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martedì 19 marzo 2019

La nostra realtà è una costruzione del cervello




La complessa relazione tra osservabile, processo di misura e osservatore è stata a lungo oggetto di dibattito nella comunità scientifica e ha dato luogo, nella storia, a diverse interpretazioni – la prima delle quali, e la più famosa, è stata la cosiddetta interpretazione di Copenaghen, formulata a metà degli anni cinquanta a partire dai lavori di Niels Bohr e Werner Heisenberg.

Secondo l’interpretazione di Copenaghen, domande come “dov’è una particella quantistica prima di misurarne la posizione” sono prive di senso, in quanto, per l’appunto, la posizione di una particella non è determinata finché non la si misura, e anzi, il processo di misura concorre a determinarla. Oggi un nuovo studio, pubblicato in pre-print su ArXiv, condotto da un’équipe di scienziati della Heriot-Watt University a Edinburgo, si è aggiunto alla lista di esperimenti specificamente progettati per chiarire il ruolo dell’osservatore nel processo di misura e in particolare il suo rapporto con la realtà. Si tratta della versione reale di un esperimento ideale proposto per la prima volta da Časlav Brukner, fisico teorico dell’università di Vienna.

“Prendete un pallone. Da calcio, da basket, da pallamano; non importa. Sparatelo con un cannone e riprendete la scena con telecamere ad altissima definizione. Ora riesaminate il video al computer e se siete stati abbastanza accurati, riuscirete senza dubbio a portare a termine il processo di misura in modo più che soddisfacente, con ottima approssimazione, con quelli previsti dalle equazioni dei modelli teorici che descrivono il moto del pallone. E potete star certi che il pallone, con o senza telecamere, avrebbe percorso esattamente la stessa traiettoria con le medesime caratteristiche. In altre parole, ai sistemi macroscopici poco importa chi li sta osservando, e come lo sta facendo. O ancora, riprendendo un motto spicciolo da libro di filosofia dell’autogrill, “un albero che cade nella foresta fa rumore eccome, anche se non c’è nessuno ad ascoltarlo”.

Ora, rimpicciolite il pallone fino a farlo diventare un oggetto quantistico (un elettrone, un fotone; non importa) e ripetete l’esperimento con un mini-cannone e una mini-telecamera. Vi accorgerete che non riuscirete più a concludere la misura come prima. Perché la vostra mini-telecamera perturberà irrimediabilmente la traiettoria del mini-pallone, diventando di fatto parte integrante e attiva dell’esperimento

È uno dei capisaldi più sottili e controintuitivi della meccanica quantistica, di quelli che mettevano a disagio perfino Albert Einstein: il processo di misura – e con esso l’osservatore che la compie – non è in alcun modo scindibile dall’oggetto misurato. Di più: il processo di misura è addirittura distruttivo, nel senso che perturba irrimediabilmente e irreparabilmente l’osservabile. “Un albero (quantistico) che cade nella foresta fa un rumore diverso a seconda di chi lo ascolta e di come lo ascolta”.

La realtà, una creazione della nostra mente
È possibile vedere, udire, odorare, esperire qualcosa che non esiste nella realtà oggettiva, ma che è unicamente il frutto della nostra mente?
È possibile vedere cose che non ci sono, udire cose che non esistono, odorare profumi che paiono scaturiti da un misterioso altrove; insomma: è possibile, ed è razionalmente ammissibile, fare esperienza di immagini, suoni, odori, relativi a oggetti che non sono presenti, che non esistono se non nella coscienza dell’io soggettivo, ma che restano invisibili e sconosciuti agli altri?

Sappiamo che casi del genere si verificano, e anche abbastanza frequentemente; e sappiamo che sono stati descritti non solo da persone assolutamente comuni, ma anche da eminenti studiosi: filosofi, psicologi, scienziati;
Santa Giovanna D’Arco udiva le “voci”: ma nessun altro le udiva. Da dove venivano? Secondo i suoi giudici, a Rouen, venivano dal demonio: e tale argomento fu rivolto contro lei, contribuendo alla sua condanna per stregoneria.

