Riflettendo
sul senso della nostra esistenza.
“La
realtà è una illusione molto persistente.” A. Einstein
Sull'orlo
dell'abisso
Oggi
più che mai ci accorgiamo che scienza e filosofia sono divenute
indissolubili. Le scoperte scientifiche giungono inevitabilmente a
rivoluzionare il nostro stato di cose e a migliorare la nostra
condizione di vita.
Prima
di chiederci il motivo per cui esistiamo dovremmo chiederci "dove
siamo". Dove ci troviamo a esistere? Probabilmente troveremmo il
filo conduttore che ci porterebbe ad una soluzione del nostro
quesito.
In
effetti ci siamo mai chiesti dove siamo? Cos'è il vuoto da cui è
uscito l'universo e che oggi consente la sua continuità
supportandolo
attraverso sconosciute leggi che appartengono al mistero? Potremmo
chiederci perché ci sia qualcosa invece di niente.
Nella
Natura è tutto sempre ergonomico, per cui le sarebbe stato più
facile non spendere alcuna energia destinata a creare l'universo e
lasciare che non ci fosse altro che il "niente". Ma visto
che c'è, cos'è questo "qualcosa" che c'è invece del
niente? E che cosa siamo noi sul piano dell'Io
consapevole che possiamo riflettere lo straordinario evento che è lo
Shan? (Una
esperienza che gli antichi druidi
avevano identificato in una qualità non concettualmente
descrivibile. Uno stato dell'esistenza che per noi, individui
dipendenti dai sensi dell'universo ordinario, è assolutamente
invisibile e immateriale e a cui gli antichi druidi
dei Nativi europei davano il nome di "Shan")
Potremmo
essere solamente l'illusione di un niente?
Senza
trascurare, in ultima analisi, l'ipotesi che potrebbe anche non
esserci assolutamente nulla di quanto ci sembra di percepire. Noi
potremmo essere solamente l'illusione di un niente che, per la legge
riconosciuta dalla quantistica, sogna nel suo "falso niente
energetico" di essere qualcosa che esiste. Ma i termini del
problema non cambiano perché comunque noi abbiamo la sensazione di
esistere. A meno che anche questo fatto non dipenda da una nostra
familiarizzazione soggettiva della specie.
Ma
questo vale per una disquisizione mentale come si può fare nel mondo
maggioritario. In realtà, quando si riesce a raggiungere quella
intuizione folgorante dello Shan, in un istante colmo di una certezza
significativa, la consapevolezza di esistere è più che mai
evidente.
Valutiamo
la singolarità del fenomeno dell'esistenza che viviamo nella
dimensione materiale creata dai sensi e dalla mente che abbiamo
definito con il termine di "universo". Uno stato attuale di
cose che si manifesta come il palcoscenico di un teatro, il "mondo
delle libere esperienze di Abred" degli antichi druidi,
su cui conduciamo la nostra rappresentazione di vita sino alla nostra
morte.
Forse
questo "teatro" rappresenta l'uovo cosmico o un utero
generatore di vita degli antichi alchimisti, in cui abbiamo
possibilità di prendere padronanza delle nostre potenzialità.
Come accade per un bimbo che nel gioco della sua culla sviluppa la
sua maturità futura.
Siamo
comparsi all'improvviso in uno stato di cose che percepiamo e con cui
interagiamo, lo stiamo vivendo con la nostra percezione ma poi è
previsto che immancabilmente ne usciremo con l'esperienza della morte
come è già deciso dal timer scritto nel nostro DNA. E ne usciremo
senza sapere che cosa accadrà a ciascuno di noi.
Teniamo
comunque conto che dalla nascita in poi abbiamo conquistato poco alla
volta la coscienza di essere del nostro Io consapevole, che
rispecchia nelle sue potenzialità il vuoto.
Il
concetto di vuoto quantistico
“Il
concetto di vuoto, sia esso inteso come Nulla o come Tutto, si
ritrova, differentemente mascherato, al centro delle più importanti
questioni scientifiche e filosofiche di tutti i tempi. Il concetto di
vuoto quantistico, seppur diversamente inteso e interpretato,
rappresenta oggi il fondamento della fisica e della cosmologia
moderna e la sua effettiva comprensione la chiave ultima per
l’interpretazione della realtà.”
Caligiuri
Possiamo
prendere atto che, sebbene il corpo invecchi, al contrario l'Io
consapevole mantiene la sua lucidità e si evolve. Può sembrare
impensabile che una simile capitalizzazione vada perduta con l'uscita
dall'universo materiale e non si unisca in qualche modo al vuoto
primordiale.
