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martedì 5 febbraio 2008

La felicità è mentale - ma può contagiare!



Secondo le ricerche più recenti, fatte con gemelli omozigotici, il livello quotidiano di benessere personale di ogni individuo ha origine genetica (fino a certo punto), cioè, l’esistenza di un valore programmato biologicamente è scritto nel cervello, dalla nascita. Gli psicologi, invece, ritengono che noi possiamo intervenire grandemente con la mente per migliorare e elevare quello livello di appagamento personale, a prescindere del livello di soddisfazione che la natura ci ha donato.
In realtà, la felicità quotidiana è, in grande parte, determinata dal modo in cui vediamo e ci confrontiamo con le altre persone e cose. Dobbiamo comprendere che il sentirsi felice o infelice, soddisfatto o insoddisfatto, nelle varie fasi della vita, non dipende solo dalle condizioni assolute che ci circondano ma, soprattutto, dalla forma in cui le percepiamo.

Un grande successo ottenuto, può produrre una temporanea sensazione di euforia, così come una tragedia ci può fare affondare in una forte depressione, ma dopo un breve periodo di tempo, subentra il riadattamento e il livello complessivo dell’umore ritorna al valore di base, cioè, quello determinato dalla natura o quello che abbiamo già migliorato usando la capacità mentale.

Tu puoi persino vincere la lotteria, passerai un bel po’ di tempo in fase di estasi, ma se hai un livello di soddisfazione mentale basso, cadrai di nuovo in uno stato insoddisfacente, anche con tutta quella montagna de soldi in torno a te. E tu ripeterai la stessa frase: “Ho tutto, ho vinto la lotteria, ho comprato un yacht, i miei figli hanno tutto che vogliono, ma… NON SO COME MAI, SONO ANCORA INSODDISFATTO"! 

Della stessa forma, una persona che ha una salute precaria ma possiede una prospettiva positiva di affrontare la vita, basterà vedere il sole brillare un’altra mattina nella sua vita, e questo è già un forte motivo di felicità.
Quindi, cosa condiziona la nostra sensazione di soddisfazione e il livello della felicità? Questa sensazione è fortemente influenzata pela nostra tendenza al confronto.

Ipotizziamo che sei in alto mare, con il tuo yacht comprato con i soldi vinti nella lotteria, tutta chic vestita, ed ecco che arriva un semplice motoscafo sei metri, con dentro una biondissima, bellissima, giovane, corpo mozzafiato, irresistibile, insomma. La tua mente, poco stimolata, subito sarà, inesorabilmente, direzionata verso il tuo corpo flaccido, capelli orrendi, le rughe persistenti, doppio mento e via dicendo… anche se tutto ciò sia solo frutto della tua insicurezza. 
E’ in questo momento che la mente stimolata, lancia l’antidoto: “Non essere cretina, non vedi che barchetta ha quella lì? Guarda il lusso del tuo yacht!” Quindi, essere soddisfatto con la vita, dipende in gran parte, dalle persone con cui ci confrontiamo. Più abbiamo, più (confrontandoci) desideriamo, e meno felici siamo. 

Il confronto tende a generare l’invidia, frustrazione, infelicità. Però, possiamo usare lo stesso metodo a nostro favore. Quando ci confrontiamo con il “motivo” della nostra infelicità, è necessario guardare sempre chi possiede meno di noi. Questo fa con che se alzi il livello del nostro appagamento nel confronto con la vita, inducendoci a godere con più pienezza, tutto quello che abbiamo già.
E’ tautologico dire che la ricchezza da sola non può dare felicità. Una delle più rappresentative raffigurazione della non-felicità è rappresentata dall’avaro. Ma perché l'avaro non è felice? Perché, anche senza accorgersene, trasforma il mezzo (soldi) in fine, e fa dell'accumulazione del denaro lo scopo principale della sua vita; una vita che poi non germoglia, e si conclude con se stessa.
I soldi sono come il letame: se li spargiamo in giro fanno bene, ma se ne facciamo un mucchio in un posto solo, puzzano”. (Francis Bacon)
"La maledizione dell'umanità è sentirsi costretti a guardare sempre l'erba del vicino. Siamo consumati dal relativismo". Andrew Oswald - dell'Università di Warwick.