Ora, la domanda che ci poniamo non è se possano darsi delle realtà oggettive che solo alcuni esseri umani, in particolari circostanze, sono in grado di percepire: domanda alla quale la risposta non può essere che affermativa, se non altro per analogia con quanto osservato in presenza di animali che vedono, odono, odorano cose che gli umani non percepiscono affatto, ma che poi si rivelano perfettamente vere. Il nostro cane salta giù dalla sedia (dalla quale, peraltro, non si può vedere attraverso le finestre), si agita e scodinzola quando l’automobile di un amico si sta ancora avvicinando, giù in strada, e prima che sia giunta davanti alla casa, che si sia fermata, e che l’amico ne sia disceso. Si tratta di una esperienza comunissima, quasi banale per coloro i quali vivono con un animale domestico, specialmente con un cane. Allo steso modo, è noto che gli animali, e non solo quelli domestici, ma anche e soprattutto quelli selvatici, sentono l’avvicinarsi di un terremoto, di una inondazione e di altri simili catastrofi naturali, entrano in agitazione, e questo molte ore prima che l’evento disastroso si verifichi.

Ma la domanda é: sarebbe possibile che le esperienze relative a cose che non ci sono, siano da collegarsi non già con il manifestarsi di eventi che solo alcuni esseri viventi percepiscono, ma con una realtà interiore che è propria di ciascuno, e che filtra, per così dire, la realtà esterna, la modifica, la ricrea e, alla fine, la rende percepibile in maniera radicalmente diversa da come era in origine?
È possibile che la realtà in se stessa, la cosa in sé kantiana, sia per noi inconoscibile, del tutto misteriosa, mentre quella che conosciamo e che esperiamo ogni giorno, ogni minuto, è un’altra cosa, ovvero una perenne creazione della nostra mente, della nostra coscienza, la quale, se pure nasce da un “noumeno” a noi precluso, procede poi per vie sue proprie, al punto che è impossibile dire se si tratti di una modificazione della realtà o di una realtà a sé stante, di tante realtà quanti sono gli atti della conoscenza: il vedere, l’udire, l’odorare, eccetera, da parte di tanti soggetti diversi quante sono le creature viventi e quanti sono gli eventi della loro vita psichica?

Ebbene noi riteniamo che non solo ciò sia possibile, ma che sia la condizione normale del nostro rapporto con la cosiddetta realtà esterna: e i casi-limite, come quello narrato da Carl Gustav Jung, mentre egli era in visita ai monumenti tardo-antichi di Ravenna, nel 1934, ci offrono una spiegazione più convincente, perché maggiormente esplicita, della universalità del soggettivismo conoscitivo. Jung si recò da Alinari per comprare le fotografie dei mosaici, vista precedentemente nella visita a Ravenna, che rappresentava Cristo che tendeva la mano a Pietro, mentre questi stava per affogare nelle onde. “Ho conservato un chiarissimo ricordo del mosaico di Pietro che affoga, e ancora oggi posso vederne ogni dettaglio: l’azzurro del mare, le singole tessere del mosaico, i cartigli con le parole che escono dalle bocche di Pietro e di Cristo, e che tentai di decifrare. Appena lasciato il battistero mi recai subito da Alinari per comprare le fotografie dei mosaici, ma non potei trovare. Il tempo stringeva – si trattava solo di una breve visita – e così rimandai l’acquisto a più tardi: pensavo di poter ordinare le riproduzioni da Zurigo. Quando ero di nuovo in patria, chiesi a un mio conoscente che andava a Ravenna di procurarmi le riproduzioni, Naturalmente non poté trovarle, perché poté constatare che i mosaici che io avevo descritto non esistevano!”

