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giovedì 25 settembre 2008

Intelligenza Artificiale - Saremmo tutti uomini-macchina?



Arrivano le generazioni cyborg - Dopo il 2030, dobbiamo confrontarci con entità completamente non biologiche dotate della stessa complessità degli esseri umani.

Secondo Ray Kurzweil – scienziato informatico – entro il 2029 i computer raggiungeranno il livello dell’intelligenza umana. Una volta che le macchine avranno conseguito quel traguardo, non c’è dubbio che lo supereranno, perché riusciranno combinare l’ingegnosità e la flessibilità dell’intelligenza umana con le caratteristiche per cui i computer sono intrinsecamente superiori: la condivisione di informazioni, la velocità delle operazioni, il fato di lavorare sempre al massimo delle prestazioni e di gestire con precisione miliardi e miliardi di dati. Potranno impadronirsi sostanzialmente di tutta la conoscenza della civiltà uomo-macchina. Non ci sarà più una distinzione netta tra uomo e macchina. Afferma Kurzweil.
Ma… tranquilli, dicono che non ci sarà nessuna competizione tra gli strani marchingegni e noi, perché ci mescoleremo e ci uniremo.
Secondo Kuszweil, avrà un’interazione tra una computerizzazione diffusa e i nostri cervelli biologici, quindi, quando parleremo con una persona del 2035, possiamo star di fronte a un vero e proprio ibrido d’intelligenza biologica e non biologica.
Gli impianti neurali aumenteranno la capacità della mente umana, trasformando le persone in veri cyborg.
Accresceranno la nostra intelligenza e saremmo in grado di pensare più velocemente e più profondamente, di sviluppare capacità superiori in ogni campo della conoscenza, dalla musica alla scienza.
Grazie alla nanotecnologia, l’intelligenza non biologica crescerà in maniera esponenziale – una volta impiantata nei nostri cervelli – al contrario di quello che succede con l’intelligenza biologica che procede con un ritmo talmente lento da essere effettivamente pari a zero, anche se l’evoluzione è sempre in atto. Abbiamo, ora, un totale di 10 elevato a 26 operazioni al secondo, nei cervelli biologici dei 6 miliardi di esseri umani del pianeta. Tra 50 anni, questa cifra sarà sempre la stessa. L’intelligenza non biologica oggi è lontana milioni di volte da questo valore.

La nanotecnologia servirà anche per salvare le vite umane.
Infatti, esistono già alcune persone in cui i neuroni biologici del loro cervello sono connessi ai computer e in tale sistema, l’elettronica funziona a fianco del circuito elettrico biologico. Questi innesti servono per migliorare certe condizioni patologiche e alleviare alcune disabilità come nel caso dei non udenti e i malati di Parkinson.
I dispositivi di ultima generazione danno, pure, la possibilità di scaricare software per aggiornare il sistema.
In poco tempo si potrà fare uso dei nanorobot – grandi quanto le cellule ematiche – in grado di entrare nei capillari e nel cervello, in modo non invasivo, per un’ampia gamma di scopi diagnostici e terapeutici.
Nei casi di epatite e diabete, per esempio, un dispositivo – in forma di capsula, con pori del diametro di 7 nanometri - rilascia l’insulina e blocca gli anticorpi. E’ già stata sperimentata nei ratti per la cura di diabete del tipo 1 con ottimi risultati e, dato che il meccanismo del diabete tipo 1 è uguale sia nei ratti sia negli esseri umani, è evidente pensare che l’apparecchio funzionerà anche negli umani.

Così, si aprono molti altri scenari con sapore di surreale.
Si sa già che in tempo breve, potremo avere, per esempio, una realtà virtuale su scala totale, nella quale i nanorobot saranno in grado di interrompere i segnali provenienti dai nostri sensi e sostituire con altri. (Così, andare in bagno, per molti non sarà più un problema: basta chiedere al nostro nanorobot di sostituire l’odore sgradevole per quello di lavanda o fiori del bosco – così per dire!)
Quindi, il cervello verrebbe davvero a trovarsi in un ambiente virtuale con le condizioni tanto convincenti quanto quelle dell’ambiente reale.
Così, dopo il 2030 scatenerà un grande dibattito filosofico attorno alla questione se si tratti di simulazioni molto convincenti di entità coscienti, o se siano coscienti davvero o ancora, se ci siano differenze tra le due cose. Ci saremmo per vedere? Chi vivrà vedrà!