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giovedì 7 novembre 2019

Lil Miquela - L’influencer da 1,5 milioni di follower ma senza anima!




La storia ci insegna che ci sono rivoluzioni che sconvolgono il mondo e il ruolo dell’uomo sul pianeta, rivoluzioni che cambiano i paesaggi e modificano usi e costumi degli abitanti della Terra. La celebre ‘rivoluzione industriale’ partita dall’Inghilterra sul finire del XVIII secolo, fu il primo vero e proprio scossone dell’era moderna. Fu un cambiamento radicale che trasformò completamente il mondo intero.

L’industria 4.0 travolgerà il mondo: Machine Learning, Big Data, Intelligenza Artificiale, Internet delle cose, Robot, Digitale, una rivoluzione epocale per cui, probabilmente, non abbiamo un buon libretto d’istruzioni.

Diversi studi hanno confermato che addirittura metà dei lavoratori mondiali, svolgono attività soggette a possibili introduzioni di automazioni e, d’accordo il dato ufficiale, il 47% degli occupati saranno ‘sostituibili’.
Un aspetto fondamentale per fronteggiare questa serie di enormi cambiamenti è, senza dubbi, la necessità di riprogrammare la società per essere preparata a ciò che accadrà e aumentare la nostra prontezza di riflessi di fronte a queste grandi scosse, partendo dall’istruzione, dall’educazione, dalla programmazione

Tempi difficili per le influencer
Lil Miquela è apparentemente una influencer che conta oltre 1,5 milioni di follower al suo profilo Instagram ufficiale, dove si vedono le classiche foto e i soliti product placement presenti sul social network di proprietà di Facebook.

Miquela ha anche pubblicato delle canzoni come "Not Mine", Money”, “You Sould Be Alone”, che su YouTube conta oltre 800.000 visualizzazioni ed è arrivata nella top 10 nella classifica dei singoli virali di Spotify.


Lei piace alle ragazze che si ispirano ai suoi look e ascoltano le sue canzoni che amano.
Miquela è così tanto finta da sembrare quasi vera. Seu vero nome è Miquela Sousa, meglio nota online come @lilmiquela, vive a Los Angeles, ha molti amici nel mondo della musica, ama l'arte contemporanea, la moda e i viaggi, difende i diritti dei Sioux contro l'oleodotto in North Dakota. Ha una passione per gli smalti colorati, per le battute ciniche e per George Michael.

Miquela rappresenta brand come Diesel e Moncler ed è stata protagonista anche della Milano Fashion Week 2018 dove ha promosso Prada.
Pubblica costantemente foto di se stessa vestita con abiti di Chanel, Supreme, Proenza Schouler, Vans e molti altri marchi. I suoi post, simili a quelli di moltissime altre modelle sui social, raccolgono decine di migliaia di like,

La spallina del top poggia sulle scapole come se fossero vere, le dita dallo smalto griffato sono reali. I suoi autoscatti sembrano quelli di una ragazza normale con raffinati e dettagliati ritocchi in computer grafica. D'altronde la sua vita è quella, una it girl dell'era social, tutto - dalle frasi che accompagnano le immagini alle foto ricordo dei famosi scomparsi - parla la lingua del contemporaneo.

Ma chi è Lil Miquela?
C'erano diverse teorie su da dove proveniva - alcune scommettevano che fosse una "trovata di marketing del The Sims" (una serie di videogiochi di simulazione della vita reale), mentre altri credevano che fosse un "terribile esperimento sociale".
Finché il mistero è stato rivelato: Lil Miquela era una Internet Girl creata digitalmente. E a quanto pare questo fatto non importa per i suoi migliaia di follower.

Mas como Miquela è stata creata?
Lil Miquela, è un progetto creato a tavolino e realizzato interamente in computer grafica. Non esiste alcuna ragazza o robot, viene prima scattata la foto di sfondo e poi aggiunta l'influencer.
Il team dietro al progetto ha ricreato quella che ritiene essere la perfetta "Internet Girl", che sostiene tutte le campagne legate alla difesa delle donne e simili e scatta foto che possono interessare alle persone che navigano su Instagram. I risultati parlano chiaro: Miquela è riuscita ad ottenere una partnership con la nota ditta Ugg, finendo sui cartelloni pubblicitari da Londra al Giappone.

