ulteriore ingrediente alle teorie sulla realtà - la gravità. Questa teoria offre una possibile risposta al perché, essendo tutte contemporaneamente in divenire, noi ne percepiamo una soltanto: poiché ogni realtà potenziale richiede molta energia per potersi manifestare nel mondo della materia, tutte collassano a favore di una, che prendendosi tutta l’energia a disposizione diventa l’unica realtà.
Fra tutte le teorie alternative sulla realtà, la fisica quantistica è quella che fornisce maggiori possibilità di comprensione dell’esistenza.

La vibrazione è l’informazione che modella ogni cosa
Bisogna considerare, però, che un secolo è un tempo troppo piccolo rispetto alla storia complessiva dell’uomo per determinare un cambio radicale del modello di pensiero collettivo. È probabile che occorrano diverse generazioni affinché queste nuove consapevolezze divengano parte integrata del sapere collettivo e, di riflesso, del patrimonio genetico dell’umanità. È parte del processo di evoluzione complessivo.

La mente produce l’informazione, il corpo la tramuta in sensazione e la vibrazione che ne scaturisce manifesterà un riscontro preciso, osservabile e misurabile, nel mondo circostante.
Facciamo parte tutti di uno stesso organismo, e tutti noi siamo i suoi diversi punti di osservazione/proiezione. Ma questo macro organismo ci lascia liberi di agire, di vibrare alle frequenze che deliberatamente scegliamo se preferisci, e di manifestare realtà. Noi scegliamo la pellicola e lui ci fornisce il necessario per manifestarla, osservarla, e per farne esperienza.
Questa consapevolezza ti offre la tua prima vera libertà: quella di scegliere consapevolmente, in maniera autonoma e in stato di veglia celebrale la realtà che vorrai costruire da adesso in avanti.

Ogni cosa che vedi, che non vedi, che senti, che non senti, che percepisci… TUTTO, è energia vibrante. Siamo esseri vibrazionali inseriti in un universo vibrazionale. La vibrazione è l’informazione che modella ogni cosa. La legge della Vibrazione afferma quindi che tutto vibra e che noi esseri umani siamo in grado di plasmare la realtà attraverso le vibrazioni che offriamo.
L’intera umanità, ogni singolo individuo che ne fa parte, è fautore e responsabile del tempo presente che sta vivendo, della realtà che sta creando.

Il segreto della salute fisica e mentale non sta nel lamentarsi del passato, nè del preoccuparsi del futuro, ma nel vivere il momento presente con saggezza e serietà. La vita può avere luogo solo nel momento presente. Se lo perdiamo, perdiamo la vita. L’amore nel passato è solo memoria. Quello nel futuro è fantasia. Solo qui e ora possiamo amare veramente. Quando ti prendi cura di questo momento ti prendi cura di tutto il tempo. (Buddha)




martedì 19 marzo 2019

La nostra realtà è una costruzione del cervello




La complessa relazione tra osservabile, processo di misura e osservatore è stata a lungo oggetto di dibattito nella comunità scientifica e ha dato luogo, nella storia, a diverse interpretazioni – la prima delle quali, e la più famosa, è stata la cosiddetta interpretazione di Copenaghen, formulata a metà degli anni cinquanta a partire dai lavori di Niels Bohr e Werner Heisenberg.

Secondo l’interpretazione di Copenaghen, domande come “dov’è una particella quantistica prima di misurarne la posizione” sono prive di senso, in quanto, per l’appunto, la posizione di una particella non è determinata finché non la si misura, e anzi, il processo di misura concorre a determinarla. Oggi un nuovo studio, pubblicato in pre-print su ArXiv, condotto da un’équipe di scienziati della Heriot-Watt University a Edinburgo, si è aggiunto alla lista di esperimenti specificamente progettati per chiarire il ruolo dell’osservatore nel processo di misura e in particolare il suo rapporto con la realtà. Si tratta della versione reale di un esperimento ideale proposto per la prima volta da Časlav Brukner, fisico teorico dell’università di Vienna.

