Lo stato alterato di coscienza si caratterizza
per una percezione sempre più fine di sé, un distacco da tutti gli
altri eventi e una concentrazione al momento presente. Lo stato
conseguente al fumare cannabis, all’assumere LSD o quello postumo
di un’esperienza con la pianta dell’oppio, sono solo alcuni fra
quelli più annoverati che possono indurre un soggetto a provare
sensazioni differenti sino a quel momento mai sentite. Una sorta di
viaggio fuori e dentro di sé in grado di consegnare alla persona
autrice del viaggio tutto un nuovo vocabolario dell’esistere.
Gli stati alterati di coscienza come la
meditazione, i fenomeni ipnotici, la concentrazione possono
costituire inoltre formidabili strumenti per affrontare il dolore,
oppure stimoli e situazioni problematiche proprie dell’ambiente
esterno o delle dinamiche personali e intrapsichiche. In questo
senso, gli stati alterati di coscienza possono avere un grande
potenziale ai fini della sopravvivenza, dello sviluppo psichico
nell’individuo e del progresso culturale. Essi potrebbero
rappresentare la maniera attraverso cui realizzare un uso più pieno
ed efficace del sistema nervoso centrale. Considerato in questa
prospettiva, l’impulso a sperimentare stati psicologici alterati in
particolare periodi transitori di distacco dalla coscienza razionale
e centrata sull’io, oppure forme diverse di percezione della realtà
e della stessa mente, acquista una sua logica e, curioso a dirsi, una
sua razionalità.
È
possibile entrare in uno stato di alterazione mentale senza ricorso a
sostanze stupefacenti?
Esistono differenti modalità per immergersi
nel profondo mare degli stati alterati di coscienza. Sin
dall’antichità è volere degli uomini di esplorare e indagare i
recessi della propria cosmologia interiore. Perché se esiste un
universo che possiamo osservare guardando al di là dei nostri occhi,
altrettanto ne esiste uno presente dentro di noi. Fosse mai, tra
l’altro, che separare queste due dimensioni sia cosa possibile e
giusta.
Al di là delle speculazioni e delle indagini,
l’esplorazione del nostro Io più intimo e profondo
sembra proprio essere connesso con l’utilizzo di sostanze
psicoattive in grado di offrirci risposte, o forse meglio, nuove
domande, circa la nostra esistenza umana.
Respiro Lento
Un gruppo di
ricercatori dell’Università di Pisa ha indagato il legame tra
respiro e coscienza, due mondi apparentemente lontani, ma
incredibilmente vicini, come già testimoniato dalle tecniche del
respiro lento meditativo che possono arrivare a provocare veri e
propri stati alterati di coscienza.
Una considerevole
mole di studi ha messo in evidenza come la meditazione abbia la
capacità di modificare l’attività cerebrale. Grazie all’EEG
sappiamo che porta a un incremento dell’attività theta (4-8
Hz) in molte regioni cerebrali.
Negli ultimi anni la
meditazione si sta diramando sempre di più anche in occidente, i
suoi potenti effetti sulla mente e sul corpo sono stati riconosciuti
dalla comunità scientifica e gli studi a riguardo hanno subito un
notevole incremento.
C’è un elemento
di grande interesse che caratterizza le pratiche meditative: il
controllo volontario del respiro. Le tecniche di respirazione lenta
vengono impiegate in maniera versatile, nel caso della meditazione
queste tecniche provocano dei veri e propri stati alterati di
coscienza.
Deprivazione
Sensoriale
Il Dr. John
Lilly, psicoanalista e neuroscienziato già negli anni 50, aveva
indirizzato la sua ricerca pioneristica verso gli stati alterati di
coscienza, inventando quella che ad oggi è definita Vasca di
Deprivazione Sensoriale, una
tecnologia
in grado di trasportare
l’uomo
verso lidi altrettanto stupefacenti.
Il
concetto era semplice: se stacchiamo la spina ai nostri sensi,
qualche altro organo di percezione, pur nascosto sino ad ora,
inizierà a darci percezione della realtà, circostante o interna che
sia. John Lilly ha intuito che, una volta sottaciuti i
5 sensi qualcosa si sarebbe risvegliato.
La vasca, che poneva
il soggetto in posizione orizzontale e in una condizione di
galleggiamento, era satura di sale solfato e di magnesio, e mantenuta
costantemente a temperatura corporea al fine di eliminare il senso
del tatto. Il corpo del soggetto si sarebbe così trovato a
galleggiare in un liquido isotermico. Per eliminare poi gli altri
sensi, il buio e l’assenza di rumori divenivano gli ulteriori
accorgimenti necessari.
A questo punto la
persona presente nella vasca, sarebbe stata privata di vista, gusto,
olfatto, udito e tatto. Dall’esperienza non solo si capì che il
cervello non smetteva di funzionare ma che, al contrario, l’assenza
di stimoli lo aveva indotto a uno stato simil-onirico in cui a tratti
si manifestavano allucinazioni di svariata natura. Una sensazione di
perdita dei confini del corpo associata a una serie di allucinazioni,
se così le si può definire, in grado di proiettare il soggetto
all’interno dei suoi più intimi spazi esistenziali.
L’effetto più
rilevato dall’uso di tale vasche è quello di modifica
dell’attività elettrica del cervello. Dopo un periodo, il cervello
passa dalle onde Beta a quelle Theta, tipiche del
sonno, senza però la perdita di coscienza tipica di quest’ultimo.