Ciò che si ipotizza è che l'influencer digitale sia stato creata dal team di una misteriosa startup di Los Angeles di nome Brud, che si definisce "un gruppo di risolutori di problemi nella robotica, nell'intelligenza artificiale e nel suo utilizzo per le aziende dei media".

Nel 2018, il reporter della BBC Damian Fowler ha richiesto un'intervista a Miquela, che ha accettato rispondendo: "Penso che sia fantastico!"

Secondo Fowler, l'intervista è stata condotta via e-mail con l'agente pubblicitario e l’agente di Miquela - e uno di loro ha lavorato presso Brud.

Fowler le fece delle domande strategiche per far sì che lei potesse ammettere il suo status "virtuale".

"Come hai creato la tua identità?" Chiese.
"Probabilmente, proprio come te. Sto imparando, modellandomi in base all'ambiente e a ciò che mi circonda. Sono innamorato della musica e dell'arte, imparo tanto su Los Angeles ogni giorno", ha risposto Miquela.

La seconda domanda era:
"Cosa ne pensi delle celebrità virtuali?"
"Penso che la maggior parte delle celebrità della cultura pop siano virtuali. È scoraggiante vedere come la disinformazione e meme deformano la nostra democrazia, ma penso che dimostri il potere del virtuale", ha detto.
Secondo Fowler, "Miquela, o chiunque stesse parlando, non avrebbe rivelato nulla, ma questo attento evitamento non sembra importare ai suoi seguaci".
In effetti, Miquela è solo un esempio della crescente industria di celebrità virtuali che sembra rappresentare sempre più il futuro della pubblicità, della moda e del commercio.

Anche se l’intelligenza artificiale ha dei margini di azione sconfinati, la creatività e l’emozione umana, non potranno mai essere coniate né riprodotte, per cui saranno queste le leve fondamentali della crescita. Dunque, ciò che gli inglesi hanno definito ‘re-skilling’ dovrà essere il presupposto necessario per prepararci alla rivoluzione dell’intelligenza artificiale.

Fonte:
Wall Street Journal
https://www.business.it/robot

venerdì 24 maggio 2019

Un computer quantistico è riuscito a vedere 16 futuri differenti




A differenza dei computer classici, che memorizzano le informazioni come bit (cifre di 0 o 1), i computer quantici codificano le informazioni in bit quantici o qubit. Queste particelle subatomiche, grazie alle leggi della meccanica quantistica, possono esistere in due stati diversi - 0 e 1 - allo stesso tempo.
Memorizzare più esiti diversi in un singolo qubit potrebbe far risparmiare una tonnellata di memoria rispetto ai computer tradizionali, specialmente quando si tratta di fare previsioni complicate.

In uno studio pubblicato il 9 Aprile sulla rivista Nature Communications, Mile Gu, un assistente professore di fisica alla Nanyang Technological University di Singapore, insieme ai suoi colleghi, usando un nuovo simulatore quantistico ha dimostrato di essere in grado di prevedere i risultati di 16 diversi futuri.

Questi possibili futuri sono stati codificati in un singolo fotone (una particella di luce quantistica) che si spostava su più percorsi contemporaneamente mentre passava attraverso diversi sensori. Poi, i ricercatori hanno sparato due fotoni, e hanno monitorato il modo in cui i potenziali futuri di ciascun fotone sono stati divergenti in condizioni leggermente diverse.

È possibile generare contemporaneamente tutti i futuri possibili e osservarli tutti, per scegliere quello migliore?

Nella realtà macroscopica, quella che conosciamo e che è dominata dalle leggi della fisica classica, sicuramente no. Ma gli scienziati, oggi, hanno provato a farlo nel mondo invisibile dell’infinitamente piccolo attraverso il computer quantistico. Un gruppo coordinato dall’università di Griffith ha sviluppato un prototipo di dispositivo quantistico che è in grado di generare contemporaneamente tutti gli scenari futuri possibili – in questo caso non si tratta di situazioni reali ma di stati quantistici.