Comprendere
l'esistenza della qualità di vuoto citato dalla fisica quantistica
potrebbe portarci ad un'altra valutazione della nostra esistenza
nell'universo, consentendoci una migliore qualità di vita nel
vissuto ordinario e prepararci ad affrontare idoneamente l'esperienza
della morte.
Non
sappiamo, e non abbiamo certezze in merito, se dopo la fine
funzionale del corpo e della mente scompariremo in un niente oppure
l'Io consapevole prenderà ad esistere nel Mistero. Ma tanto vale,
per via dei prodromi percettivi che suggeriscono una possibile
continuità della vita dopo la vita, non rimanere poi in definitiva
lo sfrido inutile di un processo evolutivo andato fallito poiché
negato a priori. Ma questo è un impegno dell'Io consapevole che
dovrebbe cercare di disgiungersi come minimo dal mondo fittizio della
mente e vivere il senso di una esperienza che non sia raccontata da
altri, ma che sia vissuta e verificata in prima persona.
Sicuramente
in questa maniera si potrebbe trovare l'agognata risposta sul senso
della nostra esistenza. Ne guadagnerebbe anche la vita ordinaria,
uscendo dalle ipoteche della mente e dalla sofferenza psicologica,
conquistando, con le potenzialità raggiunte dell'Io consapevole, la
nostra vera identità.
Non
dimentichiamo che per quanto ci consideriamo dei liberi pensatori noi
viviamo spesso soggetti al plagio e alle morali del visibile,
ignorando la logica del Vuoto che è basata sull'armonia delle cose
che può portare al benessere e alla conoscenza. Andare contro questa
logica non si trova, inevitabilmente, altro che sconforto e
sofferenza (di Giancarlo Barbadoro).
Modulare
la realtà che
Vogliamo
La
vita è uno specchio. Oggi la scienza dimostra che la
realtà non è altro che il riflesso olografico ritardato delle
nostre forme-pensiero.
Lo
specchio riflette ciò su cui si fissa maggiormente la nostra
attenzione…
e
quindi concentrando l’attenzione
sul
nostro fine, sentendolo
emotivamente come un’esperienza possibile e vicina a noi,
quell’intenzione
si
fonderà con le “idee” simili del Vuoto e farà sì che la nostra
‘forma-pensiero’
prenda
in qualche modo forma nel palcoscenico del nostro mondo
(che
tanto tutto sta solo nella nostra mente). Avere un’immagine,
un’intenzione chiara e focalizzata verso il fine da raggiungere, e
viverlo
emotivamente come se facesse già parte della mia vita,
è la cosa più importante per modulare
la realtà
che
Vogliamo.
In
fondo, la vita è fatta di interpretazioni, significati assegnati
sulla base delle emozioni provate, e di tutto ciò di cui mi
circondo.. e cavolo,
questo posso controllarlo!
Gli
scienziati affermano che il Vuoto,
ma anche la nostra mente, cerca
di “imparare“
dal
mondo esterno-olografico attraverso l’esperienza, creando dei
modelli di funzionamento del mondo esterno e cercando di prevedere
come questo mondo esterno si comporterà in “futuro“.
Il
Vuoto non dialoga direttamente con la nostra mente ma proietta in
essa le componenti “elementari” delle sue “idee” e, quindi,
dei “possibili futuri”.
Queste componenti elementari stimolano allora le analoghe componenti elementari di idee “simili” che stanno nella nostra mente, e che sono state tratte dalla nostra personale esperienza nel mondo olografico (ossia la dimensione reale che viviamo: il ‘piano energetico e relativo dell’esperienza’).
Queste componenti elementari stimolano allora le analoghe componenti elementari di idee “simili” che stanno nella nostra mente, e che sono state tratte dalla nostra personale esperienza nel mondo olografico (ossia la dimensione reale che viviamo: il ‘piano energetico e relativo dell’esperienza’).
In
pratica, le
“idee
del Vuoto”
ci
arrivano alla mente come “nostre
idee”
stimolate,
appunto, da “idee
del Vuoto”
perché
esse sono “simili”
- ma
non “uguali”
- proprio
a
quelle del Vuoto, e ciò semplicemente perché noi e il Vuoto abbiamo
“esperienze
diverse“.
Mente
e vuoto non operano, quindi, nel mondo reale ma in questa “proiezione
del mondo reale“,
perciò tutti noi viviamo nei “multiversi”
della
Coscienza che sono spazi di “possibili futuri” allo stesso modo
in cui il “Vuoto” governa i “possibili futuri” immaginandoli
e mettendone in pratica solo uno.
Capire
queste peculiarità del funzionamento della mente e del vuoto è la
chiave per leggere e interpretare mentalmente il linguaggio del
vuoto.
Fonte:
ukizero