Il cervello, a questo punto, libero dagli stimoli esterni distraenti,
può essere in grado di veicolare le risorse verso un unico
obiettivo, aumentando il livello di concentrazione necessario a
risolvere problemi di particolare complessità.
Esistono
decine di tecniche capaci di alterare la nostra coscienza
A esempio, la
Respirazione Olotropica sviluppata dal Dr Stanislav Grof e da
sua moglie, Christina. Grof, è tanto misteriosa quanto interessante.
Si tratta di una pratica spirituale e terapeutica in grado di
portarci a un livello di consapevolezza e a uno stato alterato della
coscienza simili a quelli che si raggiungono durante una terapia
assistita con sostanze psichedeliche, ma senza ricorrere alle droghe.
Per questo, sono in molti ad utilizzare questa tecnica per far
riaffiorare in superficie problemi del passato e affrontarli da una
prospettiva di stato alterato. È una pratica talmente potente che
qualcuno l'ha definita come una "meditazione di forza
industriale".
Respirazione
collegata alla meditazione
La respirazione
lenta, direttamente collegata alla meditazione, è anch’essa in
grado di elicitare notevoli modificazioni: quando su modelli animali
hanno stimolato l’epitelio olfattivo con ritmi lenti è stata
ritrovata la stessa frequenza a livello corticale. Negli animali il
ritmo della respirazione riesce a sintonizzare l’attività di
scarica di neuroni lontani dalla corteccia olfattiva. Questi pattern
straordinari non sono osservabili nel caso di respirazione con la
bocca e nel caso della tracheotomia.
Una visione fin
troppo semplicistica ha portato all’errore di considerare i neuroni
olfattivi semplicemente come rilevatori di odori, oggi possiamo
affermare che le loro capacità vanno ben oltre, questi neuroni se
stimolati riescono addirittura a rispondere a stimoli di natura
meccanica.
L’accoppiamento
respirazione-attività neurale può
modulare lo stato di coscienza
Un gruppo di ricerca
dell’Università di Pisa, partendo dagli studi sulla meditazione,
si sono focalizzati non tanto sulle tecniche meditative che hanno la
respirazione lenta solo come effetto secondario, ma sono andati a
indagare i correlati della respirazione lenta. Il loro lavoro nasce
dall’ipotesi che l’accoppiamento respirazione-attività neurale
sia in grado di modulare il comportamento e lo stato di coscienza
nell’uomo.
Quello che hanno
fatto è stato ricreare una condizione simil-meditativa: per simulare
la respirazione lenta della meditazione, hanno utilizzato un’apposita
cannula nasale per stimolare periodicamente (8 secondi di
stimolazione e 12 secondi senza stimolazione) l’epitelio olfattivo
attraverso aria compressa inodore ad una frequenza di 0,05 Hz per 15
minuti. Questa frequenza specifica non è frutto del caso, ma è
stata scelta in quanto replica le frequenze lente della respirazione
nelle pratiche meditative.
Per l’indagine
sperimentale sono stati scelti 12 soggetti sani, ognuno ha preso
parte a due sessioni diverse: una sperimentale che prevedeva la
stimolazione nasale (“nasal stimulation”, NS) e una di controllo
in cui la stimolazione era assente (“controllo session”, CS). Le
due sessioni si sono svolte a una settimana l’una dall’altra e in
entrambi i casi i soggetti sono stati monitorati con l’EEG,
successivamente i ricercatori hanno confrontato i dati raccolti
ottenuti nelle due diverse fasi dell’esperimento.
Quello che emerge
assume un’importanza enorme: unicamente nella fase post NS è stato
registrato un aumento delle frequenze theta e delta
nella corteccia orbitofrontale.
Un altro aspetto
importante che emerge dallo studio riguarda la direzione del flusso
delle informazioni: nella condizione post stimolazione il flusso ha
subito un’inversione rispetto alla condizione pre-stimolazione per
la frequenza theta. Nella veglia la direzione del flusso delle
informazioni è postero-anteriore, invece sia nel sonno REM che nel
sonno NREM la direzione è antero-posteriore. Le due sessioni a
livello elettrofisiologico sono diverse tra di loro, i dati EEG
indicano che accade sicuramente qualcosa nei soggetti.
L’esperienza
soggettiva vissuta da ogni singolo partecipante è stato utilizzato
il Phenomenology of Consciousness Inventory (PCI). Questo
strumento ha permesso di associare ai dati EEG il vissuto
esperienziale dei partecipanti durante la stimolazione: queste
persone hanno riportato di sentirsi come in uno stato alterato di
coscienza, hanno percepito il tempo in maniera diversa e hanno notato
un aumento dell’attenzione rivolta all’interno.
Le sensazioni che
emergono sono le stesse che provano coloro che praticano la
meditazione, chi pratica determinate tecniche riesce a vivere uno
stato alterato di coscienza e riesce anche focalizzarsi maggiormente
su ciò che accade all’interno e non all’esterno. L’esperienza
vissuta dai partecipanti allo studio si associa perfettamente con
quanto registrato dall’EEG.
Ad oggi il tema
della coscienza è tanto intrigante quanto complicato, la
respirazione potrebbe essere un varco per far luce su questo mondo
così difficile da comprendere. Questo lavoro è sorprendente perché
permette di andare oltre il ruolo classico a cui siamo abituati della
respirazione, inoltre, ci consente di capire quanto la sola
respirazione sia in grado di aiutarci nell’arduo compito di
comprendere e alzare il livello della coscienza. A ben vedere, anche
l’aumento della propria coscienza è uno stato alterato della
coscienza ordinaria