Non si tratta di prevedere il futuro ma di produrre simultaneamente, attraverso un complesso algoritmo quantistico, tutti i potenziali esiti di una determinata operazione, per poter scegliere al meglio.

In ogni istante moltissime possibilità
Ogni scelta che ci si presenta può portare a diversi esiti: ad esempio nel film Sliding doors si vedono scorrere due futuri molto diversi. Moltiplicate il tutto per il numero di scelte che si presentano in ogni istante e avrete un’idea di quanti possibili futuri esistono ogni giorno.

“Quando pensiamo al futuro” - sottolinea Mile Gu, che ha sviluppato l’algoritmo quantistico alla base del prototipo - “ci confrontiamo con una vasta gamma di possibilità. Queste possibilità crescono esponenzialmente in ogni istante, mano a mano che si va nel futuro.
Anche se avessimo soltanto due diverse strade da scegliere ogni minuto, in meno di mezz’ora si sarebbero creati 14 milioni di possibili futuri”. Insomma, si tratterebbe di un mare di futuri che non conosciamo.

Una sovrapposizione quantistica
Gli autori hanno realizzato un dispositivo che potesse riprodurre una sovrapposizione quantistica. Per farlo hanno sviluppato un particolare processore quantistico, in cui i possibili esiti (dunque i futuri) di un determinato processo decisionale sono rappresentati dalla posizione dei fotoni, i quanti di luce.
Studiando questa sovrapposizione di stati fisici, puramente teorici, gli autori, partendo da considerazioni matematiche, hanno sviluppato l’algoritmo capace di esaminare tutti questi futuri.

È quanto avviene nel caso ampiamente studiato del gatto di Schrödinger, che si trova in una scatola e che è contemporaneamente vivo e morto: lo stato di vita e quello di morte rappresentano una somma matematica e sono entrambi possibili con la stessa probabilità. E soltanto quando si verifica un intervento dall’esterno, cioè un osservatore apre la scatola – in altre parole si compie una scelta – si determina con certezza se il gatto è vivo oppure morto. Questo è quanto hanno realizzato i ricercatori, ma non solo con due futuri possibili, ma con tanti futuri.

"Immagina che ci sia una scatola, e al suo interno c'è una moneta", ha spiegato Gu. "Ad ogni fase del processo, qualcuno scuote un la scatola e la moneta ha una piccola probabilità di essere lanciata."
A differenza di un lancio di monete tradizionale, in cui il risultato ha sempre le stesse possibilità di essere testa o croce, il risultato di ogni lancio di moneta perturbato dipende dallo stato in cui si trovava la moneta durante il passaggio precedente.

Tanti futuri possibili
Gli scienziati hanno dimostrato che il dispositivo riproduce i vari futuri possibili, ognuno con la sua probabilità di accadere. In altre parole, realizza una sovrapposizione quantistica di multipli futuri potenziali. E ciascun futuro è associato a un certo peso, ovvero a una probabilità che possa verificarsi. Attualmente il prototipo riesce a simulare al massimo 16 futuri possibili, mentre in linea teorica l’algoritmo sottostante ne può generare numerosissimi. E il risultato va verso lo sviluppo di computer quantistici ancora più potenti.

Per determinare il funzionamento del dispositivo gli autori si sono basati sulle teorie del premio Nobel per la fisica Richard Feynman. L’idea è questa: quando una particella viaggia da un punto A ad un punto B, non segue necessariamente un singolo percorso. “Al contrario, percorre simultaneamente tutte le strade possibili che la collegano al punto di arrivo”, spiega la coautrice Jayne Thompson della Nanyang Technological University a Singapore. “Il nostro lavoro studia in maniera estesa questo fenomeno e lo manipola in modo da realizzare un modello statistico di questi futuri possibili”.

