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domenica 24 settembre 2023

Nel nostro DNA ci sono tracce di una specie di ominidi completamente sconosciuta

 


Uomini e ominidi condividono porzioni di Dna. Questo significa che hanno convissuto per anni e che la "convivenza" ha portato a un vantaggio evolutivo.

Uno studio comparso sulla rivista scientifica Nature rivela che il nostro corredo genetico è il frutto dell’incrocio tra esseri umani moderni, Neanderthal, Denisova e a questo mosaico genetico si aggiunge una misteriosa quarta stirpe arcaica completamente sconosciuta, che ha lasciato la propria firma nel DNA degli umani moderni. «Potrebbe trattarsi di qualcosa di simile all’Homo Erectus», ha detto Carles Lalueza Fox, ricercatore di paleogenomica.

Una nuova luce sull’evoluzione umana

Svante Pääbo Nobel per la Fisiologia e la Medicina 2022 per le sue scoperte sul genoma degli ominidi, è stato il primo a portare la genetica in un campo come la paleontologia, che fino ad allora si era basata sullo studio di fossili o antichissimi manufatti. Grazie alle nuove tecnologie genetiche, Pääbo è stato fra i pionieri dell’estrazione del Dna dai fossili e della sua analisi. Le ricerche che ha coordinato hanno gettato una nuova luce sull’evoluzione umana, fino a rivoluzionarne completamente lo studio. A lui si deve anche l’analisi del Dna dei Neanderthal, che ha rivelato che l’Homo sapiens si è incrociato con i Neanderthal e che alcuni geni di quei cugini dell’uomo sono ancora presenti nel genoma di quasi tutte le popolazioni contemporanee.

È dalle sue ricerche che si deve la scoperta dei Denisovani, anch’essi incrociati con l’Homo sapiens circa 70mila anni fa: il punto di partenza per ricostruirne la storia è stato un frammento di un osso di un dito di circa 40 mila anni, trovato in una grotta dei Monti Altai, contenente Dna eccezionalmente conservato. Sequenziato, i risultati furono incredibili: la sequenza era unica rispetto a tutte quelle conosciute dei Neanderthal e degli esseri umani di oggi.

Cosa rende l’Homo sapiens, diversi o simili agli altri ominidi?

Siamo una specie curiosa e abbiamo sempre avuto un particolare interesse al problema delle nostre origini. Da dove veniamo e che rapporto abbiamo con le specie che ci hanno preceduto? Cosa rende noi, Homo sapiens, diversi o simili rispetto agli altri ominidi che ci hanno preceduto? Grazie alle sue ricerche pionieristiche, Svante Pääbo ha dato una risposta basata sull’evidenza scientifica a queste domande.” (Giorgio Manzi, paleontologo).

Le ricerche di Pääbo hanno evidenziato tra le altre cose che il corredo genetico di specie di ominidi ancestrali, come ad esempio il Neanderthal e il Denisovan, ha contribuito in piccola ma significativa misura all’attuale corredo genetico della nostra specie. Pääbo ha anche scoperto che il trasferimento di geni da questi ominidi ormai estinti è avvenuto circa 70mila anni fa. Confrontando il Dna dell'ominide con quello degli altri esseri umani contemporanei provenienti da diverse parti del mondo, il gruppo di ricerca ha dimostrato che anche tra Homo sapiens e Denisova si è verificato un flusso di geni e come prova ci sono gli attuali abitanti del sud-est asiatico che condividono sino al 6% del genoma di Denisova. Un fatto che ha contribuito a ridisegnare la storia dell'evoluzione dell'Homo sapiens e dei suoi "incontri" con altri ominidi.

Questo antico flusso di geni nel genoma della nostra specie ha una rilevanza medico-biologica attuale; ad esempio, alcuni di questi geni influenzano il modo in cui il nostro sistema immunitario reagisce alle infezioni, come è stato possibile dimostrare anche nel corso della pandemia da COVID-19“. (Francesco Cucca, genetista).

Se oggi sappiamo che una parte del genoma delle persone di origine europea e asiatica, che va dall'1 al 4%, è esclusivo dell'uomo di Neanderthal, lo dobbiamo proprio al neo-Nobel. Homo sapiens e Neanderthal hanno convissuto in gran parte dell'Eurasia per decine di migliaia di anni. Una coesistenza che ha portato ad un "flusso" di particolari geni tra gli ominidi e l'uomo, inteso come lo conosciamo oggi, importanti nella risposta alle infezioni e nell'adattamento a determinate aree geografiche caratterizzate da condizioni "estreme".