“Prendete un pallone. Da calcio, da basket, da pallamano; non importa. Sparatelo con un cannone e riprendete la scena con telecamere ad altissima definizione. Ora riesaminate il video al computer e se siete stati abbastanza accurati, riuscirete senza dubbio a portare a termine il processo di misura in modo più che soddisfacente, con ottima approssimazione, con quelli previsti dalle equazioni dei modelli teorici che descrivono il moto del pallone. E potete star certi che il pallone, con o senza telecamere, avrebbe percorso esattamente la stessa traiettoria con le medesime caratteristiche. In altre parole, ai sistemi macroscopici poco importa chi li sta osservando, e come lo sta facendo. O ancora, riprendendo un motto spicciolo da libro di filosofia dell’autogrill, “un albero che cade nella foresta fa rumore eccome, anche se non c’è nessuno ad ascoltarlo”.

Ora, rimpicciolite il pallone fino a farlo diventare un oggetto quantistico (un elettrone, un fotone; non importa) e ripetete l’esperimento con un mini-cannone e una mini-telecamera. Vi accorgerete che non riuscirete più a concludere la misura come prima. Perché la vostra mini-telecamera perturberà irrimediabilmente la traiettoria del mini-pallone, diventando di fatto parte integrante e attiva dell’esperimento

È uno dei capisaldi più sottili e controintuitivi della meccanica quantistica, di quelli che mettevano a disagio perfino Albert Einstein: il processo di misura – e con esso l’osservatore che la compie – non è in alcun modo scindibile dall’oggetto misurato. Di più: il processo di misura è addirittura distruttivo, nel senso che perturba irrimediabilmente e irreparabilmente l’osservabile. “Un albero (quantistico) che cade nella foresta fa un rumore diverso a seconda di chi lo ascolta e di come lo ascolta”.

La realtà, una creazione della nostra mente
È possibile vedere, udire, odorare, esperire qualcosa che non esiste nella realtà oggettiva, ma che è unicamente il frutto della nostra mente?
È possibile vedere cose che non ci sono, udire cose che non esistono, odorare profumi che paiono scaturiti da un misterioso altrove; insomma: è possibile, ed è razionalmente ammissibile, fare esperienza di immagini, suoni, odori, relativi a oggetti che non sono presenti, che non esistono se non nella coscienza dell’io soggettivo, ma che restano invisibili e sconosciuti agli altri?

Sappiamo che casi del genere si verificano, e anche abbastanza frequentemente; e sappiamo che sono stati descritti non solo da persone assolutamente comuni, ma anche da eminenti studiosi: filosofi, psicologi, scienziati;
Santa Giovanna D’Arco udiva le “voci”: ma nessun altro le udiva. Da dove venivano? Secondo i suoi giudici, a Rouen, venivano dal demonio: e tale argomento fu rivolto contro lei, contribuendo alla sua condanna per stregoneria.

Ora, la domanda che ci poniamo non è se possano darsi delle realtà oggettive che solo alcuni esseri umani, in particolari circostanze, sono in grado di percepire: domanda alla quale la risposta non può essere che affermativa, se non altro per analogia con quanto osservato in presenza di animali che vedono, odono, odorano cose che gli umani non percepiscono affatto, ma che poi si rivelano perfettamente vere. Il nostro cane salta giù dalla sedia (dalla quale, peraltro, non si può vedere attraverso le finestre), si agita e scodinzola quando l’automobile di un amico si sta ancora avvicinando, giù in strada, e prima che sia giunta davanti alla casa, che si sia fermata, e che l’amico ne sia disceso. Si tratta di una esperienza comunissima, quasi banale per coloro i quali vivono con un animale domestico, specialmente con un cane. Allo steso modo, è noto che gli animali, e non solo quelli domestici, ma anche e soprattutto quelli selvatici, sentono l’avvicinarsi di un terremoto, di una inondazione e di altri simili catastrofi naturali, entrano in agitazione, e questo molte ore prima che l’evento disastroso si verifichi.

Ma la domanda é: sarebbe possibile che le esperienze relative a cose che non ci sono, siano da collegarsi non già con il manifestarsi di eventi che solo alcuni esseri viventi percepiscono, ma con una realtà interiore che è propria di ciascuno, e che filtra, per così dire, la realtà esterna, la modifica, la ricrea e, alla fine, la rende percepibile in maniera radicalmente diversa da come era in origine?
È possibile che la realtà in se stessa, la cosa in sé kantiana, sia per noi inconoscibile, del tutto misteriosa, mentre quella che conosciamo e che esperiamo ogni giorno, ogni minuto, è un’altra cosa, ovvero una perenne creazione della nostra mente, della nostra coscienza, la quale, se pure nasce da un “noumeno” a noi precluso, procede poi per vie sue proprie, al punto che è impossibile dire se si tratti di una modificazione della realtà o di una realtà a sé stante, di tante realtà quanti sono gli atti della conoscenza: il vedere, l’udire, l’odorare, eccetera, da parte di tanti soggetti diversi quante sono le creature viventi e quanti sono gli eventi della loro vita psichica?