L’intelligenza artificiale
“Il nostro approccio consiste nel mettere insieme una sovrapposizione quantistica di tutti i possibili futuri per ciascun processo decisionale”, aggiunge Farzad Ghafari, ricercatore dell’Università di Griffith, che ha coordinato lo studio. “Facendo interferire queste sovrapposizioni l’una con l’altra, riusciamo ad evitare di osservare singolarmente ciascun futuro possibile, uno alla volta”.

L’autore spiega che molti algoritmi di intelligenza artificiale, sviluppati oggi, riescono a osservare che piccoli cambiamenti nel loro comportamento possono portare a esiti futuri molto differenti. “Per questo, le nostre tecniche – chiarisce Ghafari – possono permettere a questi sistemi quantistici di intelligenza artificiale di imparare in maniera più efficiente l’effetto delle loro azioni”. In altre parole, in futuro questi sistemi potrebbero essere in grado di studiare le conseguenze delle loro azioni e regolarsi in base a questa conoscenza: un obiettivo da sempre agognato da noi esseri umani, ma per noi impossibile da raggiungere.

Un giorno, man mano che i computer quantici diventano più grandi, più potenti e più comuni, ha dichiarato Gu, simulatori come questo potrebbero essere espansi per vedere infiniti futuri in una sola volta.


https://www.wired.it/scienza/lab/
https://tech.everyeye.it/notizie/

giovedì 29 settembre 2016

Intelligenza Artificiale - Riuscirà a superare quella umana?

 

Saremmo tutti uomini-macchina?


L’evoluzione delle tecnologie ci spinge a riflettere ponderatamente sul cervello umano e sull’intelligenza artificiale, per comprendere gli scenari futuri.
Con ben 86 miliardi di neuroni collegati uno all’altro da trilioni di sinapsi, per un totale di centinaia di trilioni di percorsi su cui viaggiano i segnali celebrali, il cervello umano è considerato un super-sistema dinamico di sistemi neuronali, un vero “mostro” – anche a confronto con il super computer più potente del mondo come il cinese Tianhe-2, conosciuto come Milky Way 2, da 3.120.000 cores e 33,86 petaflop/s o il benchmark Linpack.

Per la terza volta, l'Intelligenza Artificiale supera il test di Turing, quello che determina se il comportamento di una macchina intelligente è indistinguibile da quello umano. Dopo il computer 'pensante' sviluppato a San Pietroburgo, capace di comportarsi come un ragazzino di 13 anni, un'intelligenza artificiale aveva superato 'l'esame scritto' con la produzione di un testo che avrebbe potuto essere prodotto da un umano, e ora un'altra ha superato l'esame orale, rendendo 'sonoro' un video muto.

Secondo l’esperimento, coordinato da Andrew Owens del Mit (Massachusetts Institute of Technology), algoritmi simili in futuro potrebbero produrre automaticamente effetti sonori per film e spettacoli, e potrebbero aiutare i robot a comprendere meglio le proprietà degli oggetti per interagire meglio con l'ambiente.
"Quando si mette il dito in un bicchiere di vino, il suono che fa, riflette la quantità di liquido che è nel bicchiere, Un algoritmo che modella tali suoni, può rivelare informazioni chiave sulle forme degli oggetti e i materiali di cui sono fatti", afferma Andrew Owens.
 Il rischio, secondo molti, è quello di ritrovarsi orde di “Frankenstein” in grado di dominare il mondo e la razza umana, con la forza, con l’astuzia e con la capacità di ragionare, di calcolare e di prevedere le nostre mosse. Sarebbe possibile?

Arrivano le generazioni cyborg - Dopo il 2030, dobbiamo confrontarci con entità completamente non biologiche dotate della stessa complessità degli esseri umani.