Di questo strano episodio, che lo colpì moltissimo, Jung tenta di dare una spiegazione razionale basata sui meccanismi dell’inconscio. Secondo lui, l’”anima” è una personificazione dell’inconscio, impregnata di storia e preistoria, e rappresenta tutta la vita del passato che è ancora viva nell’individuo. Nel confronto con la propria “anima”, Jung racconta di essere stato vicino a perdersi, ad annegare, come stava accadendo a San Pietro allorché questi aveva tentato di raggiungere Gesù camminando sulle acque; ma ne era uscito indenne e l’integrazione dei contenuti inconsci lo aveva aiutato a ricostituire l’equilibrio della propria personalità. Egli conclude affermando che non si può descrivere ciò che accade allorché la coscienza si integra con l’inconscio, lo si può solo esperire; e che dopo l‘esperienza di Ravenna, egli si persuase che un fatto interno alla coscienza può apparire esterno ad essa, e viceversa.

Allora, domandiamoci: che cosa vediamo, quando crediamo di vedere? Che cosa udiamo, quando crediamo di udire, e poi constatiamo che avevamo visto e udito cose che non esistono nella “realtà”? Ci sembra che esperienze come quella descritta da Jung, e da tanti altri, si prestino semmai a una chiave di lettura più radicale, più conforme alle teorie di George Berkeley: noi non vediamo e non udiamo le cose che sono “fuori” di noi, ma quelle che sono “dentro” di noi: perché sono TUTTE dentro di noi. Quello che è fuori, è fuori; e noi non potremmo saperne nulla. Quello che percepiamo, lo percepiamo perché avviene nella nostra mente, viene elaborato dalla nostra coscienza.
Non vogliamo con ciò negare che esista una base oggettiva del nostro conoscere, perché, se così fosse, vivremmo in un perenne manicomio, in cui non esisterebbe alcun dialogo possibile con i nostri simili. Neghiamo soltanto che tale base determini la nostra esperienza. Quello che sono le cose in se stesse, noi non lo sappiamo e non lo sapremo mai. Eppure c’è una maniera per giungere alla realtà delle cose in se stesse; ma si tratta, appunto, di una via extra-razionale (e sovra-razionale): l’esperienza mistica dell’unione con l’essere. Noi siamo parte dell’essere, e quello che riguarda noi, nasce dall’essere. Il nostro errore è quello di crederci separati, di essere delle realtà indipendenti: ma è un errore della mente. Per superare tale errore, bisogna lasciar andare i meccanismi della mente, le sue certezze, le sue operazioni. Quando ci lasciamo portare dalla corrente dell’essere, le barriere cadono e la realtà ci si presenta quel è veramente: un tutto unico, di cui noi siamo parte. Non ci sono più un prima e un dopo, un tempo e uno spazio, un dentro e un fuori: tutto è contemporaneamente vivo e presente.

https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=47065

mercoledì 28 novembre 2018

Esperimento corale di fisica quantistica da torto a Einstein




Einstein è tra i padri fondatori della meccanica quantistica, la teoria che descrive il comportamento della materia al livello del mondo infinitamente piccolo fatto di atomi e particelle.

Un esperimento corale – Big Bell Test - che ha coinvolto oltre centomila volontari da tutto il mondo è l'ultimo, in ordine di tempo, a confermare la validità dell'entanglement, l'idea cioè che particelle distanti quanto si vuole possano passarsi istantaneamente informazioni sul loro stato quantistico, in una forma molto particolare di teletrasporto.

Il 30 novembre 2016 il gruppo di citizen scientists arruolato per il test ha prodotto bit imprevedibili e totalmente casuali di informazione, usando il proprio smartphone o computer: sequenze impredicibili di valori 0 e 1 che sono state usate per calibrare le misurazioni in una serie di test quantistici condotti in 12 diversi laboratori nel mondo. I risultati dell'esperimento sono stati ora pubblicati su Nature.
Danno torto ad Einstein i risultati del Big Bell Test, l'esperimento mondiale di fisica quantistica che aveva coinvolto oltre 100.000 persone in tutto il mondo 'armate' di un videogioco e 11 laboratori di fisica, compresa l'università Sapienza di Roma. I risultati chiariscono meglio come atomi distanti interagiscono fra loro e contraddicono la visione del mondo di Einstein, che prevede un universo indipendente dalle osservazioni umane.
"Tuttavia non accettava tutti gli aspetti di questa teoria e riteneva che andasse sviluppata ulteriormente" ha detto all'ANSA il fisico Fabio Sciarrino, responsabile del Quantum Lab della Sapienza, che ha preso parte al test.

