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mercoledì 13 novembre 2019

L'Apparato Sensoriale e lo stato alterato di coscienza





Lo stato alterato di coscienza si caratterizza per una percezione sempre più fine di sé, un distacco da tutti gli altri eventi e una concentrazione al momento presente. Lo stato conseguente al fumare cannabis, all’assumere LSD o quello postumo di un’esperienza con la pianta dell’oppio, sono solo alcuni fra quelli più annoverati che possono indurre un soggetto a provare sensazioni differenti sino a quel momento mai sentite. Una sorta di viaggio fuori e dentro di sé in grado di consegnare alla persona autrice del viaggio tutto un nuovo vocabolario dell’esistere.

Gli stati alterati di coscienza come la meditazione, i fenomeni ipnotici, la concentrazione possono costituire inoltre formidabili strumenti per affrontare il dolore, oppure stimoli e situazioni problematiche proprie dell’ambiente esterno o delle dinamiche personali e intrapsichiche. In questo senso, gli stati alterati di coscienza possono avere un grande potenziale ai fini della sopravvivenza, dello sviluppo psichico nell’individuo e del progresso culturale. Essi potrebbero rappresentare la maniera attraverso cui realizzare un uso più pieno ed efficace del sistema nervoso centrale. Considerato in questa prospettiva, l’impulso a sperimentare stati psicologici alterati in particolare periodi transitori di distacco dalla coscienza razionale e centrata sull’io, oppure forme diverse di percezione della realtà e della stessa mente, acquista una sua logica e, curioso a dirsi, una sua razionalità.

È possibile entrare in uno stato di alterazione mentale senza ricorso a sostanze stupefacenti?
Esistono differenti modalità per immergersi nel profondo mare degli stati alterati di coscienza. Sin dall’antichità è volere degli uomini di esplorare e indagare i recessi della propria cosmologia interiore. Perché se esiste un universo che possiamo osservare guardando al di là dei nostri occhi, altrettanto ne esiste uno presente dentro di noi. Fosse mai, tra l’altro, che separare queste due dimensioni sia cosa possibile e giusta.
Al di là delle speculazioni e delle indagini, l’esplorazione del nostro Io più intimo e profondo sembra proprio essere connesso con l’utilizzo di sostanze psicoattive in grado di offrirci risposte, o forse meglio, nuove domande, circa la nostra esistenza umana.

Respiro Lento
Un gruppo di ricercatori dell’Università di Pisa ha indagato il legame tra respiro e coscienza, due mondi apparentemente lontani, ma incredibilmente vicini, come già testimoniato dalle tecniche del respiro lento meditativo che possono arrivare a provocare veri e propri stati alterati di coscienza.
Una considerevole mole di studi ha messo in evidenza come la meditazione abbia la capacità di modificare l’attività cerebrale. Grazie all’EEG sappiamo che porta a un incremento dell’attività theta (4-8 Hz) in molte regioni cerebrali.

Negli ultimi anni la meditazione si sta diramando sempre di più anche in occidente, i suoi potenti effetti sulla mente e sul corpo sono stati riconosciuti dalla comunità scientifica e gli studi a riguardo hanno subito un notevole incremento.
C’è un elemento di grande interesse che caratterizza le pratiche meditative: il controllo volontario del respiro. Le tecniche di respirazione lenta vengono impiegate in maniera versatile, nel caso della meditazione queste tecniche provocano dei veri e propri stati alterati di coscienza.

Deprivazione Sensoriale
Il Dr. John Lilly, psicoanalista e neuroscienziato già negli anni 50, aveva indirizzato la sua ricerca pioneristica verso gli stati alterati di coscienza, inventando quella che ad oggi è definita Vasca di Deprivazione Sensoriale, una tecnologia in grado di trasportare l’uomo verso lidi altrettanto stupefacenti.
Il concetto era semplice: se stacchiamo la spina ai nostri sensi, qualche altro organo di percezione, pur nascosto sino ad ora, inizierà a darci percezione della realtà, circostante o interna che sia. John Lilly ha intuito che, una volta sottaciuti i 5 sensi qualcosa si sarebbe risvegliato.
La vasca, che poneva il soggetto in posizione orizzontale e in una condizione di galleggiamento, era satura di sale solfato e di magnesio, e mantenuta costantemente a temperatura corporea al fine di eliminare il senso del tatto. Il corpo del soggetto si sarebbe così trovato a galleggiare in un liquido isotermico. Per eliminare poi gli altri sensi, il buio e l’assenza di rumori divenivano gli ulteriori accorgimenti necessari.
A questo punto la persona presente nella vasca, sarebbe stata privata di vista, gusto, olfatto, udito e tatto. Dall’esperienza non solo si capì che il cervello non smetteva di funzionare ma che, al contrario, l’assenza di stimoli lo aveva indotto a uno stato simil-onirico in cui a tratti si manifestavano allucinazioni di svariata natura. Una sensazione di perdita dei confini del corpo associata a una serie di allucinazioni, se così le si può definire, in grado di proiettare il soggetto all’interno dei suoi più intimi spazi esistenziali.
L’effetto più rilevato dall’uso di tale vasche è quello di modifica dell’attività elettrica del cervello. Dopo un periodo, il cervello passa dalle onde Beta a quelle Theta, tipiche del sonno, senza però la perdita di coscienza tipica di quest’ultimo. Il cervello, a questo punto, libero dagli stimoli esterni distraenti, può essere in grado di veicolare le risorse verso un unico obiettivo, aumentando il livello di concentrazione necessario a risolvere problemi di particolare complessità.

