regia di Josef
Rusnak
Un programmatore di
realtà virtuale ricrea la Los Angeles del 1937 su un chip da
computer, ma quando si ritrova coinvolto in un crimine deve superare
i confini tra il mondo reale ed quello che lui stesso ha creato.
Basato, in parte,
sul romanzo Simulacron-3 di Daniel F. Galouye e uscito lo stesso anno
di Matrix, Il tredicesimo piano è un bellissimo gioco di scatole
cinesi e realtà virtuali, ingiustamente passato inosservato,
nonostante sia capace, senza eccessivi effetti speciali, di
risultare, agli occhi di un attento spettatore, un viaggio virtuale
nel noir e nella cyber sci-fi che richiama astutamente Blade Runner,
Philip K. Dick e i suoi ipotetici androidi che sognano pecore
elettriche.
La pellicola diretta
da Josef Rusnak è complesso, credibile e offre generosi suggerimenti
sulla tematica della creazione di realtà parallele e, in questo
caso, virtuali. Gioca tra ambientazioni temporali differenti, salta
tra passato, presente e futuro riproducendo scene e set di film noti,
a partire dagli interni che richiamano palesemente l’appartamento
di Deckard in Blade Runner e ipotizzando, con schemi ben precisi, le
fondamenta di mondi virtuali e poi di simulazioni nella simulazione.
In numerose scene,
l’idea della strada da percorrere dà la percezione di un viaggio
verso la conoscenza di se stessi e della propria origine. Si ipotizza
da sempre l’esistenza di infinite possibilità, di infiniti mondi
paralleli, ma se, invece di essere paralleli, fossero contenuti l’uno
nell’altro?
Fonte:
http://www.storiadeifilm.it/science-fiction, youtube
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