“Secondo Einstein”, ha proseguito il fisico, “l'universo è indipendente dalle osservazioni umane e per questo diceva 'la Luna esiste lo stesso anche se non la guardo”, ma nel mondo dell'infinitamente piccolo non funziona così: "l'uomo con le sue misure di un esperimento può definire la realtà e modificarla".

Proprio come ha dimostrato l'esperimento coordinato da Morgan Mitchell dell'Istituto di Scienze Fotoniche di Barcellona, i partecipanti, grazie al videogioco, hanno creato stringhe casuali di numeri, fatte di zero o uno, e le hanno inviate ai laboratori. Le stringhe, ha spiegato Sciarrino, avevano la funzione di domande e in questo modo i giocatori hanno scelto le domande che "noi abbiamo fatto agli esperimenti". Questi ultimi erano costituiti da coppie di particelle di luce (fotoni) correlate fra loro in una sorta di abbraccio virtuale, chiamato entanglement, per il quale gli elementi di una coppia, anche se separati, sono soggetti a una fortissima correlazione.

Le stringhe-domande sono state così "caricate negli esperimenti in modo da decidere quali proprietà (per esempio la direzione in cui oscilla il campo elettrico del fotone) avremmo misurato sulle coppie". E' stato visto che "i risultati delle misure su due particelle fisicamente separate risultano concordi, indipendentemente da quali proprietà abbiamo scelto di misurare. Ciò - ha detto Sciarrino - implica qualcosa di molto sorprendente: o la misura di una particella influenza istantaneamente l'altra particella (nonostante sia molto lontana), o le proprietà osservate non sono mai esistite realmente, ma piuttosto sono state create dalla misura stessa".

Numero infinito di possibilità sovrapposte
Niels Bohr e Werner Heisenberg, ambedue Premi Nobel per la Fisica rispettivamente nel 1922 e 1932, definirono una loro interpretazione alle nuove scoperte nota come l’Interpretazione di Copenaghen.
In sintesi essa afferma che l’universo esiste in quanto numero infinito di possibilità sovrapposte. Secondo la loro teoria, esse non si collocano in ciò che definiamo né uno spazio né uno stato di esistenza, ma sono presenti tutte contemporaneamente in uno stato potenziale.

L’atto di una persona che osserva quei possibili potenziali, determina l’attivazione di quello sul quale è focalizzato: in altri termini, quello che pensa o si aspetta di vedere. Questa risulta essere, ancora ai nostri giorni, la teoria più accreditata.

John Wheeler, noto fisico statunitense, insignito nel 1997 del Premio Wolf, lascia pochi dubbi in merito: “non potremmo neanche immaginare un universo che … non contenesse degli osservatori, perché i mattoni stessi dell’universo sono questi atti di osservazione partecipata”.


Fonte: http://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/fisica_matematica/2018/05/21/il-piu-vasto-test-di-fisica-quantistica-boccia-einstein-_7e1844c3-dd38-42d8-b517-a742258b89b0.html
https://www.focus.it/ 



mercoledì 13 dicembre 2017

La coscienza è energia sottoposta a leggi quantiche!