Ebbene noi riteniamo che non solo ciò sia possibile, ma che sia la condizione normale del nostro rapporto con la cosiddetta realtà esterna: e i casi-limite, come quello narrato da Carl Gustav Jung, mentre egli era in visita ai monumenti tardo-antichi di Ravenna, nel 1934, ci offrono una spiegazione più convincente, perché maggiormente esplicita, della universalità del soggettivismo conoscitivo. Jung si recò da Alinari per comprare le fotografie dei mosaici, vista precedentemente nella visita a Ravenna, che rappresentava Cristo che tendeva la mano a Pietro, mentre questi stava per affogare nelle onde. “Ho conservato un chiarissimo ricordo del mosaico di Pietro che affoga, e ancora oggi posso vederne ogni dettaglio: l’azzurro del mare, le singole tessere del mosaico, i cartigli con le parole che escono dalle bocche di Pietro e di Cristo, e che tentai di decifrare. Appena lasciato il battistero mi recai subito da Alinari per comprare le fotografie dei mosaici, ma non potei trovare. Il tempo stringeva – si trattava solo di una breve visita – e così rimandai l’acquisto a più tardi: pensavo di poter ordinare le riproduzioni da Zurigo. Quando ero di nuovo in patria, chiesi a un mio conoscente che andava a Ravenna di procurarmi le riproduzioni, Naturalmente non poté trovarle, perché poté constatare che i mosaici che io avevo descritto non esistevano!”

Di questo strano episodio, che lo colpì moltissimo, Jung tenta di dare una spiegazione razionale basata sui meccanismi dell’inconscio. Secondo lui, l’”anima” è una personificazione dell’inconscio, impregnata di storia e preistoria, e rappresenta tutta la vita del passato che è ancora viva nell’individuo. Nel confronto con la propria “anima”, Jung racconta di essere stato vicino a perdersi, ad annegare, come stava accadendo a San Pietro allorché questi aveva tentato di raggiungere Gesù camminando sulle acque; ma ne era uscito indenne e l’integrazione dei contenuti inconsci lo aveva aiutato a ricostituire l’equilibrio della propria personalità. Egli conclude affermando che non si può descrivere ciò che accade allorché la coscienza si integra con l’inconscio, lo si può solo esperire; e che dopo l‘esperienza di Ravenna, egli si persuase che un fatto interno alla coscienza può apparire esterno ad essa, e viceversa.

Allora, domandiamoci: che cosa vediamo, quando crediamo di vedere? Che cosa udiamo, quando crediamo di udire, e poi constatiamo che avevamo visto e udito cose che non esistono nella “realtà”? Ci sembra che esperienze come quella descritta da Jung, e da tanti altri, si prestino semmai a una chiave di lettura più radicale, più conforme alle teorie di George Berkeley: noi non vediamo e non udiamo le cose che sono “fuori” di noi, ma quelle che sono “dentro” di noi: perché sono TUTTE dentro di noi. Quello che è fuori, è fuori; e noi non potremmo saperne nulla. Quello che percepiamo, lo percepiamo perché avviene nella nostra mente, viene elaborato dalla nostra coscienza.
Non vogliamo con ciò negare che esista una base oggettiva del nostro conoscere, perché, se così fosse, vivremmo in un perenne manicomio, in cui non esisterebbe alcun dialogo possibile con i nostri simili. Neghiamo soltanto che tale base determini la nostra esperienza. Quello che sono le cose in se stesse, noi non lo sappiamo e non lo sapremo mai. Eppure c’è una maniera per giungere alla realtà delle cose in se stesse; ma si tratta, appunto, di una via extra-razionale (e sovra-razionale): l’esperienza mistica dell’unione con l’essere. Noi siamo parte dell’essere, e quello che riguarda noi, nasce dall’essere. Il nostro errore è quello di crederci separati, di essere delle realtà indipendenti: ma è un errore della mente. Per superare tale errore, bisogna lasciar andare i meccanismi della mente, le sue certezze, le sue operazioni. Quando ci lasciamo portare dalla corrente dell’essere, le barriere cadono e la realtà ci si presenta quel è veramente: un tutto unico, di cui noi siamo parte. Non ci sono più un prima e un dopo, un tempo e uno spazio, un dentro e un fuori: tutto è contemporaneamente vivo e presente.

