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giovedì 21 luglio 2011

Gli Intelligenti vivono di più!



La longevità non è solo una questione di salute fisica ma anche, e soprattutto, mentale.

La notizia arriva dalla parte dei ricercatori Ian Deary e Goff Der, scienziati scozzesi.  Un articolo sulla rivista Psychological Science dimostra che maggiore è il grado d’intelligenza, più alta sarà l'aspettativa di vita.

Gli scienziati, da tempo, hanno ipotizzato un legame tra intelligenza e longevità. Già nel lontano 1932, le autorità scolastiche scozzesi intrapresero una ricerca, nel corso della quale misurarono il quoziente intellettivo dei ragazzi nati nel 1921 nella cittadina di Aberdeen, in Scozia. Furono estrapolati i dati e non ne seguì nulla sino al 1997 quando Lawrence Whalley, docente di igiene mentale all’Università di Aberdeen, e Ian Deary, professore di psicologia differenziale all’Università di Edimburgo, decisero di dare seguito alla ricerca.

Le indagini di Deary e Der, in 900 persone, durate quattordici anni, per misurare l’intelligenza e la prontezza dei riflessi - perché l'intelligenza è associata con la capacità di reagire rapidamente agli stimoli - hanno dimostrato che la maggior parte di coloro che sono morti per cause naturali, di quel gruppo di osservazione, non faceva parte del gruppo che ha totalizzato il punteggio più alto del livello d’intelligenza e reazioni rapide. 

Le possibili spiegazioni per il fatto di che le persone intelligenti vivono più a lungo, secondo Deary, sono tre: la più semplice, è perché le persone intelligenti sono più informate, quindi, curano meglio la salute. La seconda è legato al fatto che le persone più intelligenti, nella maggior parte dei casi, possono trovare un lavoro migliore pagato e questo determina una condizione generale di vita migliore, la terza è quella che ha prodotto un maggiore interesse, perché, per la prima volta, l'intelligenza e la velocità (nel prendere decisioni) sono poste in stretta relazione con la capacità di preservare la propria salute, e allungamento della vita.

Una ridotta prontezza mentale sarebbe il primo segno del decadimento dell’organismo. In conformità a questo fenomeno  Deary spiega - può essere che ci sia una degenerazione del sistema nervoso: in pratica, quando si allunga il tempo delle reazioni, sarebbe come se il corpo stesse inviando il primo segno d’invecchiamento, e questo non interessa soltanto alla mente ma a tutte le funzioni del corpo.

Ciò che caratterizzò lo studio dei due scozzesi fu l’interesse per l’intelligenza umana in relazione alla durata della vita. Fu così che rispolverarono le quasi 2800 valutazioni effettuate 65 anni prima agli studenti di Aberdeen, accertarono chi di loro era ancora in vita e scoprirono che la sopravvivenza era nettamente superiore tra coloro che ai tempi (nel ’32) avevano registrato un quoziente intellettivo elevato, rispetto ai meno dotati. Prese forma, così la teoria che l’intelligenza vivace potesse costituire un fattore determinante della longevità.