La teoria quantistica è alla base di ogni scienza naturale, dalla chimica alla cosmologia. Ci serve per capire perché il sole splende, in che modo la televisione produce immagini, perché l’erba è verde e come l’universo si è espanso a partire dal Big Bang. La tecnologia moderna si basa su strumenti progettati con la teoria quantistica. E’ incredibilmente precisa. Nessuna previsione elaborata dalla teoria si è mai dimostrata errata. Un terzo della nostra economia dipende da prodotti che si basano su di essa. Tuttavia, sembra bastante strana per la linearità umana. La concezione del mondo che deriva dalla teoria quantistica non è solo molto più strana di quanto immaginiamo, è addirittura più strana di quanto siamo in grado di supporre.
Per molti di noi, un singolo oggetto non può trovarsi in due luoghi diversi, contemporaneamente; e, chiaramente, quello che una persona decide di fare non può immediatamente influenzare ciò che succede in un luogo lontano. Diamo per scontato che “là fuori” esista un mondo reale, sia che lo si osservi o meno. La meccanica quantistica mette in dubbio ognuna di queste intuizioni.
La fisica classica è fondamentale per il nostro buonsenso comune, per la nostra concezione newtoniana della realtà. Ma ora sappiamo che la concezione classica della realtà è fondamentalmente viziata.
La meccanica quantistica comprende sia le osservazioni sperimentali che la teoria quantistica che le spiega.
L’importanza della meccanica quantistica è, in un certo senso, più immediata rispetto alle idee copernicane o darwiniste, che si occupano di cose molto lontane o molto antiche. La teoria dei quanti parla del qui e ora. Arriva addirittura a incontrare l’essenza dell’umanità, la nostra coscienza (L’Enigma Quantico).

Quello della natura della coscienza è uno dei più grandi enigmi scientifici ancora irrisolti, origine di un vasto e complesso dibattito.

Una tra le principali questioni che dividono scienziati ed epistemologi è se la coscienza sia un semplice sottoprodotto dei processi di elaborazione dell'informazione, e quindi in linea di principio riproducibile anche su un computer o su altri supporti non biologici, o se invece derivi da caratteristiche specifiche del cervello.
Roger Penrose, nel suo libro del 1989 La mente nuova dell'imperatore, sosteneva la tesi secondo cui la coscienza sarebbe il prodotto di effetti di tipo quantistico - e quindi di tipo probabilistico e non interamente determinato. La sua tesi è stata criticata da varie parti, dal punto di vista filosofico, ma anche da quello scientifico, dato che il cervello era ritenuto inadatto al verificarsi di effetti quantistici. Quest'ultima critica, tuttavia, è stata superata dalla scoperta che vari meccanismi, dal senso dell'olfatto alla fotosintesi, sono influenzati dalla meccanica quantistica.

Ora Penrose ha pubblicato un articolo su Physics of Life Reviews, in cui rilancia la propria teoria sulla base di nuove prove. L'articolo rilancia l'ipotesi secondo cui la coscienza sarebbe basata su vibrazioni quantistiche nei microtubuli all'interno dei neuroni cerebrali. Tali vibrazioni non sono più solo un'ipotesi, ma sono state effettivamente osservate nel cervello. Penrose procede anche a contrastare i suoi critici, sostenendo che tutte le previsioni fatte in base alla sua teoria sono state confermate dalle osservazioni. Osserva, inoltre, che le vibrazioni quantistiche dei microtubuli possono essere messe in relazione con determinati ritmi elettroencefalografici finora non spiegati, a dimostrazione della loro influenza sui processi cerebrali.
Penrose sottolinea che la sua teoria può essere in accordo sia con coloro che ritengono che la conoscenza sia un prodotto dell'evoluzione, sia con chi pensa invece che la coscienza sia una proprietà dell'Universo e preesista alla coscienza umana (Il Sole24ore).

Eppure… qui c’è di più!