Essere riusciti a comparare i diversi genomi non è stato solo uno straordinario esercizio per comprendere le nostre origini e la nostra storia. Queste interazioni e scambi di geni ci ha portato a "migliorare", in chiave evolutiva, sempre di più le nostre caratteristiche. Un esempio è rappresentato dalla "versione" denisoviana presente in alcune persone di EPAS1, gene che conferisce un vantaggio nella sopravvivenza ad alta quota e che frequentemente si riscontra nella popolazione del Tibet. Non solo, un altro grande vantaggio del "rimescolamento" del Dna tra i sapiens e gli altri ominidi riguarda i geni HLA, fondamentali nel determinare la risposta immunitaria agli agenti patogeni. Per l'Homo sapiens la sopravvivenza nella sua terra di orgine, il continente africano, era determinata da un particolare espressione dei diversi geni HLA. Probabilmente però, questa variabilità, non sarebbe stata sufficiente al di fuori del continente. L'incontro con altri ominidi e l'acquisizione di nuove caratteristiche potrebbe essere stata fondamentale nel successivo "dominio" del "Sapiens" in tutto il resto del pianeta.

Perché c'è soltanto un tipo di Essere Umano sul pianeta, quando ci sono dozzine di altri mammiferi? Che cosa è cambiato nell'evoluzione degli Umani, perché succedesse questo?

Secondo Kryon: “Siete unici, in senso evolutivo, nei confronti di tutto quello che vedete intorno a voi. Per questa ragione voi avete 23 cromosomi invece che 24, come gli altri primati. Biologicamente è una anomalia. Se osservate da un punto di vista chimico, troverete che c’è una connessione mancante. Non vi siete evoluti da nessuna cosa che potevate trovare sul pianeta: è un grande pezzo mancante nell'evoluzione. Questo è un rompicapo scientifico che rivela che qualcosa accadde per cambiare chi eravate. Può sembrare inverosimile, ma la fusione di porzioni del vostro DNA per creare il 23, fu l'elemento Pleiadiano che entrò e vi diede il loro DNA.”

Attorno all’anno 2000 ci furono articoli scientifici nei quali si diceva che gli antropologi avevano scoperto che circa centomila anni fa accadde qualcosa all’umanità. Si sapeva che esistevano almeno da 12 a 16 tipi diversi di esseri umani, come per tutte le varietà di animali e mammiferi sul pianeta. La natura crea le varietà al fine della sopravvivenza. Esistevano, quindi, molti tipi di umani e poi, improvvisamente, non ci furono più e gli antropologi non capivano il perché. Ricercatori scientifici hanno dimostrato che il genere umano possiede quelli che sembrano essere “geni alieni”, che non sono stati passati alla nostra specie, da qualsiasi antenato dell’uomo conosciuto in un lontano passato, proponendo che l’umanità ha acquisito questi geni in un lontano passato. Questa scoperta sfida il paradigma dell’evoluzione animale, sulla base di geni trasmessi solo attraverso le linee ancestrali dirette.”

Nel nuovo studio, gli scienziati sono stati in grado di confermare fino a diciassette geni precedentemente riportati, che si ritiene siano stati acquisiti dal trasferimento genico orizzontale, mentre l’identificazione di ulteriori 128 “Geni Alieni” non sono stati mai visti in precedenza.

Questo nuovo ritrovamento fossile potrebbe costringere i paleontologi a riscrivere la storia dell’evoluzione umana: l’analisi del Dna rinvenuto nel frammento osseo dimostra infatti l’esistenza di un tipo di ominide sconosciuto e che non avrebbe lasciato discendenza diretta.

L’ultimo antenato comune all’«Uomo di Denisova» e all’attuale Homo sapiens risalirebbe ad un milione di anni fa: il nuovo ominide rappresenterebbe dunque il risultato di una migrazione dall’Africa differente e precedente sia a quella degli antenati dell’Uomo di Neanderthal (avvenuta circa mezzo milione di anni fa) che di quella dell’Homo sapiens (circa 50mila anni fa).

Fino ad oggi si riteneva che le uniche due specie di ominidi presenti sul pianeta 40mila anni fa fossero Homo sapiens e l’Uomo di Nenaderthal, con la possibile aggiunta del piccolo Uomo di Flores, scoperto in Indonesia nel 2003 e i cui resti fossili più recenti risalgono a 13mila anni fa.

«Non ne abbiamo la più pallida idea», ha ammesso Chris Stringer, paleoantropologo presso il Museo di Storia Naturale di Londra, il quali ipotizza che la stirpe potrebbe essere correlata all’Homo Heidelbergensis, una specie che ha lasciato l’Africa circa mezzo milioni di anni fa, generando poi i Neanderthal in Europa.

Lalueza Fox ha detto che la questione del mistero del quarto antenato è ormai un ‘dibattito paleontologico’, e che i risultati offerti dal nuovo studio apre la porta ad una più profonda comprensione della diversità individuale degli antichi antenati umani.

La storia dell'umanità è una farsa. Ecco tutta la verità! - Capitolo XIV

Nei sogni, possiamo migrare verso universi paralleli – Capitolo 19


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