Esistono decine di tecniche capaci di alterare la nostra coscienza
A esempio, la Respirazione Olotropica sviluppata dal Dr Stanislav Grof e da sua moglie, Christina. Grof, è tanto misteriosa quanto interessante. Si tratta di una pratica spirituale e terapeutica in grado di portarci a un livello di consapevolezza e a uno stato alterato della coscienza simili a quelli che si raggiungono durante una terapia assistita con sostanze psichedeliche, ma senza ricorrere alle droghe. Per questo, sono in molti ad utilizzare questa tecnica per far riaffiorare in superficie problemi del passato e affrontarli da una prospettiva di stato alterato. È una pratica talmente potente che qualcuno l'ha definita come una "meditazione di forza industriale".

Respirazione collegata alla meditazione
La respirazione lenta, direttamente collegata alla meditazione, è anch’essa in grado di elicitare notevoli modificazioni: quando su modelli animali hanno stimolato l’epitelio olfattivo con ritmi lenti è stata ritrovata la stessa frequenza a livello corticale. Negli animali il ritmo della respirazione riesce a sintonizzare l’attività di scarica di neuroni lontani dalla corteccia olfattiva. Questi pattern straordinari non sono osservabili nel caso di respirazione con la bocca e nel caso della tracheotomia.
Una visione fin troppo semplicistica ha portato all’errore di considerare i neuroni olfattivi semplicemente come rilevatori di odori, oggi possiamo affermare che le loro capacità vanno ben oltre, questi neuroni se stimolati riescono addirittura a rispondere a stimoli di natura meccanica.

L’accoppiamento respirazione-attività neurale può modulare lo stato di coscienza
Un gruppo di ricerca dell’Università di Pisa, partendo dagli studi sulla meditazione, si sono focalizzati non tanto sulle tecniche meditative che hanno la respirazione lenta solo come effetto secondario, ma sono andati a indagare i correlati della respirazione lenta. Il loro lavoro nasce dall’ipotesi che l’accoppiamento respirazione-attività neurale sia in grado di modulare il comportamento e lo stato di coscienza nell’uomo.

Quello che hanno fatto è stato ricreare una condizione simil-meditativa: per simulare la respirazione lenta della meditazione, hanno utilizzato un’apposita cannula nasale per stimolare periodicamente (8 secondi di stimolazione e 12 secondi senza stimolazione) l’epitelio olfattivo attraverso aria compressa inodore ad una frequenza di 0,05 Hz per 15 minuti. Questa frequenza specifica non è frutto del caso, ma è stata scelta in quanto replica le frequenze lente della respirazione nelle pratiche meditative.
Per l’indagine sperimentale sono stati scelti 12 soggetti sani, ognuno ha preso parte a due sessioni diverse: una sperimentale che prevedeva la stimolazione nasale (“nasal stimulation”, NS) e una di controllo in cui la stimolazione era assente (“controllo session”, CS). Le due sessioni si sono svolte a una settimana l’una dall’altra e in entrambi i casi i soggetti sono stati monitorati con l’EEG, successivamente i ricercatori hanno confrontato i dati raccolti ottenuti nelle due diverse fasi dell’esperimento.

Quello che emerge assume un’importanza enorme: unicamente nella fase post NS è stato registrato un aumento delle frequenze theta e delta nella corteccia orbitofrontale.
Un altro aspetto importante che emerge dallo studio riguarda la direzione del flusso delle informazioni: nella condizione post stimolazione il flusso ha subito un’inversione rispetto alla condizione pre-stimolazione per la frequenza theta. Nella veglia la direzione del flusso delle informazioni è postero-anteriore, invece sia nel sonno REM che nel sonno NREM la direzione è antero-posteriore. Le due sessioni a livello elettrofisiologico sono diverse tra di loro, i dati EEG indicano che accade sicuramente qualcosa nei soggetti.
L’esperienza soggettiva vissuta da ogni singolo partecipante è stato utilizzato il Phenomenology of Consciousness Inventory (PCI). Questo strumento ha permesso di associare ai dati EEG il vissuto esperienziale dei partecipanti durante la stimolazione: queste persone hanno riportato di sentirsi come in uno stato alterato di coscienza, hanno percepito il tempo in maniera diversa e hanno notato un aumento dell’attenzione rivolta all’interno.

Le sensazioni che emergono sono le stesse che provano coloro che praticano la meditazione, chi pratica determinate tecniche riesce a vivere uno stato alterato di coscienza e riesce anche focalizzarsi maggiormente su ciò che accade all’interno e non all’esterno. L’esperienza vissuta dai partecipanti allo studio si associa perfettamente con quanto registrato dall’EEG.

Ad oggi il tema della coscienza è tanto intrigante quanto complicato, la respirazione potrebbe essere un varco per far luce su questo mondo così difficile da comprendere. Questo lavoro è sorprendente perché permette di andare oltre il ruolo classico a cui siamo abituati della respirazione, inoltre, ci consente di capire quanto la sola respirazione sia in grado di aiutarci nell’arduo compito di comprendere e alzare il livello della coscienza. A ben vedere, anche l’aumento della propria coscienza è uno stato alterato della coscienza ordinaria