La fisica della coscienza
L’Essere Umano si affanna a trovare delle formule che mettano l’inspiegabile entro gli schemi newtoniani. Prendete ciò che già sapete, osservate lo sconosciuto e cercate di mettere lo sconosciuto negli schemi del conosciuto, anche se si tratta di schemi contorti che non hanno senso. Anche se è così misterioso! Invece di darvi da fare a cercare le leggi mancanti della fisica, insistete con quello che già sapete. E’ la propensione Umana per la razionalità, e ciò è molto comprensibile.
Ebbene, lasciate che vi dica che quel che state perdendovi è uno dei pezzi più grossi dell’informazione frattale.
Perché separate l’energia conosciuta della coscienza dal mondo della fisica?
Anche l’energia ha dei frattali e, dal piccolo al grande, tutti funzionano insieme. La struttura atomica crea energia! La coscienza è energia e soggiace a leggi quantiche. Il pezzo mancante da comprendere o di cui accorgersi è la fisica della coscienza.

La fisica della coscienza ha degli attributi che ancora non sono conosciuti
Potreste dire, «la coscienza è un concetto che descrive lo stato di consapevolezza di sé di un Essere Umano. Non può essere misurata, dato che è solo un concetto». No, non lo è!
La gravità è un concetto che descrive perché vi cadono le cose, allora non può essere misurata, perché è soltanto un concetto? La gravità è un’energia invisibile che può essere misurata ed è energia quantica. Il magnetismo è invisibile, misurabile ed è energia quantica. La coscienza è la stessa cosa. È fisica, e dovrete abituarvici perché è uno dei prossimi ambiti della fisica che vi spingerà fuori dalle 3D verso la multidimensionalità. Quello che ritenete un concetto (la coscienza) non lo è. Voi non sapete che esistono delle leggi della coscienza e ciò fa parte della fisica quantistica.
Ci sono leggi, postulati, calcoli, grafici e soluzioni. La fisica della coscienza ha degli attributi meravigliosi che ancora non sono conosciuti. Quando comincerete a notarli, inizierete a spiegarvi quel che accadrà e le vie del futuro. Al momento, tuttavia, non la vedete in questo modo. Questo pezzo mancante è sapere che la coscienza può essere misurata e tracciata, che potete mapparla, anche al di fuori dell’umanità. È stupendo! Non c’è bisogno di conoscere l’eleganza delle leggi newtoniane e di chiedervi come si muovono i corpi celesti nel sistema solare. Newton ha messo insieme le cose, la sua matematica ci permette ora di lanciare un razzo che dopo anni incontri un asteroide che non arriva a esser visto da occhio Umano! È pura matematica, è calcolabile, e ciò crea dei meravigliosi potenziali.

La tecnologia che avete e con cui lavorate su questo pianeta, che è così fantastica e utile, vi è data dalla conoscenza della fisica che conoscete. Conoscete l’azione e la reazione; spingete questo e accade quello. Comprendendo le leggi della fisica, si può vivere meglio e, infatti, è così.
Ora l’umanità conosce e usa le quattro leggi fondamentali della fisica. Noi vi abbiamo detto che queste leggi sono sei, non quattro, ma anche senza le ultime due - che dovete ancora scoprire - voi sapete come usare le prime quattro. E questo ha cambiato l’umanità. Magnifico!

Ora, e se vi dicessi che esiste lo stesso scenario per quanto riguarda la coscienza?
Ci sono leggi della coscienza che sono proprio come le leggi della fisica, per cui sono causali (il cambiamento di una cosa ne modifica un’altra). Tuttavia nel mondo quantico queste leggi di moto della coscienza non sono lineari, quindi, generano diversi tipi di reazione.

Se voi conosceste la fisica della coscienza, potreste costruire un mondo migliore. La coscienza non si espande; non diventa più grande o più piccola. La coscienza, semplicemente, È.

La coscienza della fisica è proprio come gli attributi della fisica 3D, per cui se ne sta lì pronta a svilupparsi o no, in funzione delle altre leggi che le stanno intorno. Quando vengono applicate determinate regole o leggi, allora le leggi cambiano tutte insieme. La coscienza è il collante dell’esistenza della vita. Se ci fosse una formula per la vita, sarebbe questa." Kryon

Fonte:
Ilsole24ore.com; Kryon, L’Enigma Quantico di Bruce Rosenblum, Fred Kuttner