La felicità è contagiosa  
Ma c’è un altro modo per “contrarre”  la felicità: attaccarsi a qualcuno che è già mentalmente felice. Si, si, la felicità è contagiosa. Vi è mai capitato di sentirvi contenti e quasi felice solo stando accanto a una persona felice e allegra? Ebbene, sappiate che non è' solo un'impressione, ma una reazione psicologica e fisiologica basata in solide basi scientifiche.
Uno studio recentemente pubblicato sulla rivista “British Medical Journal” ha dimostrato con una relazione matematica, che la felicità è contagiosa e, proprio come un virus, è tanto più probabile essere felici quanto più si sta vicini a persone gioiose e serene. 

Meno metri ci separano da un nostro amico felice tanto più sarà probabile che ci sentiremo felici anche noi. Gli autori di questa teoria sono due scienziati anglosassoni, Nicholas Christakis della Medical School di Harvard e James Fowler, sociologo dell’Università della California (San Diego). Dagli studi risulta che la probabilità d'essere felici aumenta del 42% se si vive a meno di un chilometro di distanza da un amico felice e del 22% se si vive a meno di tre chilometri di lontananza.

giovedì 25 ottobre 2007

Una Nuova Primavera

Fim de Verao(Leia em Portugues)
Ieri sorridevo felice. Il sole, anche se timido, era ancora abbastanza accogliente.
Il vento tiepido accarezzava soavemente la mia pelle ancora abbronzata, come se fosse un giorno estivo qualunque. Ma… è autunno. Eppure, sento quella stessa emozione che se prova negli ultimi giorni primaverili.
E io sorrido... quello sorriso malandrino di complicità che solo io, il sole, il calore e il vento tiepido sappiamo comprendere.
L’aria tiepida che caratterizza l’estate, è carica di serotonina. L’ormone della felicità – e io l’assorbo completamente, per osmosi. E’ necessario. E’ essenziale per poter scaricarla pianino, un po’ alla volta, distribuendo in dosi omeopatiche, diluito il quanto serve, per resistere i lunghi sei mesi di ibernazione emotiva che mi aspetta.
Ieri, se godeva ancora una giornata quasi primaverile, e io sorridevo, carica di serotonina, il bastante per detenere quel sorriso saldo, finché non mi sono svegliata stamattina.
Apro la finestra, ancora con il sorriso nelle labbra. Un’aria fresca avvolge il mio corpo, penetra nelle mie viscere… respiro profondamente. Guardo l’orizzonte. Una raffica, ancora più forte, fa svolazzare le tende, confermando, ahimè, ciò che soltanto un minuto prima non ho voluto assentire.
Il vento soffia con veemenza... più di ieri… forse, meno di domani!
L’aria gradevole di questa mattina, oramai è soltanto un reperto nella mia memoria, un capriccio del mio inconscio, ostinato in volere trasformare il vento gelido in una brezza del deserto; ma... oggi è autunno, mi accorgo solo adesso. La brezza fresca, troppo fresca... anzi, quasi gelata, congela pure il mio sorriso…
Sento voglia di cantare la canzone di ieri… Sento voglia di sorridere oggi, la tiepidezza di quel sorriso di ieri…
Ma oggi è autunno, il sorriso è freddo, la canzone inaudibile…
Devo proseguire… andar avanti senza sorriso e senza canzone.
Comincio a temperare la serotonina… smorzare la razione giornaliera per non esaurirla completamente.
Riprendo il count down… sembra quasi una chimera!
Ma aspetto - con premura – una nuova Primavera!

Fu questa sensazione che avvertii in questa fine di estate.
Ho voluto documentarla con l’intenzione di imparare a accettare questa drastica realtà e cercare di abituarmi con l’alta definizione delle stagioni europee, cosa che ancora è troppo estenuante per una brasiliana doc come me.