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domenica 4 maggio 2008

Cina contro Tibet? No. Cina contro tutti!

La Cina raffigura il mostro che si sveglia. Qualcosa bisogna fare per fermarla. Tibetani e cinesi si stanno dando la caccia tra di loro convinti che questa sia la grande occasione per focalizzare l’attenzione mondiale sul loro paese. Si fanno del male a vicenda, ignari di che l’intera faccenda è stata orchestrata a tavolino dalle teste d’uovo dell’imperialismo. Dal 59, dopo la fallita rivolta contro l’occupazione cinese che portò all’esilio il Dalai Lama, l’anniversario della rivoluzione è sempre stata pacifica, in gruppi di monaci e monache. Quest’anno, guarda caso, l’anno dell’olimpiade in Cina, hanno deciso di cambiare musica. Sul quotidiano Global Times di Shanghai si legge: “E’ stato un complotto architettato nei minimi dettagli dalla cricca del Dalai Lama”. Da dove è partita il seme della discordia? La risposta arriva da Londra: “Siamo stati inspirati dai nostri fratelli birmani” – che nel 2007 hanno guidato le proteste contro la dittatura dei generali di Myanmar. E’ evidente che gli scomposti clamori di questi mesi, a favore della “causa del popolo tibetano”, sono fortemente strumentalizzati, così come lo sono quelle dell’anno scorso a sostegno dei monaci della Birmania. Le grandi centrali della manipolazione mondializzata stanno compiendo il lavoro sporco necessario alla totale mistificazione degli eventi in corso, concretando così, la rimozione della vera motivazione per i fatti correnti. L’obiettivo è sempre lo stesso: agitare i temi dell’indipendenza del Tibet allo scopo di provocare schiamazzo e mantenere alta la pressione sulla Cina, il mostro insonnolito che sta per ridestarsi. La cosa funziona così: I poteri occidentali, ovverosia, i manipolatori globali, ha progettato di imporre ubbidienza a colui che rappresenta la minaccia numero uno della competizione globale, in potente ascesa politica, finanziaria e militare. Comincia il processo che mira a lavorarsi l’opinione pubblica per spingerla contro i gruppi in discussione - in questo caso, tibetani/cinesi. L’idea è quella di aizzare la pubblica opinione contro quei gruppi, tramite la propaganda ed eventi di violenza architettati ad hoc. Se scoppiano conflitti e ogni genere di violenza, morti comprese. Agenti provocatori, legati ai Servizi segreti di vari paesi occidentali interessati nella vicenda, se mescolano con il popolo ed entrano in scena per agitare molto bene le acque, tutto sotto i riflettori che, puntualmente, registrano ogni brutalità - stratagemma, per’altro, usato normalmente dai servizi segreti di tutto il mondo. La gente con mentalità di capra assorbe quelli messaggi, schierandosi contro uno o l’altro gruppo, ignorando la “mano nascosta” – la vera responsabile di tutta vicenda - e la cosa è fatta. Le grandi potenze occidentali tremano per i tentacoli del grande polipo che fa il tetto del mondo. L’occidente non perdona l’autorevole profilo assunto nel vortice della competizione internazionale. Quando non possono colpire direttamente i loro concorrenti, chi sa, a base di “embarghi democratici” o di “bombe intelligenti”, utilizzano tutti i pungoli possibili per spodestare quei che non accettano supinamente di abbassare la guardia. Infatti, i cinesi, nonostante le tante contraddizioni, hanno sempre fatto resistenza alla penetrazione del capitalismo selvaggio internazionale e verso ogni tentativo di assoggettamento occidentale. I mass media possono dire quello che vogliono. Quello che non possono è pretendere che le menti più evolute accettino di accodarci acriticamente alla “santa alleanza” contro Pechino. “Questa è la vera posta in gioco di questo ulteriore passaggio della”crisi tibetana”. Tutte le altre interpretazioni sono cortine fumogene per non affrontare i reali termini della questione”.