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martedì 1 maggio 2018

Riflettendo sul senso della nostra esistenza.





Riflettendo sul senso della nostra esistenza.

La realtà è una illusione molto persistente.” A. Einstein

Sull'orlo dell'abisso
Oggi più che mai ci accorgiamo che scienza e filosofia sono divenute indissolubili. Le scoperte scientifiche giungono inevitabilmente a rivoluzionare il nostro stato di cose e a migliorare la nostra condizione di vita.
Prima di chiederci il motivo per cui esistiamo dovremmo chiederci "dove siamo". Dove ci troviamo a esistere? Probabilmente troveremmo il filo conduttore che ci porterebbe ad una soluzione del nostro quesito.
In effetti ci siamo mai chiesti dove siamo? Cos'è il vuoto da cui è uscito l'universo e che oggi consente la sua continuità supportandolo attraverso sconosciute leggi che appartengono al mistero? Potremmo chiederci perché ci sia qualcosa invece di niente.

Nella Natura è tutto sempre ergonomico, per cui le sarebbe stato più facile non spendere alcuna energia destinata a creare l'universo e lasciare che non ci fosse altro che il "niente". Ma visto che c'è, cos'è questo "qualcosa" che c'è invece del niente? E che cosa siamo noi sul piano dell'Io consapevole che possiamo riflettere lo straordinario evento che è lo Shan? (Una esperienza che gli antichi druidi avevano identificato in una qualità non concettualmente descrivibile. Uno stato dell'esistenza che per noi, individui dipendenti dai sensi dell'universo ordinario, è assolutamente invisibile e immateriale e a cui gli antichi druidi dei Nativi europei davano il nome di "Shan")

Potremmo essere solamente l'illusione di un niente?
Senza trascurare, in ultima analisi, l'ipotesi che potrebbe anche non esserci assolutamente nulla di quanto ci sembra di percepire. Noi potremmo essere solamente l'illusione di un niente che, per la legge riconosciuta dalla quantistica, sogna nel suo "falso niente energetico" di essere qualcosa che esiste. Ma i termini del problema non cambiano perché comunque noi abbiamo la sensazione di esistere. A meno che anche questo fatto non dipenda da una nostra familiarizzazione soggettiva della specie.
Ma questo vale per una disquisizione mentale come si può fare nel mondo maggioritario. In realtà, quando si riesce a raggiungere quella intuizione folgorante dello Shan, in un istante colmo di una certezza significativa, la consapevolezza di esistere è più che mai evidente.

Valutiamo la singolarità del fenomeno dell'esistenza che viviamo nella dimensione materiale creata dai sensi e dalla mente che abbiamo definito con il termine di "universo". Uno stato attuale di cose che si manifesta come il palcoscenico di un teatro, il "mondo delle libere esperienze di Abred" degli antichi druidi, su cui conduciamo la nostra rappresentazione di vita sino alla nostra morte.
Forse questo "teatro" rappresenta l'uovo cosmico o un utero generatore di vita degli antichi alchimisti, in cui abbiamo possibilità di prendere padronanza delle nostre potenzialità. Come accade per un bimbo che nel gioco della sua culla sviluppa la sua maturità futura.

Siamo comparsi all'improvviso in uno stato di cose che percepiamo e con cui interagiamo, lo stiamo vivendo con la nostra percezione ma poi è previsto che immancabilmente ne usciremo con l'esperienza della morte come è già deciso dal timer scritto nel nostro DNA. E ne usciremo senza sapere che cosa accadrà a ciascuno di noi.
Teniamo comunque conto che dalla nascita in poi abbiamo conquistato poco alla volta la coscienza di essere del nostro Io consapevole, che rispecchia nelle sue potenzialità il vuoto.

Il concetto di vuoto quantistico
Il concetto di vuoto, sia esso inteso come Nulla o come Tutto, si ritrova, differentemente mascherato, al centro delle più importanti questioni scientifiche e filosofiche di tutti i tempi. Il concetto di vuoto quantistico, seppur diversamente inteso e interpretato, rappresenta oggi il fondamento della fisica e della cosmologia moderna e la sua effettiva comprensione la chiave ultima per l’interpretazione della realtà.” Caligiuri

Possiamo prendere atto che, sebbene il corpo invecchi, al contrario l'Io consapevole mantiene la sua lucidità e si evolve. Può sembrare impensabile che una simile capitalizzazione vada perduta con l'uscita dall'universo materiale e non si unisca in qualche modo al vuoto primordiale.
Comprendere l'esistenza della qualità di vuoto citato dalla fisica quantistica potrebbe portarci ad un'altra valutazione della nostra esistenza nell'universo, consentendoci una migliore qualità di vita nel vissuto ordinario e prepararci ad affrontare idoneamente l'esperienza della morte.

