La
Via Lattea è formata da 300 miliardi di stelle. Di quelle che noi
osserviamo in cielo, alcune sono già morte.
Come
tutte le stelle, anche il Sole è destinato a spegnersi quando
terminerà il suo ciclo evolutivo, tra circa 5 miliardi di anni - è
questa l’aspettativa di vita del Sole, stimata dagli astrofisici in
base alle conoscenze sul ciclo di vita delle stelle della stessa
classe.
Il
carburante delle stelle è l’idrogeno
e bruciano grazie alla reazione di fusione nucleare che partendo
dall’idrogeno produce elio. Il tempo necessario per stelle di massa
pari a quella del Sole, circa 333 mila volte la massa della Terra,
per uscire dalla sequenza principale è circa 10 miliardi di anni.
Poiché il Sole si è formato circa 5 miliardi di anni fa, continuerà
a esistere ancora per un tempo almeno altrettanto lungo.
Quando
una stella esce dalla sequenza principale, nel suo nucleo, ormai
privo di idrogeno, cominciano ad avvenire nuove reazioni di fusione
che usano l’elio come combustibile. Questa fase ha inizio con il
cosiddetto brillamento dell’elio durante il quale si ha una perdita
di circa il 30 per cento della massa. La stella comincia poi ad
aumentare notevolmente di dimensioni trasformandosi progressivamente
in una “gigante rossa”: poco densa ma più grande di tutto il
sistema solare. Quando anche l’elio sarà esaurito, il Sole
terminerà la sua esistenza contraendosi e raffreddandosi fino a
diventare una “nana bianca”: cioè una stella molto densa e poco
luminosa, dalle dimensioni inferiori a quelle della Terra.
Ma
è la minuscola concentrazione di elementi più pesanti, che gli
astronomi chiamano metalli, a controllare il suo destino. “Anche
una piccolissima frazione di metalli è sufficiente a modificare il
comportamento di una stella”, ha spiegato Sunny
Vagnozzi,
fisico dell’Università di Stoccolma, in Svezia, che studia la
“metallicità” del Sole.
Quanto
più è metallica una stella, tanto più è opaca (poiché i metalli
assorbono le radiazioni). E a sua volta l’opacità è collegata a
dimensioni, temperatura, luminosità, durata del ciclo vitale di una
stella e ad altre proprietà cruciali. “La metallicità, in
sostanza, dice anche come morirà”, afferma
Vagnozzi.
Cosa
accadrebbe se il Sole si spegnesse
L’oscurità
sulla Terra non arriverebbe all’improvviso. La luce solare richiede
8 minuti e 20 secondi per trasferirsi dal Sole al nostro pianeta.
Dopo questo lasso di tempo, l’intero pianeta affonderebbe in una
notte senza Luna. Inoltre, perderemmo di vista il nostro satellite
perché la sua luce proviene anche dal Sole.
Si
scatenerebbe una mega-tempesta globale: un vento di 2 mila km orari
spazzerebbe l’Equatore, per ridursi a mille km orari alle nostre
latitudini e via via a zero solo ai Poli. Cesserebbero le maree e la
Luna smetterebbe di allontanarsi dalla Terra, come fa da miliardi di
anni, e invece comincerebbe ad avvicinarsi a noi.
La
gravità si muove anche ad una velocità equivalente a quella della
luce. Senza l’attrazione solare, la Terra lascerebbe la sua orbita
e comincerebbe a muoversi in linea retta ad una velocità di circa
110.000 km/h. Ci vorrebbero migliaia di anni per raggiungere la
stella più vicina, ma potrebbe collidere con un altro oggetto,
essere attratto dalla gravità di un’altra stella o anche da un
buco nero lungo il tragitto.
La
luce riflessa dai pianeti come Giove scomparirebbe entro mezz’ora
e un’ora. Il blackout sarebbe progressivo.
In
una settimana la temperatura media del pianeta oscillerebbe intorno
ai 15-16 gradi. Il raffreddamento per la perdita del Sole non sarebbe
immediato, ma molto intenso. In una settimana raggiungerebbe una
temperatura di circa zero gradi.
Senza
fotosintesi, le piante morirebbero in pochi giorni o in poche
settimane. La produzione di ossigeno si interromperebbe, ma non ci
interesserebbe immediatamente perché la riserva di ossigeno
nell’atmosfera è troppo massiccia. Le uniche zone abitabili
sarebbero quelle con un’intensa attività geotermica (come
Yellowstone) o attività vulcanica.
Tre
anni sarebbe il termine massimo in cui l’intera superficie
dell’oceano congelerebbe. Fortunatamente, il ghiaccio è un ottimo
isolante, quindi l’acqua sotto questo mantello di ghiaccio potrebbe
essere mantenuta liquida e a temperature più accessibili per circa 4
miliardi di anni.
Da
10 a 20 anni il freddo in superficie sarebbe così estremo (circa
-240 gradi Celsius) che i gas atmosferici inizierebbero a condensarsi
e cadere sulla superficie, prima come una rugiada e poi come neve.
L’atmosfera
crollerebbe completamente e coprirebbe il pianeta con ossigeno,
idrogeno e altri gas solidificati. La vita
sulla terra continuerebbe perché gli organismi estremofili
dell’oceano profondo non hanno bisogno di luce per sopravvivere e
costituirebbero del cibo per piccoli pesci e molluschi.
Ma
per fortuna, non c’è nessuna
possibilità che ciò accada, almeno finché avremo memoria.
Una comunicazione quantistica attraverso il vento solare! - Capitolo
XVIII
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