La scienza dice che anche un sentimento complesso e molto personale come la felicità possa essere contagiosa. Gli esperti Nicholas Christakis, sociologo all’Università di Harvard, e James Fowler, psicologo dell’Università della California di San Diego affermano che il contagio dipenderebbe dal meccanismo dell’empatia e dei neuroni specchio: quando si osserva una persona manifestare un sentimento, nel cervello si attivano le stesse aree che sono accese in quel momento nel cervello dell’interlocutore.
I due hanno condotto uno studio su oltre 5 mila persone e hanno scoperto, analizzando il grado di soddisfazione della vita dei pazienti sottoposti a vari test, che star bene può essere una questione di gruppo. Mostravano livelli di felicità più alti le persone che condividevano le loro giornate con amici, vicini di casa, partner e parenti di buonumore.
Sentirsi felice o infelice dipende soprattutto dalla nostra percepzione
Secondo le ricerche fatte con gemelli omozigotici, il livello quotidiano di benessere personale di ogni individuo ha origine genetica (fino a certo punto), cioè, l’esistenza di un valore programmato biologicamente è scritto nel cervello, dalla nascita. Gli psicologi, invece, ritengono che noi possiamo intervenire grandemente con la mente per migliorare e elevare quello livello di appagamento personale, a prescindere del livello di soddisfazione che la natura ci ha donato.
In realtà, la felicità quotidiana è, in grande parte, determinata dal modo in cui vediamo e ci confrontiamo con le altre persone e cose. Dobbiamo comprendere che il sentirsi felice o infelice, soddisfatto o insoddisfatto, nelle varie fasi della vita, non dipende solo dalle condizioni assolute che ci circondano ma, soprattutto, dalla forma in cui le percepiamo.
Un grande successo ottenuto, può produrre una temporanea sensazione di euforia, così come una tragedia ci può fare affondare in una forte depressione, ma dopo un breve periodo di tempo, subentra il riadattamento e il livello complessivo dell’umore ritorna al valore di base, cioè, quello determinato dalla natura o quello che abbiamo già migliorato usando la capacità mentale.
Tu puoi persino vincere la lotteria, passerai un bel po’ di tempo in fase di estasi, ma se hai un livello di soddisfazione mentale basso, cadrai di nuovo in uno stato insoddisfacente, anche con tutta quella montagna de soldi in torno a te. E tu ripeterai la stessa frase: “Ho tutto, ho vinto la lotteria, ho comprato un yacht, i miei figli hanno tutto che vogliono, ma… NON SO COME MAI, SONO ANCORA INSODDISFATTO"!
Della stessa forma, una persona che ha una salute precaria ma possiede una prospettiva positiva di affrontare la vita, basterà vedere il sole brillare un’altra mattina nella sua vita, e questo è già un forte motivo di felicità.
Quindi, cosa condiziona la nostra sensazione di soddisfazione e il livello della felicità? Questa sensazione è fortemente influenzata pela nostra tendenza al confronto.
Ipotizziamo che sei in alto mare, con il tuo yacht comprato con i soldi vinti nella lotteria, tutta chic vestita, ed ecco che arriva un semplice motoscafo sei metri, con dentro una biondissima, bellissima, giovane, corpo mozzafiato, irresistibile, insomma. La tua mente, poco stimolata, subito sarà, inesorabilmente, direzionata verso il tuo corpo flaccido, capelli orrendi, le rughe persistenti, doppio mento e via dicendo… anche se tutto ciò sia solo frutto della tua insicurezza.
E’ in questo momento che la mente stimolata, lancia l’antidoto: “Non essere cretina, non vedi che barchetta ha quella lì? Guarda il lusso del tuo yacht!” Quindi, essere soddisfatto con la vita, dipende in gran parte, dalle persone con cui ci confrontiamo. Più abbiamo, più (confrontandoci) desideriamo, e meno felici siamo.
Il confronto tende a generare l’invidia, frustrazione, infelicità. Però, possiamo usare lo stesso metodo a nostro favore. Quando ci confrontiamo con il “motivo” della nostra infelicità, è necessario guardare sempre chi possiede meno di noi. Questo fa con che se alzi il livello del nostro appagamento nel confronto con la vita, inducendoci a godere con più pienezza, tutto quello che abbiamo già.
E’ tautologico dire che la ricchezza da sola non può dare felicità. Una delle più rappresentative raffigurazione della non-felicità è rappresentata dall’avaro. Ma perché l'avaro non è felice? Perché, anche senza accorgersene, trasforma il mezzo (soldi) in fine, e fa dell'accumulazione del denaro lo scopo principale della sua vita; una vita che poi non germoglia, e si conclude con se stessa.
“I soldi sono come il letame: se li spargiamo in giro fanno bene, ma se ne facciamo un mucchio in un posto solo, puzzano”. (Francis Bacon)
"La maledizione dell'umanità è sentirsi costretti a guardare sempre l'erba del vicino. Siamo consumati dal relativismo". Andrew Oswald.
La felicità è contagiosa
Ma c’è un altro modo per “contrarre” la felicità: attaccarsi a qualcuno che è già mentalmente felice. Si, si, la felicità è contagiosa. Vi è mai capitato di sentirvi contenti e quasi felice solo stando accanto a una persona felice e allegra? Ebbene, sappiate che non è' solo un'impressione, ma una reazione psicologica e fisiologica basata in solide basi scientifiche.
Uno studio recentemente pubblicato sulla rivista “British Medical Journal” ha dimostrato con una relazione matematica, che la felicità è contagiosa e, proprio come un virus, è tanto più probabile essere felici quanto più si sta vicini a persone gioiose e serene.
Meno metri ci separano da un nostro amico felice tanto più sarà probabile che ci sentiremo felici anche noi. Gli autori di questa teoria sono due scienziati anglosassoni, Nicholas Christakis della Medical School di Harvard e James Fowler, sociologo dell’Università della California (San Diego). Dagli studi risulta che la probabilità d'essere felici aumenta del 42% se si vive a meno di un chilometro di distanza da un amico felice e del 22% se si vive a meno di tre chilometri di lontananza.
Come noi creiamo la nostra realtà - Capitolo X
Perché è difficile soddisfare desideri più complessi? Capitolo 13
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