Non sappiamo, e non abbiamo certezze in merito, se dopo la fine funzionale del corpo e della mente scompariremo in un niente oppure l'Io consapevole prenderà ad esistere nel Mistero. Ma tanto vale, per via dei prodromi percettivi che suggeriscono una possibile continuità della vita dopo la vita, non rimanere poi in definitiva lo sfrido inutile di un processo evolutivo andato fallito poiché negato a priori. Ma questo è un impegno dell'Io consapevole che dovrebbe cercare di disgiungersi come minimo dal mondo fittizio della mente e vivere il senso di una esperienza che non sia raccontata da altri, ma che sia vissuta e verificata in prima persona.

Sicuramente in questa maniera si potrebbe trovare l'agognata risposta sul senso della nostra esistenza. Ne guadagnerebbe anche la vita ordinaria, uscendo dalle ipoteche della mente e dalla sofferenza psicologica, conquistando, con le potenzialità raggiunte dell'Io consapevole, la nostra vera identità.

Non dimentichiamo che per quanto ci consideriamo dei liberi pensatori noi viviamo spesso soggetti al plagio e alle morali del visibile, ignorando la logica del Vuoto che è basata sull'armonia delle cose che può portare al benessere e alla conoscenza. Andare contro questa logica non si trova, inevitabilmente, altro che sconforto e sofferenza (di Giancarlo Barbadoro).

Modulare la realtà che Vogliamo
La vita è uno specchio. Oggi la scienza dimostra che la realtà non è altro che il riflesso olografico ritardato delle nostre forme-pensiero. Lo specchio riflette ciò su cui si fissa maggiormente la nostra attenzionee quindi concentrando l’attenzione sul nostro fine, sentendolo emotivamente come un’esperienza possibile e vicina a noi, quell’intenzione si fonderà con le “idee” simili del Vuoto e farà sì che la nostra ‘forma-pensieroprenda in qualche modo forma nel palcoscenico del nostro mondo (che tanto tutto sta solo nella nostra mente). Avere un’immagine, un’intenzione chiara e focalizzata verso il fine da raggiungere, e viverlo emotivamente come se facesse già parte della mia vita, è la cosa più importante per modulare la realtà che Vogliamo.
In fondo, la vita è fatta di interpretazioni, significati assegnati sulla base delle emozioni provate, e di tutto ciò di cui mi circondo.. e cavolo, questo posso controllarlo!

Gli scienziati affermano che il Vuoto, ma anche la nostra mente, cerca di imparare dal mondo esterno-olografico attraverso l’esperienza, creando dei modelli di funzionamento del mondo esterno e cercando di prevedere come questo mondo esterno si comporterà in futuro.
Il Vuoto non dialoga direttamente con la nostra mente ma proietta in essa le componenti “elementari” delle sue “idee” e, quindi, dei “possibili futuri”.
Queste componenti elementari stimolano allora le analoghe componenti elementari di idee “simili” che stanno nella nostra mente, e che sono state tratte dalla nostra personale esperienza nel mondo olografico (ossia la dimensione reale che viviamo: il ‘piano energetico e relativo dell’esperienza’).

In pratica, le idee del Vuotoci arrivano alla mente come nostre ideestimolate, appunto, da idee del Vuotoperché esse sono simili” - ma non uguali” - proprio a quelle del Vuoto, e ciò semplicemente perché noi e il Vuoto abbiamo esperienze diverse.

Mente e vuoto non operano, quindi, nel mondo reale ma in questa proiezione del mondo reale, perciò tutti noi viviamo nei “multiversidella Coscienza che sono spazi di “possibili futuri” allo stesso modo in cui il “Vuoto” governa i “possibili futuri” immaginandoli e mettendone in pratica solo uno.

Capire queste peculiarità del funzionamento della mente e del vuoto è la chiave per leggere e interpretare mentalmente il linguaggio del vuoto.
Fonte: ukizero