Secondo Ray Kurzweil – scienziato informatico – entro il 2029 i computer raggiungeranno il livello dell’intelligenza umana. Una volta che le macchine avranno conseguito quel traguardo, non c’è dubbio che lo supereranno, perché riusciranno combinare l’ingegnosità e la flessibilità dell’intelligenza umana con le caratteristiche per cui i computer sono intrinsecamente superiori: la condivisione d’informazioni, la velocità delle operazioni, il fato di lavorare sempre al massimo delle prestazioni e di gestire con precisione miliardi e miliardi di dati. Potranno impadronirsi sostanzialmente di tutta la conoscenza della civiltà uomo-macchina. Non ci sarà più una distinzione netta tra uomo e macchina. Afferma Kurzweil.               
Ma… tranquilli, dicono che non ci sarà nessuna competizione tra gli strani marchingegni e noi, perché ci mescoleremo e ci uniremo a vicenda.
Secondo Kuszweil, avrà un’interazione tra una computerizzazione diffusa e i nostri cervelli biologici, quindi, quando parleremo con una persona del 2035, possiamo star di fronte a un vero e proprio ibrido d’intelligenza biologica e non biologica.
Gli impianti neurali aumenteranno la capacità della mente umana, trasformando le persone in veri cyborg.
Accresceranno la nostra intelligenza e saremmo in grado di pensare più velocemente e più profondamente, di sviluppare capacità superiori in ogni campo della conoscenza, dalla musica alla scienza.
Grazie alla nanotecnologia, l’intelligenza non biologica crescerà in maniera esponenziale – una volta impiantata nei nostri cervelli – al contrario di quello che succede con l’intelligenza biologica che procede con un ritmo talmente lento da essere effettivamente pari a zero, anche se l’evoluzione è sempre in atto.
Abbiamo, ora, un totale di 10 elevato a 26 operazioni al secondo, nei cervelli biologici dei 6 miliardi di esseri umani del pianeta. Tra 50 anni, questa cifra sarà sempre la stessa. L’intelligenza non biologica oggi è lontana milioni di volte da questo valore.
La nanotecnologia servirà anche per salvare le vite umane.
Infatti, esistono già alcune persone in cui i neuroni biologici del loro cervello sono connessi ai computer e in tale sistema, l’elettronica funziona a fianco del circuito elettrico biologico. Questi innesti servono per migliorare certe condizioni patologiche e alleviare alcune disabilità come nel caso dei non udenti e i malati di Parkinson. I dispositivi di ultima generazione danno, pure, la possibilità di scaricare software per aggiornare il sistema.
In poco tempo si potrà fare uso dei nanorobot – grandi quanto le cellule ematiche – in grado di entrare nei capillari e nel cervello, in modo non invasivo, per un’ampia gamma di scopi diagnostici e terapeutici.
Nei casi di epatite e diabete, per esempio, un dispositivo – in forma di capsula, con pori del diametro di 7 nanometri - rilascia l’insulina e blocca gli anticorpi. E’ già stata sperimentata nei ratti per la cura di diabete del tipo 1 con ottimi risultati e, dato che il meccanismo del diabete tipo 1 è uguale sia nei ratti sia negli esseri umani, è evidente pensare che l’apparecchio funzionerà anche negli umani.

Così, si aprono molti altri scenari con sapore di surreale.
Si sa già che in tempo breve, potremo avere, per esempio, una realtà virtuale su scala totale, nella quale i nanorobot saranno in grado di interrompere i segnali provenienti dai nostri sensi e sostituire con altri. Così, andare in bagno, per molti non sarà più un problema: basta chiedere al nostro nanorobot di sostituire l’odore sgradevole per quello di lavanda o fiori del bosco ed è fatto – così per dire!

Il cervello, quindi, verrebbe davvero a trovarsi in un ambiente virtuale con le condizioni tanto convincenti quanto quelle dell’ambiente reale.

Così, dopo il 2030 scatenerà un grande dibattito filosofico attorno alla questione se si tratti di simulazioni molto convincenti di entità coscienti, o se siano coscienti davvero o ancora, se ci siano differenze tra le due cose. Ci saremmo per vedere? Chi vivrà vedrà!

Fonte: centodieci.it


giovedì 25 settembre 2008

Intelligenza Artificiale - Saremmo tutti uomini-macchina?



Arrivano le generazioni cyborg - Dopo il 2030, dobbiamo confrontarci con entità completamente non biologiche dotate della stessa complessità degli esseri umani.

Secondo Ray Kurzweil – scienziato informatico – entro il 2029 i computer raggiungeranno il livello dell’intelligenza umana. Una volta che le macchine avranno conseguito quel traguardo, non c’è dubbio che lo supereranno, perché riusciranno combinare l’ingegnosità e la flessibilità dell’intelligenza umana con le caratteristiche per cui i computer sono intrinsecamente superiori: la condivisione di informazioni, la velocità delle operazioni, il fato di lavorare sempre al massimo delle prestazioni e di gestire con precisione miliardi e miliardi di dati. Potranno impadronirsi sostanzialmente di tutta la conoscenza della civiltà uomo-macchina. Non ci sarà più una distinzione netta tra uomo e macchina. Afferma Kurzweil.
Ma… tranquilli, dicono che non ci sarà nessuna competizione tra gli strani marchingegni e noi, perché ci mescoleremo e ci uniremo.
Secondo Kuszweil, avrà un’interazione tra una computerizzazione diffusa e i nostri cervelli biologici, quindi, quando parleremo con una persona del 2035, possiamo star di fronte a un vero e proprio ibrido d’intelligenza biologica e non biologica.
Gli impianti neurali aumenteranno la capacità della mente umana, trasformando le persone in veri cyborg.
Accresceranno la nostra intelligenza e saremmo in grado di pensare più velocemente e più profondamente, di sviluppare capacità superiori in ogni campo della conoscenza, dalla musica alla scienza.
Grazie alla nanotecnologia, l’intelligenza non biologica crescerà in maniera esponenziale – una volta impiantata nei nostri cervelli – al contrario di quello che succede con l’intelligenza biologica che procede con un ritmo talmente lento da essere effettivamente pari a zero, anche se l’evoluzione è sempre in atto. Abbiamo, ora, un totale di 10 elevato a 26 operazioni al secondo, nei cervelli biologici dei 6 miliardi di esseri umani del pianeta. Tra 50 anni, questa cifra sarà sempre la stessa. L’intelligenza non biologica oggi è lontana milioni di volte da questo valore.

La nanotecnologia servirà anche per salvare le vite umane.
Infatti, esistono già alcune persone in cui i neuroni biologici del loro cervello sono connessi ai computer e in tale sistema, l’elettronica funziona a fianco del circuito elettrico biologico. Questi innesti servono per migliorare certe condizioni patologiche e alleviare alcune disabilità come nel caso dei non udenti e i malati di Parkinson.
I dispositivi di ultima generazione danno, pure, la possibilità di scaricare software per aggiornare il sistema.
In poco tempo si potrà fare uso dei nanorobot – grandi quanto le cellule ematiche – in grado di entrare nei capillari e nel cervello, in modo non invasivo, per un’ampia gamma di scopi diagnostici e terapeutici.
Nei casi di epatite e diabete, per esempio, un dispositivo – in forma di capsula, con pori del diametro di 7 nanometri - rilascia l’insulina e blocca gli anticorpi. E’ già stata sperimentata nei ratti per la cura di diabete del tipo 1 con ottimi risultati e, dato che il meccanismo del diabete tipo 1 è uguale sia nei ratti sia negli esseri umani, è evidente pensare che l’apparecchio funzionerà anche negli umani.

Così, si aprono molti altri scenari con sapore di surreale.
Si sa già che in tempo breve, potremo avere, per esempio, una realtà virtuale su scala totale, nella quale i nanorobot saranno in grado di interrompere i segnali provenienti dai nostri sensi e sostituire con altri. (Così, andare in bagno, per molti non sarà più un problema: basta chiedere al nostro nanorobot di sostituire l’odore sgradevole per quello di lavanda o fiori del bosco – così per dire!)
Quindi, il cervello verrebbe davvero a trovarsi in un ambiente virtuale con le condizioni tanto convincenti quanto quelle dell’ambiente reale.
Così, dopo il 2030 scatenerà un grande dibattito filosofico attorno alla questione se si tratti di simulazioni molto convincenti di entità coscienti, o se siano coscienti davvero o ancora, se ci siano differenze tra le due cose. Ci saremmo per vedere? Chi vivrà vedrà!